PESCARA Il richiamo della sua Pescara è sempre forte, soprattutto in estate, quando non è difficile incontrare Nicola Occhiocupo nel lido del lungomare Nord dove l'abbraccio con il mare è un appuntamento fisso. Costituzionalista autorevole, quattro volte rettore dell'Università di Parma, due volte preside della Facoltà di Giurisprudenza nell'ateneo emiliano, componente dell'Antitrust dal 2000 al 2007 su nomina dei presidenti di Camera e Senato, il Professore, come lo chiamano un po' tutti da queste parti, parla dell'Abruzzo di ieri e di oggi ma traccia soprattutto una strada: «Non sfugge ormai a nessuno che la cultura, in particolare il sistema formativo affidato alla scuola e all'università, costituisce il valore fondante di sviluppo economico e sociale, di crescita, di coesione affettiva nelle nostre società complesse».
Vale anche per risollevare le sorti dell'Abruzzo?
«Le rispondo con un dato significativo, il rapporto del Forum sulle città smart presentato l'ottobre scorso. I capoluoghi esaminati sono stati 103. In testa alle prime 18 città del Centro-Nord figurano Bologna e Parma. In quella graduatoria Chieti è al 67. posto, L'Aquila al 69., Teramo al 71., Pescara al 74°».
L'Abruzzo torna a collocarsi nel profondo Sud tra le aree maggiormente arretrate».
Le cause dell’ involuzione?
«Negli anni 60 l'Abruzzo fu al centro di una radicale trasformazione. Non a caso la nostra è stata la prima regione emergente del Centro-Sud ad uscire dall'Obiettivo 1, gli aiuti destinati dall'Europa alle aree più depresse. Si trattò di un processo di sviluppo economico e sociale che non ebbe uguali nella storia della regione per quantità, rapidità, qualità».
Poi cosa è accaduto?
«La crisi economica mondiale sta rendendo drammatica la situazione e in più si aggiungono gli effetti del disastroso terremoto del 2009. Come uscirne? La crisi in atto lascia intravedere una grande trasformazione che concerne aspetti di geopolitica e di economia globale di grande complessità. Va individuato un modello di sviluppo della regione facendo tesoro dell'esperienza e della prospettiva internazionale, ad esempio agganciando l'Abruzzo al concetto di Regione metropolitana elaborato da alcuni studiosi e adattandolo ovviamente alle specificità locali».
Come può la politica «concretizzare» questo concetto?
«Le nostre città devono abbandonare le anacronistiche conflittualità che ancora oggi le caratterizzano. Devono essere collegate da una rete di infrastrutture in grado di sviluppare la mobilità di beni e persone. Collegamenti tra i centri urbani, connessioni a livello regionale e interregionale: ecco ciò di cui abbiamo bisogno. Occorre sfruttare la specifica identità della regione partendo dalle sue risorse più autentiche: paesaggistiche, ambientali, storiche. E dotarsi di una idonea strategia per raccogliere e vincere le sfide che la competizione interna e internazionale richiedono in termini pressanti e nuovi".
Partendo dal capitale umano, come si diceva all'inizio.
«Sì, dalle persone in carne e ossa. Oggi più di ieri, direi, nel passaggio che il mondo sta vivendo da una economia tradizionale, di tipo fordista, ad una economia della conoscenza. In questa nuova fase, secondo un autorevole studioso americano, è il capitale umano la forza dominante. E i componenti fondanti del valore sono le idee non le cose. Quindi il capitale intellettuale, che resta il vero valore della storia, essendo la persona umana l'unico soggetto in grado di generare conoscenza».