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Pescara, 16/05/2025
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26/06/2013
Il Messaggero
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Scontro sull’Iva, Pdl in trincea sull’ipotesi rinvio di tre mesi. Brunetta: «Presa in giro, governo a rischio». L’avvertimento di Berlusconi. Letta: voglio sostegno pieno |
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ROMA «Un rinvio di tre mesi per l’Iva? È una presa in giro». Parte dalle prime ore del mattino, dalle onde di Radio anch’io, la bordata del «falco» Renato Brunetta al governo ed esplicitamente al ministro dell’Economia («I governi stanno in piedi se governano. Se Saccomanni insiste a dire tre mesi, noi non ci stiamo e il governo ne prenderà atto»). Alla vigilia del Consiglio dei ministri di oggi che dovrà decidere non solo sul piano per l’occupazione ma anche su come disinnescare l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento che altrimenti scatterà, inesorabilmente, il 1° luglio, i nervi sono a fior di pelle nella maggioranza agitata da molte tensioni dopo la sentenza Ruby. Soprattutto il Pdl negli ultimi giorni ha schierato i suoi generali, dal vicepremier Alfano in giù, per lanciare l’ultimatum ad Enrico Letta. Tuttavia, i 2 miliardi necessari per sospendere lo scatto almeno fino a fine anno, non si possono fabbricare. E così il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta ha proposto, ieri sul Messaggero, una sospensione di tre mesi: il tempo minimo necessario per coordinare i vari dossier aperti (Imu e cuneo fiscale compresi) e cercare una soluzione strutturale con la legge di Stabilità di settembre. Ipotesi a costo inferiore, solo 1 miliardo, rilanciata ieri dal ministro per gli Affari Regionali Graziano Delrio che ha ribadito: «In Consiglio dei ministri al 99,9% ci sarà il rinvio dell’Iva di tre mesi, fino a settembre, e nel frattempo si lavora per ristrutturare tutto il sistema delle aliquote». LE MISURE
In questo clima teso, l’ipotesi più probabile è che si arrivi alla riunione di domattina con un testo aperto che contempli il rinvio di tre mesi e quello di sei mesi, con relativa articolazione delle coperture. Quali? Con prudenza all’Economia si guarda ad un intervento sulle accise: alcolici e sigarette (forse anche quelle elettroniche) ma non sui carburanti. L’Unione petrolifera ha stimato in 2 centesimi aggiuntivi l’impatto sul prezzo della benzina sommando i 75 milioni già caricati sulle accise con il decreto del fare e il potenziale aumento dell’Iva. I tempi per varare una riduzione struttuale della spesa non ci sono e così, anche ieri al Tesoro, si è cercato di raschiare il barile lavorando sulle pieghe del bilancio pubblico e sulla possibilità di spostare poste inutilizzate, definanziando opere infrastrutturali minori che non sono ancora cantierate per destinare le risorse al rinvio dell’Iva. GIÙ I CONSUMI
Se la sospensione dovesse allungarsi a sei mesi si dovrebbe intervenire rimodulando le aliquote ed eventualmente riducendo l’area delle aliquote agevolate al 4% e 10% come, peraltro, si è già fatto con le merendine dei distributori automatici in occasione dell’estensione delle detrazioni sulle ristrutturazioni edilizie e l’efficienza energetica. Così il 22% verrebbe lasciato solo per i generi extra-lusso (ma in questo caso il gettito è modesto). Sempre possibile l’ipotesi di ricorrere a tagli lineari, molto impopolari. Su questa situazione già tesa nuovo allarme è arrivato dai dati Istat sulle vendite al dettaglio che in aprile sono diminuite per il decimo mese consecutivo, con un calo di quasi il 3% rispetto al 2012 ed un crollo per i generi alimentari del 4,5%.Le famiglie per bere e mangirare hanno speso oltre 300 euro in meno rispetto all'anno scorso, calcolano Adusbef e Federconsumatori. Il confronto risente del diverso calendario della Pasqua (quest'anno festeggiata a marzo), ma a soffrire sono tutte le forme di distribuzione dalle grandi catene (-2%) al commercio tradizionale (-4,5%). E il Pdl torna alla carica. Ma Matteo Colaninno (Pd) replica: «Sicuri che non ci sia la maggioranza. Senza governo non c’è Iva, né Imu, né esodati e politiche per l’occupazione».
L’avvertimento di Berlusconi. Letta: voglio sostegno pieno Il Cavaliere preoccupato si sfoga «Può succedere l’imponderabile» La replica del presidente del Consiglio «Basta fibrillazioni o non vado avanti»
ROMA Enrico Letta ha mostrato «comprensione» per il turbamento di Silvio Berlusconi. Durante la cena a palazzo Chigi al Cavaliere che protestava «perché nessuno mi ha difeso, né tu, né Napolitano, io che sono innocente» e che parlava accorato di «carneficina giudiziaria», il premier ha concesso un sorriso di umana solidarietà. Sorriso che è evaporato quando Berlusconi ha scodellato, tra il filetto di spigola e le verdure bollite, una sottile minaccia: «Non si può continuare a far finta di nulla, non posso restare appeso fino in autunno, fino alla sentenza della Cassazione. Se i giudici cercheranno di eliminarmi, accadrà l’imponderabile. Non comando tutto io nel partito...». L’ASSE CON IL COLLE
Ma Letta, raccontano, non è apparso intimorito (in quello che alla fine entrambi hanno definito «un colloquio positivo») forte del sostegno di Giorgio Napolitano che in mattinata aveva invocato «stabilità e continuità di governo», il premier ha fatto un discorso che è suonato più o meno così: “Comprendo il tuo stato d’animo, ma devo continuare a governare e chiedo un sostegno pieno al Pdl, non può accadere che l’esecutivo viva continue fibrillazioni legate alle tue vicende giudiziarie. Guarda cos’è accaduto oggi sui mercati, lo spread è schizzato oltre quota 300. Con queste fibrillazioni si indebolisce la credibilità dell’Italia e si frena l’azione di governo. Se deve continuare così, sono pronto a rinunciare. Ho sempre detto che non resto a palazzo Chigi a ogni costo”. In estrema sintesi: “Va distinto il piano giudiziario da quello politico, questa è una condizione sine qua non per poter andare avanti”. Parole chiare. Parole che certificano la convinzione che Berlusconi non abbia alcun interesse a staccare la spina. Ad aprire la crisi, nonostante i falchi del Pdl già indichino la data di metà luglio. «Il Cavaliere non ha interesse a far cadere il governo», sostiene uno stretto collaboratore del premier, «perché Napolitano non aprirà mai la strada alle elezioni e uscire dalla maggioranza per Berlusconi e le sue aziende comporterebbe solo un danno, sarebbe una perdita secca di potere». In quattro parole: «Il Cavaliere è disarmato». NESSUN SOCCORSO
Va da sé che Letta, nonostante una richiesta esplicita, non ha garantito “soccorso” a Berlusconi sul fronte della giustizia. Nessun “aiutino”, come la leggina per evitargli l’interdizione dai pubblici uffici e la decadenza da senatore. «Enrico è assolutamente indisponibile, piuttosto si dimette. Tanto più che una leggina di quel tipo non passerebbe mai», dice un deputato molto vicino al premier. Letta, che poi con i suoi si è definito soddisfatto dell’incontro, ha invece concesso al Cavaliere la possibilità di piantare alcune bandierine. Oggi in Consiglio dei ministri darà il via libera al rinvio dell’Iva, forse di sei mesi: il testo questa mattina entra aperto proprio per permettere l’aggiustamento che farebbe cantare vittoria al Pdl. In più battezzerà il piano per il lavoro giovanile. Un’altra di quelle «misure shock» invocate da Berlusconi. LA NUOVA FASE
Non solo. In base a ciò che è dato sapere, Letta ha prospettato a Berlusconi l’avvio di una “Fase 2“: «A settembre, superata l’estate», aveva confidato il premier l’altra sera a Mario Monti, «dovremo rinegoziare il programma, bisognerà ripartire con un piano del tutto nuovo». Magari nella prospettiva dei nuovi margini di spesa concessi dall’Unione europea nel 2014. E questa idea di un “programma tutto nuovo e potenziato” è stata illustrata anche al Cavaliere. Raccontano che Berlusconi non abbia reagito facendo la faccia feroce. Complice la presenza di zio Gianni (Letta) e del vicepremier Angelino Alfano, lo spettro della crisi estiva sarebbe rimasto relegato (e cullato) solo tra i pasdaran asserragliati a palazzo Grazioli. Ma il Cavaliere è tornato chiedere «misure vigorose» per l’economia. Avrebbe detto che il Pdl non farà sconti sull’abolizione dell’Imu sulla prima casa e sulle altre misure fiscali. «Ma certo, se i pm continueranno a massacrarmi non potrò offrire garanzie». Da notare che prima dell’incontro, tra i collaboratori di Letta circolava un po’ di imbarazzo nel ricevere a palazzo Chigi il condannato-Berlusconi: «Proprio qui ieri la Idem è stata spinta a dimettersi in quanto colpevole di alcune irregolarità amministrative...».
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