«Assolto. Tutto apposto». La telefonata tra il Governatore della Regione, Gianni Chiodi, e uno dei suoi legali, l'avvocato Enrico Mazzarelli, è brevissima. Giusto il tempo di comunicargli l'esito della sentenza del lungo processo sul crollo della discarica La Torre, quando all'epoca lui era ancora sindaco di Teramo e per questo motivo è finito nella lista degli undici imputati. Per Chiodi la sentenza è di assoluzione dall'accusa di frana colposa perché il fatto non costituisce reato. Gli unici due ad essere stati condannati in primo grado per ciò che accadde la notte tra il 16 ed il 17 febbraio del 2006 ad un anno e 4 mesi di reclusione ciascuno, pena sospesa, sono l'allora assessore comunale con delega alla discarica, Berardo Rabbuffo, oggi consigliere regionale, e il dirigente comunale Nicola D'Antonio. Il giudice monocratico Domenico Canosa, dopo oltre sei ore di camera di consiglio, ha assolto anche i due dirigenti regionali che si susseguirono Massimo Di Giacinto e Franco Gerardini; i due ex presidenti della Provincia, Claudio Riffini ed Ernino D'Agostino; l'ex sindaco di Teramo, Angelo Sperandio; il dirigente provinciale Ferdinando Di Sanza e le due dirigenti dell'Arta, Maria Daniela Marcozzi Rozzi e Maria Pia Gramenzi. Alcuni reati sono già stati prescritti. Per la discarica, ormai chiusa, è stata disposta la revoca del sequestro preventivo. Mentre il giudice ha disposto l'invio degli atti al Pm Stefano Giovagnoni per le valutazioni di propria competenza in riferimento alle deposizioni di Maria Pia Gramenzi e Valerio Marini, entrambi dell'Arta. Nei loro confronti si potrebbe aprire una nuova inchiesta.
«Tutto mi aspettavo tranne questo», commenta all'uscita dall'aula, subito dopo la lettura della sentenza, il consigliere Rabbuffo. Alle parti civili costituite il giudice ha riconosciuto il pagamento delle spese: 39.600 euro. «Tuttavia - dice - una sentenza non immediatamente esecutiva lascia ampio margine d'appello. Quello che io avevo in più rispetto a Chiodi era la delega. Se io vengo stralciato rispetto al sindaco mi fa piacere per lui, ma se non c'era lui vuol dire che non c'ero neanche io». In questa inchiesta i ruoli degli amministratori sono rimasti sempre ben distinti da quelli dei dirigenti. Il fatto che l'allora sindaco Chiodi sia stato assolto dall'accusa di frana colposa, la più grave, quella in concorso, perché il fatto non costituisce reato, in sé ammette la condotta, ma esclude la colpa. Oggi, a pagare il conto sono l'allora assessore con delega alla discarica e il dirigente comunale lo stesso che doveva rivestire, sempre secondo il Pm, una posizione di garanzia dovuta alle sue competenze tecniche. E gli altri? Che ruolo ha avuto in tutto questo l'Arta? Reati prescritti che nulla hanno a che vedere con il crollo colposo. «Oggi è stato confermato quello che noi asserivamo da tanto tempo - commentano gli avvocati di Chiodi, Mauro Di Dalmazio ed Enrico Mazzarelli -. La sentenza ci conforta molto. Adesso dobbiamo aspettare le motivazioni. Sono state comunque confermate le nostre tesi secondo cui il presidente era estraneo». Saranno infatti le motivazioni a spiegare chi e come ha gestito una discarica franata dopo tante segnalazioni dei cittadini residenti. A chiarire giuridicamente aspetti sviscerati in dibattimento. Che qualcuno, un ente preposto, dovesse vigilare e non l'abbia fatto, questo è chiaro.