ROMA La maggioranza di governo ha ritrovato, sia pur se tra grandi fatiche, la sua compattezza, sugli F-35. La mozione cofirmata da Pd, Pdl e Sc passa infatti con ben 381 sì contro 149 no, mentre quella M5S-Sel raccoglie solo 136 sì contro 378 no, il che vuol dire che solo 12 deputati del Pd non hanno partecipato al voto e solo uno, Enrico Gasbarra, pacifista storico, dice sì al testo delle opposizioni. In compenso, si spacca il fronte delle opposizioni con Sel e grillini ormai ai ferri corti sulla strategia migliore da seguire per attrarre quanti più dissidenti democrat possibile (molto pochi, alla fine).
LA MEDIAZIONE DI FRANCESCHINI
A prevalere è la linea a lungo cercata e trovata dal capogruppo Pd in commissione Difesa, Gian Piero Scanu, e dal capogruppo alla Camera, Roberto Speranza, ma il diavolo si annida nei dettagli. Anzi, nelle parole. La mozione di maggioranza, infatti,rispecchia sostanzialmente quella del Pd, passata nelle prime ore della mattinata all’interno della discussione del gruppo con soli sei astenuti e quattro contrari, ma con qualche variazione sul tema. La mozione del Pd parlava chiaramente di sospensione del programma di acquisto di 90 F-35 (12 miliardi di spesa) in attesa che il Parlamento si esprima in merito nell’arco di sei mesi e dopo un’indagine conoscitiva della commissione Difesa. Nero su bianco, il testo del Pd recita: «La Camera impegna il governo a non procedere a nessuna fase di acquisizione degli F-35 senza che il Parlamento si sia espresso ai sensi della legge 244/2012». Il documento ricompatta il Pd tra filo-pacifisti e vicini alle esigenze della difesa e dell’occupazione, ma dalla metà mattina in poi parte una serrata trattativa con il Pdl, guidato da Renato Brunetta, il governo (ministri Franceschini e Mauro) e il capogruppo di Scelta civica, Dellai, in veste di paciere. Lo sforzo principale per arrivare a un testo comune lo fa Franceschini, consapevole dei rischi che corre il governo e che quasi impone il vertice agli altri con tanto di mediazione sul rigo ulteriore. Alla fine, al di là del preambolo comune («dare impulso a concrete iniziative, anche in sede Ue, per la crescita della dimensione della Difesa comune europea» anche in una logica di «condivisa razionalizzazione delle spese») spunta fuori quella parolina magica in più, «ulteriore». Nessuna, cioè, ulteriore acquisizione, prima del via libera del Parlamento, tranne quelle già fatte.
AZZURRI SODDISFATTI
C’è chi dice si tratti di tre aerei già acquistati più l’acconto per altri tre per un miliardo di spesa, chi dice siano sette. Brunetta già canta vittoria: il programma va avanti e impegna solo il governo a passaggi parlamentari per ulteriori acquisti. Il Pd tiene il punto. Scanu, in un intervento appassionato in aula, assicura che, al netto dei tre, sette o dieci aerei già acquistati, «non ne sarà preso uno in più senza che lo abbia deciso il Parlamento!». Le opposizioni, però, attaccano, e le associazioni pacifiste fuori dal Parlamento pure: parlano di testo annacquato. Il crescendo rossiniano arriva fino all’intervento del grillino Alessandro Di Battista che accusa la mozione della maggioranza di essere «una mozione supercazzola che non dice nulla». A questo punto, però, pure i piddini filo-pacifisti s’indignano e dall’astensione passano al semplice non partecipare al voto, compresi gli iniziali 14 firmatari democrat della mozione M5S-Sel. Solo in undici, nel Pd, non partecipano al voto sulla mozione a firma Pd-Pdl-Sc e solo Gasbarra vota quella M5S-Sel con questa motivazione: «Il mio è un voto di testimonianza e chiedo venga rispettato come tale, apprezzo il lavoro di Scanu ma l’acquisto di alcuni F-35 c’è già, in ogni caso gli interventi dei grillini sono stati squallidi».