ROMA La sentenza Ruby è stata «davvero grottesca». Sul lodo Mondadori «il danno l’ho subito io». «Si cerca di portare a termine la guerra dei vent’anni contro di me colpendomi sul piano dell’immagine, del patrimonio, dei diritti politici, della libertà». Ne consegue che serve «una profonda riforma della giustizia». Ma il vero annuncio è tutto politico: «Il Pdl resterà come coalizione dei partiti di centrodestra: Forza Italia ne farà parte e temo che sarò ancora chiamato ad essere il numero uno». E qui, finalmente, arriva il sorriso sornione. L’unico peraltro di un’intervista, quella concessa ieri sera da Silvio Berlusconi al Tg1, che rompe un silenzio pubblico che durava dai giorni della sentenza Ruby.
Berlusconi rassicura il governo, ma per il resto è tutto all’attacco. «Il governo ha il nostro sostegno convinto e leale», ribadisce in video così come ha fatto l’altro giorno direttamente con il capo dello Stato. Ma poi si guarda bene dal prendere le distanze dal fuoco amico degli azzurri su Letta: «Le dichiarazioni di qualche nostro esponente? Solo uno stimolo a fare di più».
BATTAGLIA GIUDIZIARIA
Berlusconi inizia a parlare da quel che gli sta più a cuore: sentenze, giustizia, partito. Prima demolisce la sentenza Ruby: «Si parla di concussione e non c’è il concusso, di induzione e un indotto che nega ogni rapporto e per arrivare alla sentenza si mettono sotto indagine 32 testimoni a favore». Poi c’è il lodo Mondadori. «Il danno l’ho subito io», sostiene. «Fui costretto a vendere giornali, riviste e perfino una cartiera. Siamo stati costretti a pagare 565 milioni a fronte di un valore delle azioni Mondadori di 100 milioni. Cinque volte il valore complessivo del gruppo De Benedetti, che si alzò soddisfatto dal tavolo». Ergo, serve una «profonda riforma della giustizia», appunto. Il blitz del Pdl in commissione Affari costituzionali al Senato, dunque, finalizzato a inserire il capitolo giustizia all’interno delle riforme istituzionali non era fatto a caso. Parole nette, quelle di Berlusconi sulla giustizia e sulle sentenze che lo riguardano, destinate a rinfocolare polemiche e a rendere sempre più precarie le sorti del governo.
DUELLO SU SANTANCHÈ
Parole nette anche quelle sul futuro del Pdl, di cui resterà presto solo un vago ricordo: «Resterà come coalizione dei partiti del centrodestra», si limita a concedere il Cav, Forza Italia ne farà parte e io temo che sarò ancora chiamato a esserne il numero uno». Altro che successione, ci sono io e basta, è il concetto. Si torna a Forza Italia, dunque, e le tensioni – ormai neppure più latenti come quelle tra il vicepremier Alfano e la pasionaria Santanché o tra l’attuale capogruppo alla Camera Brunetta, falco, e il suo predecessore, Cicchitto, colomba – sono sul punto di esplodere. «Il dado è tratto», commentano subito i suoi, il posto di coordinatrice della rinascente FI dovrebbe andare proprio alla Santanché e gli «avvelenatori di pozzi» (ministri del Pdl e colombe varie) «finiranno nell’angolo». Berlusconi, ormai, si fida solo di lei, Verdini, Bondi, dell’amica Maria Rosaria Rossi e pochissimi altri. Gli stessi che continuano a dirgli che «chi ti vuole fare le scarpe» (ministri, Monti, Letta e pure il Colle) «va smascherato». Il clima è già irrespirabile.