ROMA Ormai la battaglia sulle Province non è più questione di risparmi (quanti? C’è una valutazione precisa degli effetti della loro eliminazione?) ma di immagine e di puntiglio. Tanto che il governo, per far capire all’opinione pubblica che non intende mollare la presa, oggi presenterà un disegno di legge costituzionale ad hoc.
Il testo dovrebbe essere semplicissimo prevedendo l’eliminazione dei riferimenti alle Province contenuti nella Costituzione. Con ogni probabilità però nei prossimi mesi confluirà in quello più generale ch sarà preparartyo dalla cosiddetta ”Commissione dei 40” e che dovrebbe prevedere la riforma del Senato e la diminuzione dei parlamentari. Contemporaneamente dovrebbe essere varato un disegno di legge ordinario per fornire punti di riferimento a quello che rischia di diventare un piccolo (ricordiamo che le Province spendono solo 12 degli 815 miliardi che costituiscono l’amontare della spesa pubblica) ma incredibile pasticcio istituzionale.
LE CONTRADDIZIONI
Già perché sulla base di quanto stabilito ieri dalla Corte Costituzionale viene vanificato quanto disposto dall’articolo 23 del decreto Monti del 2011 che sostanzialmente svuotava le Province impedendo che i politici venissero (ri)eletti con elezioni popolari. E così oggi ben 18 Province (fra le quali Roma) sono governate da commissari (e non più da politici eletti) nominati mano a mano che scadeva il termine elettorale delle singole amministrazoni.
Possibile che questi enti che il governo vuole eliminare ora debbano tornare ad elezioni? Per la risposta non resta che attendere. Nel frattempo la polemica si riaccende. I ministri delle Riforme, Quagliariello, degli Affari Regionali, Del Rio, e quello dei Rapporti con il Parlamento, Franceschini, anche ieri hanno sottolineato che le Province saranno spazzate via. E hanno fatto andare su tutte le furie Antonio Saitta, presidente dell’Upi, l’Unione delle Province. «E’ assurdo scaricare tutto sulle Province che sono gli enti che spendono meno - ha detto Saitta - Dov’é l’abolizione del Senato? Dov’è la riduzione del numero dei parlamentari? Perché non eliminano subito la sovrapposizione di competenze fra Stato e Regioni?». La tesi di Saitta è che le Province sono il caproespiatorio dell’impotenza della politica. Saitta nei mesi scorsi aveva collaborato con il secondo decreto del governo Monti (anch’esso dichiarato incostituzionale) che prevedeva l’accorpamento delle Province e, di conseguenza, l’eliminazione delle direzioni provinciali di una ventina di strutture pubbliche a partire da Prefetture, Questure e Agenzie fiscali.