LA HOLDING regionale dei trasporti è salva. Scongiurato il fallimento, forse è il caso di provare a fornire un "contributo alla verità", evidenziando pacatamente altri aspetti della vicenda rispetto a quanto sino ad ora emerso mediaticamente («la causa è la politica scellerata della passata amministrazione»), nel tentativo di giungere a individuare le cause più profonde della crisi. Perché, se altre cause non vi fossero oltre alla «politica scellerata della passata amministrazione», non si capirebbe per quale motivo, mandati a casa i precedenti amministratori regionali, non si sia ancora, dopo ben tre anni, riusciti ad avviare un percorso virtuoso. In realtà le difficoltà nella gestione delle società di trasporto, e non solo per quelle del gruppo Eav, sono assai complesse e per comprenderle è necessario fare un passo indietro nel tempo. All'atto dell'insediamento della giunta Caldoro, infatti, il sistema del trasporto regionale era arrivato ad un punto di svolta, dopo oltre un decennio di grandi mutamenti sia strutturali che giuridici. Ed, infatti, della cosiddetta metropolitana regionale, tutto si può dire ma non che non avesse attivato, nel primo decennio del nuovo secolo, un piano di investimenti, poderoso e innovativo, al punto da conseguire riconoscimenti anche internazionali. Ma a fronte di una tale visione strategica vi era, tuttavia, una situazione finanziaria assai critica, atteso che nei programmi d'investimento non era stata valutata a pieno la rilevanza dei maggiori costi di gestione, a valle di detti investimenti, e né, d'altro canto, ci si era resi conto che l'economicità del servizio, per quanto auspicabile, non era mai stato un must aziendale, essendo tutti i dipendenti delle ferrovie regionali, informati ad una logica perversa sotto il profilo economico, che proveniva da altri tempi, basata sul riconoscimento dei costi con il sistema del rimborso a piè di lista da parte del ministero competente. Da quando nel 2000 tutte le aziende del trasporto locale divennero aziende regionali, lo scenario è cambiato radicalmente. La trasformazione giuridica in società di capitali, le restrizioni dei trasferimenti erarialie l'ingressoa pieno titolo nel sistema metropolitano regionale campano, richiedevano un deciso mutamento di passo, tale da riuscire ad affiancare all'efficienza del servizio - che, peraltro, con l'improvviso e significativo incremento di viaggiatori cominciava a mostrare le prime falle in termini di regolarità e comfort del servizio - anche l'economicità. In pratica era necessario sostituire alla filosofia del rimborso a piè di lista quella del pareggio di bilancio, ma solo pochi in quel momento sembrava che ne fossero informati e coscienti. D'altro canto, la circostanza che le aziende del gruppo Eav fossero interamente partecipate e sotto la direzione ed il coordinamento della Regione non costituiva più un salvacondotto, dal momento che la partecipazione di unao più amministrazioni pubbliche al capitale, a seguito delle trasformazioni giuridiche operate, non assicuravano la continuità finanziaria, particolarmente da quando le regole del Patto di stabilità interno hanno impedito "aiuti" alle partecipate regionali in qualunque forma essi vengano erogati. La dinamica reddituale delle società partecipate è da allora definita nei contratti di servizio sottoscritti con le pubbliche amministrazioni e nelle tariffe poste a carico degli utenti. Tanto i primi quanto le seconde, tuttavia, raramente sono definiti sulla base di normali contrattazioni di mercato e, spesso, risultano, più o meno volutamente stabiliti in misura insufficiente a coprire i costi standard necessari ad erogare i servizi previsti nel contratto. Se, come è accaduto nel caso delle società campane, il contratto di servizio non è stato adeguato, né peraltro i bilanci preventivi del socio Regione hanno accolto la voce per la ricapitalizzazione, allora la negatività della dinamica reddituale ha privato, di fatto, l'azienda del requisito della continuità. Ed è così che le società partecipate da Eav srl hanno iscritto nei propri bilanci, negli anni a partire dal 2004, crediti verso la Regione Campania per somme che ad oggi ammontano a circa 450 milioni per oneri "impropri": in quanto non previsti nel contratto di servizi e, tuttavia, assolutamente legittimi, in quanto necessari ad assicurare l'esercizio di un servizio pubblico essenziale. Tant'è che due leggi regionali, la finanziaria del 2007 (L.1/2007, articolo 30) e quella del 2009 (L.1/2009, articolo 15) avevano riconosciuto, anche in conseguenza dell'approvazione dei bilanci della Eav e delle sue controllate da parte dei dirigenti della Regione, le modalità di copertura finanziaria dei crediti delle partecipate. Ed arriviamo cosi all'epoca dell'insediamento della giunta Caldoro. Operate le dovute verifiche e preso atto che quei crediti avevano trovato acquiescenza da parte della Regione che ne aveva dato certezza e solvibilità con l'approvazione dei bilanci e promulgando ben due leggi che ne definivano la copertura finanziaria, cosa avrebbe dovuto fare la giunta Caldoro? Avrebbe semplicemente dovuto dare certezza al ceto creditorio con accordie transazioni; riapprovare i piani industriali delle aziende fornendo i dovuti indirizzi in materia di organizzazione del personale e di investimenti strategici; approvare i nuovi contratti di servizio con individuazione dei costi standard; provvedere all'approvazione di un nuovo piano generale degli investimenti necessari; fornire a tutti gli stakholder del settore (utenti, fornitori, ceto bancario, organismi di controllo) un quadro chiaro della situazione ed un programma di lavoro con indicazione della tempistica delle azioni da mettere in campo; porre al centro del programma di governo regionale la "questione" della mobilità, così come è avvenuto in altre regioni, considerandola pari per importanzaa quella della sanità con una idonea ripartizione (in trasparenza) delle accise sui carburanti; chiedere al governo nazionale una svolta sulla politica del trasporto regionale. Di tutto questo avevamo ed abbiamo ancora bisogno. Mentre abbiamo letto solo di denunce di mala gestione, di nomine di commissioni d'indagine, di due diligence di varia natura con esiti peraltro spesso contraddittori e mai definitivi; abbiamo assistito al rimpallo di responsabilità tra amministratori ed assessorato, ai reiterati annunci di piani di rientro e\o di manutenzione straordinaria, di abolizione del Consorzio Unico e dulcis in fundo del biglietto elettronico per consentire ai viaggiatori di esprimere la loro preferenza per il miglior mezzo di trasporto (sic!). Un po' come quando Maria Antonietta, poco più di due secoli fa, al popolo affamato proponeva di distribuire brioches, in mancanza di pane.