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Pescara, 16/05/2025
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Data: 06/07/2013
Testata giornalistica: Il Centro
il rapporto Svimez - L’Abruzzo perde colpi in bilico tra Nord e Sud. (Il rapporto in versione integrale)

Il Pil nel 2012 è sceso del 3,6% interrompendo la risalita di due anni L’industria tiene grazie all’export, ma serve una politica anti-desertificazione

PESCARA «A questo punto, un giorno non si potrà dire che non l’aveamo detto. L’analisi di questa giornata ci mette tutti sull’attenti, non possiamo più sbagliare». Le parole del presidente della Fondazione PescarAbruzzo Nicola Mattoscio sottolineano a quanti non l’avessero capito la delicata situazione in cui si trova l’Abruzzo, perfettamente schiacciato dalla faticosa resistenza economica del Nord e dalla condizione emergenziale del Sud. La fotografia scattata dallo Svimez (l’associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno), diffusa in occasione del convegno nella sede della Fondazione, è ben delineata: l’Abruzzo è una realtà in bilico, mentre altre sono nel precipizio, in una situazione di relativa stabilità, seppure drammatica. Il presidente Svimez Adriano Giannola invitato apposta per far aprire gli occhi a politici e grandi manovratori (di cui la platea era piena) parla di un Abruzzo in una situazione intermedia tra le regioni del Nord, che stanno andando peggio e convergono dall’alto verso il basso, e quelle del Sud, che stanno scendendo a prescindere. Sì, una regione che ancora una volta non è né Nord né Sud, ma intermedia nel panorama italiano, con alti tassi di scolarizzazione, disoccupazione contenuta, una densità industriale e in grado di aprire ai mercati internazionali, poco distante dal Centro-Nord. «E' la regione più industrializzata del Meridione», rileva l’economista, «dove però serve una spinta ulteriore verso una politica industriale attiva anti-rischio desertificazione e a sostegno della crescita dimensionale delle aziende, che valorizzi le aree interne con politiche di rigenerazione urbana, turismo verde, e le opportunità dell'area vasta Pescara-Chieti». Sul fronte del Prodotto interno lordo (Pil), l’Abruzzo nel 2012 ha perso il 3,6%, contro una media nazionale del 2,4% ma in ogni caso, ed è un dato confortante, si conferma come la regione meridionale con il più elevato livello di prodotto per abitante, pari a 21.244,7 euro, il 123% del prodotto medio pro capite del Mezzogiorno e l’82,6% di quello medio italiano. «L’obiettivo “quota venti”, pari alla percentuale del prodotto manufatturiero sul Pil, l’Abruzzo lo mantiene grazie all’export e a un grado di industrializzazione equilibrato e con forti presenze estere, ma è chiaro che dopo 4-5 anni di crisi anche queste strutture imprenditoriali più robuste soffrono e vanno in emergenza», aggiunge Giannola mentre la sala lo segue in silenzio e con attenzione. Accanto gli sono Mattoscio e il governatore Gianni Chiodi, che prende appunti. Più a sinistra del tavolo c’è il sottosegretario Giovanni Legnini , impegnato anche lui a seguire le slides sui dati e che il presidente Svimez illustra. L’Abruzzo nel 2010 era al 164° posto della graduatoria Eurostat, al di sopra di tutte le altre regioni del Sud, e non molto distante dal Centro Nord. Le note dolenti arrivano dall’export che nel 2012 è crollato del 4,8% e dall’occupazione, anche se in quest’ultimo caso l’Abruzzo ha perso l’1,9%, cioé meno della media italiana (-2,2%) e meno della metà di quella meridionale (-4,6%). Il problema si accentua nel lavoro giovanile (under 34), il cui tasso di occupazione è passato dal 49,2% del 2008 al 44,8% del 2012, ma anche in questo caso siamo di un punto e mezzo sopra alla media nazionale. A livello di scolarizzazione, il tasso di passaggio dei giovani dalla scuola secondaria all’Università è stato nel 2012 del 63,6% contro il 54% del Mezzogiorno e il 61% del Centro Nord. E tra le regioni meridionali l’Abruzzo vanta il più alto tasso di istruzione universitaria. Di fronte a questi dati, come si guarisce? «Data l’austerità edulcorata che dovremo ancora vivere nel 2014, occorre una sana politica di bilancio finanziata con il debito europeo», sostiene Giannola, «gestita direttamente dal governo centrale, e non dispersa dalla triangolazione barocca con le varie regioni, e finalizzata a sfruttare le grandi opportunità di mercato del Mezzogiorno».

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