Iscriviti OnLine
 

Pescara, 16/05/2025
Visitatore n. 743.967



Data: 08/07/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Costi della politica - Stop al finanziamento, la rivolta dei partiti. Braccio di ferro con il governo, pronto al decreto se non arriva il primo sì entro agosto.

ROMA Continua il braccio di ferro tra palazzo Chigi e i partiti sul ddl che abroga il finanziamento pubblico alla politica. Se il Parlamento non approverà il ddl varato dal Cdm il 5 giugno scorso entro l’estate, il governo procederà con un decreto. Il punto, dunque, sono i tempi, ma anche le resistenze dei partiti ad autoriformarsi. Pdl in testa e anche pezzi del Pd di abrogare del tutto il finanziamento pubblico alla politica non hanno alcuna voglia.
VIA LIBERA GIÀ RINVIATO

Il ddl è in esame della I commissione della Camera dal 15 giugno, ma nonostante la procedura d’urgenza decisa in conferenza dei capigruppo il – teorico – varo del provvedimento in commissione che doveva arrivare in un mese (15 luglio) è già slittato al 26 luglio. Pino Pisicchio, capogruppo del Misto e antico conoscitore della materia, non ha dubbi: «Tra commissione e Aula non ce la si farà mai per la prima settimana di agosto, quando la Camera chiude, vedremo alla ripresa dopo l’estate». Le commissioni riprenderanno a lavorare dal 28-29 agosto, l’aula dalla prima settimana di settembre. Se entro settembre non arriva l’ok del Senato – spiegava al Messaggero il consigliere degli affari politici del premier, Sanna – «la legge non può essere attuata nei suoi adempimenti fiscali dal primo gennaio 2014». Morale: al governo non resterebbe che la strada del decreto legge, appunto.
LINEA DURA DI LETTA

Il premier, sulla riforma della politica, ci ha messo la faccia: riforme istituzionali della Costituzione, redditi on-line dei ministri, ddl sulle lobby e, appunto, basta soldi pubblici ai partiti. «Non accetteremo rinvii o stravolgimenti», continua a ripetere il premier ai suoi più fidati collaboratori. Sulla pagina Facebook del deputato lettiano di stretta osservanza Marco Meloni campeggiano, tra i punti qualificanti del governo Letta, «l’abolizione della legge sui rimborsi approvata nel 2012, l’introduzione di controlli e sanzioni sui gruppi parlamentari e regionali, l’affidamento alla libera scelta dei cittadini, con opportuni interventi sul versante fiscale». Punti chiari e non negoziabili. «Il governo – intima l’alt Meloni – ha fatto le sue proposte, in Parlamento la maggioranza può ovviamente migliorarle ma a condizione che si agisca rapidamente e si mantengano fermi questi punti essenziali». Lo svuotamento è, dunque, il timore dei lettiani, che – con Francesco Boccia – spiegano di «apprezzare» persone come Ugo Sposetti «che però sbaglia quando dice che Letta vuole uccidere i partiti», facendo capire di apprezzare molto meno quelli che tramano nell’ombra del Parlamento, approfittando di lungaggini e ingorghi.
I FRENATORI

Qui, però, ieri in parecchi, specie dal lato Pdl, hanno preso coraggio. Una colomba come Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Pdl, spiega perché è contrarissimo all’abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti, il senatore Francesco Giro suona la tromba dei difensori dei partiti («non voterò mai questa legge liberticida») ed Elena Centemero, membro della I commissione alla Camera, esprime lo stesso concetto con altre parole: questa, accusa, è antipolitica a buon mercato. Il Movimento 5Stelle annuncia la presentazione di una mozione, a prima firma di Emanuele Cozzolino, che prevede lo stop del pagamento della I rata 2013 del finanziamento così come modificato dalla legge del 2012 (la rata scade il 31 luglio), ma i problemi maggiori, naturalmente, li ha il Pd. Tra la posizione di strenua difesa del finanziamento pubblico di un battitore libero come Ugo Sposetti e quella della sua totale abrogazione, cavallo di battaglia dai tempi delle primarie di Renzi, il partito cerca una difficile via di mezzo. E se i Radicali si appellano proprio a Renzi e a Grillo, perché sostengano il loro referendum abrogativo, Antonio Misiani, tesoriere del Pd, affida a una lunga nota il suo pensiero. «Accusano me, perfido tesoriere, di volere importare sistemi esotici e misteriosi e di voler sabotare il ddl del governo. Niente di più falso. Vogliamo solo migliorarlo in alcuni punti», spiega Misiani, che però tiene il punto: «La negazione di ogni finanziamento diretto ai partiti è demagogia».

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it