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Data: 10/07/2013
Testata giornalistica: Il Centro
«La tenacia degli abruzzesi per fare grande la Sevel». Il capo della Fiat sprona gli operai e vede un futuro roseo per la fabbrica di Atessa «Questa è la mia terra, reagisce nelle difficoltà». Tirata d’orecchi sull’assenteismo

La Regione è pronta a fare la sua parte: l'Abruzzo non tradirà le aspirazioni del Gruppo Fiat: dopo l’investimento De Cecco a Ortona è un’altra buona notizia

ATESSA «Sono qui per rafforzare quel rapporto di fiducia che ci lega all’Abruzzo da più di trent’anni». Sergio Marchionne inizia il suo discorso lanciando segnali di fiducia agli operai che lo ascoltano nella sala al centro del reparto Lastratura della Sevel, la fabbrica di Atessa in cui la Fiat produce il Ducato. Sono passate da poco le undici e mezza e sta entrando nel vivo la breve ma intensa visita del numero uno del gruppo al grande stabilimento abruzzese: Marchionne è arrivato alle 10 in elicottero da Torino, ha incontrato prima i dirigenti Sevel, poi i politici locali, con in testa il presidente della Regione Gianni Chiodi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giovanni Legnini. L’abbigliamento è, come al solito, il massimo dell’informalità: una maglietta blu a maniche corte, un paio di pantaloni sportivi, i capelli spettinati. Ma contano le notizie che il manager orginario di Chieti sta portando: parla di 700 milioni di investimenti per ammodernare una fabbrica già all’avanguardia e della volontà di fare di Atessa un impianto-guida nei veicoli commerciali non solo per l’Europa, ma anche per i mercati d’oltre oceano. «Abbiamo già iniziato le esportazioni dei componenti verso lo stabilimento Chrysler di Saltillo, in Messico, dove verranno assemblati per dare vita al Ducato americano», scandisce. Ma agli operai sono soprattutto gli investimenti in loco che interessano e anche su questo Marchionne non tradisce l’attesa: «Abbiamo programmato lavori in ogni reparto della fabbrica per adottare le più avanzate tecnologie disponibili: qui in Lastratura abbiamo già installato 45 dei 60 nuovi robot, che ne fanno il reparto più avanzato d’Europa. La Verniciatura adotterà 25 nuovi sistemi di ultima generazione, che serviranno a migliorare la qualità del prodotto, ma anche a ridurre il consumo. Il montaggio verrà attrezzato con nuovi impianti per assemblare la scocca e sarà in grado di gestire, a partire dal 2015, anche i futuri più complessi motori “Euro 6”’». Gran parte dell’intervento è stato dedicato all’orgoglio Fiat e alla necessità di fare squadra per rendere ancora più competitivo un gruppo che nove anni fa, quando Marchionne ne prese le redini, era sull’orlo del fallimento, mentre ora è al settimo posto tra i colossi mondiali dell’automobile, con un bilancio in attivo e una consociata americana, Chrysler-Jeep, che continua a crescere: «Qualcuno continua a pensare alla Fiat come a un’azienda assistita dallo Stato che produce pessime macchine: le cifre dicono il contrario, ma in Italia resistono contro di noi pregiudizi inaccettabili. Non è solo vero che la Fiat è in questo Paese da 114 anni, è vero soprattutto il contrario, da più di un secolo c’è l’Italia dentro la Fiat, i nostri lavoratori sono un pezzo importante del Paese», ha scandito Marchionne tra gli applausi. Ovviamente non poteva mancare un lungo passaggio sui difficili rapporti con la Fiom, il sindacato dei metalmeccanici Cgil. Da Atessa è arrivata una cauta apertura, dopo la lettera scritta alla Fiat dal segretario Maurizio Landini, con la richiesta di un incontro alla luce della sentenza della Corte Costituzionale sulle rappresentanze sindacali:«Siamo più che disposti ad incontrarli, tenendo come dato acquisito che non possiamo assolutamente mettere in discussione accordi già presi dalla maggioranza e che sono stati cruciali nel dar vita a realtà produttive di eccellenza a livello europeo». La parte finale del discorso di Marchionne, prima che l’elicottero Fiat attorno alle 13 decollasse con destinazione Torino, è stata dedicata alla Sevel e all’Abruzzo. E c’è stato un momento in cui il grande capo del Lingotto è sembrato commuoversi, ripetendo due volte la frase e schiarendosi la voce. E’ successo quando ha citato il padre, Concezio, un carabiniere abruzzese che portò la famiglia in Canada quando Sergio era ancora un bambino: «Anche questa terra, che è la mia terra, è una dimostrazione che c’è speranza, per quello che ha sempre dimostrato di saper fare nei momenti più duri: la tenacia degli abruzzesi, quella caparbia fiducia nel futuro che mio padre mi ha lasciata in eredità, è qualcosa di radicato nella gente di qua. Non ho mai visto un abruzzese arrendersi, non l’ho mai visto aspettare che arrivasse un salvatore chissà da dove a regalargli un domani migliore. Gli abruzzesi cadono e si rialzano da soli, non perdono tempo a lamentarsi, ma fanno, producono, ricostruiscono: è successo dopo la Guerra, con determinazione hanno trasformato una regione che allora era tra le più povere in una delle più fiorenti del Paese». Questo tener duro nei momenti difficili connota anche la storia della Sevel: «Questa fabbrica è stata creata da un prato verde in una zona che, pur essendo ricca di bellezze naturali, veniva chiamata “la valle dei morti”, perché molti giovani erano costretti ad emigrare in cerca di lavoro, ma è riuscita a macinare un record dopo l’altro», ha riconosciuto Marchionne, «è diventato il più grande stabilimento di veicoli commerciali d’Europa, tra i più moderni ed efficienti al mondo, ed è riuscito a raggiungere un picco produttivo di 250 mila unità nel 2008. Ci sono stati momenti difficili, specie nel 2009, quando il mercato era crollato, ma oggi siamo qui a scrivere un nuovo capitolo nella storia della Sevel». In un discorso dai toni largamente positivi, c’è stato spazio anche per qualche tiratina d’orecchi. La prima è stata rivolta ai dipendenti Sevel e al tema dell’assenteismo, causa anche di alcuni licenziamenti nel corso degli ultimi mesi: «Chiedo anche a voi di valutare che i vostri comportamenti siano sempre coerenti con gli obiettivi che ci siamo dati», ha ammonito il numero uno Fiat, «mi risulta che si registrino ancora, in alcuni momenti livelli di assenteismo e comportamenti anomali, che non sono in linea con le aspettative condivise. Si tratta di comportamenti che tradiscono quei valori di responsabilità e fiducia che sono il collante di ogni comunità e minano la coesione sociale di una fabbrica e del suo territorio. Alcuni stabilimenti, come ad esempio Pomigliano, sono diventati oggi realtà virtuose e registriamo risposte molto positive da parte dei nostri lavoratori. Non c’è nessuna ragione per cui non possa succedere anche qui in Sevel». Non poteva mancare, infine, una stoccatina ai politici: «Approfitto dell’occasione per richiamare l’attenzione delle istituzioni locali sulla necessità che un’attività industriale come la nostra possa avvalersi di infrastrutture adeguate«. Ultimo appello a non cercare alibi nella crisi per i propri insuccessi: Marchionne ha citato addirittura Albert Einstein e ha concluso incitando tutti «al senso del lavoro, all’orgoglio di fare le cose e di farle bene: penso al senso di responsabilità e al rispetto per gli altri, alla generosità nei momenti duri. Questo è l’atteggiamento di cui ha bisogno l’Italia oggi, sappiamo che c’è un lavoro enorme da fare, ma sappiamo anche che saremo noi soli i responsabili delle scelte e delle non-scelte che faremo». Un appello a un Paese che è vissuto a lungo al di sopra delle proprie possibilità e che deve assumersi la responsabilità di scelte forti per ripartire. Marchionne se n’è andato accompagnato dal solito stuolo di fotografi e cineoperatori. Quando l’elicottero si è levato nel cielo di Atessa, le bandiere e i cartelli di protesta della Fiom facevano bella mostra di sé davanti ai cancelli della Sevel. L’augurio di tutti è che si trovi presto il modo di trovare un confronto e un accordo.

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