ATESSA La Valle dei Morti resterà ancora un ricordo lontano, almeno per altri tre anni, probabilmente forse cinque. Nel mondo globalizzato si tratta di un’eternità che la Val di Sangro e le istituzioni abruzzesi devono capitalizzare. Il messaggio è tutto nella parte finale del discorso di Sergio Marchionne che, a un certo punto, scaricate le pietre e le spine delle questioni nazionali parla da abruzzese ma lo fa con una terzietà impeccabile distribuendo bastone e carota. Si parte da livelli di assenteismo e comportamenti anormali che, nonostante tutti i riconoscimenti e gli incensi piovuti su Sevel, «mi risultano essere - puntualizza l’ad del Lingotto - non in linea con le aspettative condivise. Tradiscono valori di responsabilità e fiducia che sono il collante di ogni comunità». Marchionne sventola il modello di Pomigliano sotto le centinaia di dipendenti presenti fisicamente al discorso e stimola tutti: «Non c’è nessuna ragione perchè non possa succedere anche qui in Sevel».
Il punto due è diretto ai vertici istituzionali regionali, di ieri e di oggi, tutti insieme, tutti quelli che non hanno saputo costruire un porto vero e un progetto stradale al passo con i tempi e le esigenze del polo. Non poteva mancare il capitolo-infrastrutture, una piaga tristemente nota che a tutt’oggi non ha spiegazioni. «Un’attività industriale come la nostra - continua Marchionne - ha necessità di avvalersi di infrastrutture adeguate. Mi unisco pertanto a quella che mi risulta essere l’opinione comune per auspicare un veloce superamento dei vincoli che purtroppo ancora persistono».
E qui inizia la parte ancor più profonda in cui Marchionne recupera le sue radici. Un passaggio fortemente voluto, dicono in Fiat, perchè il manager conosce bene il posto e ci crede da morire. «Siamo qui per scrivere un nuovo capitolo nella storia di Sevel. Anche questa terra - che è la mia terra - è una dimostrazione che c’è speranza per quello che ha dimostrato di saper fare, anche e soprattutto nei momenti più duri». Marchionne punta sulla tenacia dell’abruzzese: «Quella caparbia fiducia nel futuro che mio padre mi ha lasciato in eredità è qualcosa di radicato nella gente di qua. Non ho mai visto un abruzzese arrendersi. Non l’ho mai visto aspettare che arrivasse un salvatore da chissà dove a regalargli un domani migliore». Punta sulla capacità di rialzarsi degli abruzzesi e la prende dalla storia: «E’ successo dopo la guerra. Con determinazione hanno trasformato una regione che era allora tra le più povere in una delle più fiorenti del Paese. Ed è successo dopo il terremoto. Avete reagito con forza e grande dignità, prendendo in mano il vostro destino e tornando a costruire il futuro». Finiscono così le diciotto pagine di intervento del manager del Lingotto.
CHIODI E LEGNINI
Poco dopo il governatore Chiodi parlerà di grande soddisfazione: «700 milioni di investimenti nella nostra terra ci dicono che, dopo le linee produttive di De Cecco, in questa regione si può investire e si possono fare progetti». Chiodi ha parlato di 120 milioni pronti per la Fondovalle Sangro (opera ferma da decenni) e un progetto per il completamento. Anche per il sottosegretario Legnini si tratta di una giornata storica: «Un bellissimo momento e anche l’apertura rivolta a Fiom è un bel segnale. Io stesso nell’incontro preliminare al discorso ho invitato Marchionne all’inclusione di Fiom».