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Data: 10/07/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Sorrisi, applausi e commozione «Discorso realista»

ATESSA Ad attendere l'ad Marchionne, “grande capo” Fiat e Chrysler, c'è innanzitutto un pavimento tirato a lucido. È la prima cosa che si nota entrando nel reparto lastratura della Sevel dove è situato il palco che accoglie il discorso che tutti attendono. Due file di operai, composti e sorridenti, tutti volontari, attendono il passaggio delle varie personalità invitate nella giornata che tutti definiranno "storica". Le facce sono tirate, gli sguardi luccicanti. Le donne hanno messo il rossetto, i ragazzi, i più giovani, si guardano intorno emozionati e cercano di intravedere chi c'è dietro i pass blu legati al collo di chi entra e ha il posto a sedere riservato. Per l'arrivo di Marchionne la Sevel si è fermata eccezionalmente per un paio d'ore. Linee spente e macchine a riposo: non era accaduto nemmeno per la morte di Gianni Agnelli. Tutti possono ascoltare ciò che dice il manager italo-canadese. Nelle varie officine sono sistemati i maxi schermi, in modo da consentire anche a chi non è in lastratura di assistere al discorso dell'anno. Marchionne è passato velocemente a salutare tutti, fino al montaggio. Sorrisi e strette di mano, poi, il discorso. Gli applausi sono arrivati a intermittenza, soprattutto quando Marchionne, originario di Chieti, ha fatto riferimento all'orgoglio abruzzese e si è commosso ricordando suo padre e quella «caparbia fiducia nel futuro che mi ha lasciato in eredità». «Gli abruzzesi cadono e si rialzano da soli», dice, «non perdono tempo a lamentarsi, ma fanno, producono, ricostruiscono». È un discorso lucido, crudamente realistico quello dell'amministratore delegato Fiat. La platea della Sevel, come sempre accade con le platee di Marchionne, si divide: qualcuno si emoziona, altri restano delusi. «A che è servito tutto questo “ambaradan”?», fanno spallucce due ragazze a pochi minuti dal termine del discorso, «oggi si saranno spesi migliaia di euro, perché non darli a noi operai?». «Viste dall'interno le cose sono sempre diverse», dice Guido, 48 anni e da 19 in Sevel, «questo annuncio ci fa sperare». Da un lato c'è il domani, il lavoro, il mercato. Dall'altro l'oggi, il mutuo da pagare, la spesa da fare. «Adesso speriamo anche in una contrattazione di secondo livello», dice Antonio D'Alonzo. «La gente» considera un operaio, «chissà cosa si aspettava. Sperava che arrivasse un modello nuovo invece di un robusto restyling, e rassicurazioni fino al 2030». «Ma tempi sono cambiati», considera Roberto Chiavelli, rsa Ugl e amministratore nel comune di Paglieta, «bisogna adeguarsi alle nuove esigenze e gestire il cambiamento in modo positivo. Quello che ha detto oggi Marchionne è una cosa molto positiva». C'è chi sperava in qualcosa di più: il nuovo Ducato non è stato annunciato, si parla solo di restyling. «Ma ci sono gli investimenti» interviene Giovanni Zinni, rsa Fim-Cisl, «che sono il preludio per il nuovo furgone: non si passa mai dal vecchio al nuovo in modo così immediato. Il discorso è stato realista, oggi ci sono le basi perchè la Sevel in futuro resti ancora qui». Per alcuni è stata dato troppo spazio alla Fiom: «Loro non hanno firmato il contratto», critica un dipendente, «ma si parla sempre di Fiom». «Ci fa piacere l'apertura con Landini», giudica invece Emilio Caravaggio, rsa Fiom e da 25 anni in Sevel , «ma il clima è pesante, c'è troppa pressione e non percepiamo più la fabbrica come nostra. Speriamo che ora si allenti un po' la tensione. Certo se Marchionne avesse invitato anche la Fiom sarebbe stato un gesto di distensione. Noi siamo la fabbrica dei record, lo siamo sempre stati, ma la Fiat non ci ha mai dato riconoscimenti economici, questa deve essere la volta buona». Lontano dal palco, fuori dai cancelli della Sevel, ci sono le bandiere dell'Usb (ex Cobas) e della Fiom. Gli operai gridano al rispetto dei diritti, le pesanti condizioni di lavoro in fabbrica, i ritmi insostenibili. E' l'altra faccia di questa giornata storica.

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