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Data: 11/07/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Mediaset, il Pdl ferma le Camere il sì spacca il Pd. Rissa M5S in aula

Tensione dopo l’accelerazione della Cassazione. Il centrodestra diserta pure la cabina di regia. Epifani: la corda può spezzarsi. I 5Stelle: noi aggrediti

ROMA La tempesta perfetta si materializza mentre alla Camera si discute il decreto Ilva e al Senato il ddl sulle riforme istituzionali. All’indomani della decisione della Consulta di accelerare al 30 luglio l’udienza sulla vicenda Mediaset che vede imputato Silvio Berlusconi, con una condanna confermata in appello a 4 anni per frode fiscale, e interdizione di 5 anni dei pubblici uffici come pena accessoria, il Pdl è pronto a dare battaglia. I capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Schifani chiedono a gran voce l’immediata sospensione di tutti i lavori per almeno tre giorni per una sorta di Aventino di riflessione. Il panico si diffonde immediato. All’inizio, i capigruppo del Pd, Speranza e Zanda, rispondono picche. Poi, però, all’interno delle rispettive conferenze dei capigruppo di palazzo Montecitorio e Madama, si fa largo la mediazione.
LA MEDIAZIONE

Il Pd – consapevole che è a rischio la stessa tenuta dell’esecutivo – abbozza una mediazione. Le pretese del Pdl scendono da tre giorni di sospensione a due e, infine, a uno solo. Scelta civica appoggia la richiesta («non c’è nessun Aventino», dirà il presidente dell’Udc Casini, «solo una pausa di riflessione del Pdl»), M5S, Sel e Lega si oppongono, il Pd abbozza. La parola passa all’aula ed è qui che scoppia la bagarre, soprattutto ad opera dei grillini. Al Senato si tolgono tutti giacca e cravatta (obbligatorie, di norma) e prima restano in maniche di camicia in aula, per poi uscirne indignati. Ma è alla Camera che ai grillini scappa la mano. Il Pdl chiede, per il Pd parla Ettore Rosato e acconsente a una sospensione di «poche ore». Apriti cielo. Dai banchi degli M5S partono cori di insulti al grido di «buffoni, servi, schiavi». La Camera vota e approva, con 171 voti di differenza, la richiesta del Pdl appoggiata dal Pd. Tutto, in teoria, dovrebbe fermarsi: resta in piedi solo il question time cui parteciperà, nel primo pomeriggio, lo stesso Letta, ma i grillini a fine seduta schizzano via dai banchi e si dirigono verso quelli dei democrat a suon di insulti e urla. Un paio di deputati, Piero Martino e Nico Stumpo, perdono la pazienza e rispondono a tono: il primo strattona un grillino, bloccato dai commessi, e denuncia gli insulti ricevuti. I grillini escono dall’aula indignati e si riversano in piazza Montecitorio per un sit-in di protesta. Dentro, però, la situazione non si calma.
La tensione stavolta scoppia nel Pd. Il capogruppo democrat, Speranza, difende la scelta fatta, ma il dissenso esplode e si estende a macchia d’olio.
ASTENSIONI A SINISTRA

I renziani sono sul piede di guerra e stilano un comunicato di fuoco: «La gestione del voto è stata incomprensibile, nessuno è stato informato. E’ urgente una riunione del gruppo per capire le responsabilità», scrive un gruppo di deputati di prima fila tra i renziani (Anzaldi, Carbone, Scalfarotto,) mentre Luca Lotti sbotta: «Scelta assurda. Il nostro popolo non ci capisce». Pippo Civati, Rosy Bindi e altri annunciano di essersi astenuti. Matteo Orfini, capofila dei Giovani turchi, critica invece proprio i renziani: «In chi ha scelto di astenersi c’è molto opportunismo». Il numero di deputati Pd che annuncia di esser uscito dall’aula per non votare la sospensiva richiesta aumenta di ora in ora come il numero di mail, twitt e post sui social network che attaccano il Pd. Anche per questo è costretto a intervenire il segretario Epifani: avverte il Pdl di «non tirare la corda ché potrebbe spezzarsi» e chiede di tenere separata «la vicenda giudiziaria di Berlusconi dall’azione di governo».
Disertata l’aula, nel Pdl si diffonde da un lato la paura che tutto stavolta salti sul serio (Prestigiacomo avrebbe detto: «E’ tutto finito»), dall’altro la voglia di reagire, con manifestazioni e sit-in di protesta da qui al 30 luglio oppure blande rassicurazioni («il governo non è a rischio» dice il ministro Lupi). Una sola la richiesta e accorata: «Letta parli e difenda il ruolo di Berlusconi», dice il senatore Lucio Malan.

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