Lo sfogo di Del Turco: «Amareggiato ma pronto a lottare per la mia innocenza gli abruzzesi sapranno che sono onesto». La rabbia degli amici di Collelongo
COLLELONGO «Sono innocente come Enzo Tortora». La notizia della condanna a Ottaviano Del Turco è stata appena comunicata dal suo legale, Giandomenico Caiazza, che alle 15,50 lo raggiungerà nella sua casa a Collelongo. È stato un duro colpo per l’ex governatore, ma in qualche modo se l’aspettava: «Ho perso le speranze», confida, «quando il pm ha chiesto la condanna a 12 anni». Si abbandona sulla poltrona del salotto e ci indica uno dei tanti quadri appesi alla pareti: è di Guccione e ritrae delle mele. È stato un regalo dell’artista alla madre di Ottaviano, Marianna, come un segno «dell’ospitalità abruzzese». «Ad Angelini», ricorda Del Turco, «la sera del 2 novembre 2007, quando è venuto a trovarmi, quel quadro è rimasto impresso: l’idea delle mele, ne sono convinto, gli è nata proprio allora». Il telefonino è impazzito. Lo chiamano da tutta Italia per dimostrargli la propria solidarietà e per dirgli di tenere duro. Ed è esattamente quello che Del Turco intende fare. «Tramite il mio legale, che sta per raggiungermi», annuncia, «impugnerò la sentenza e lotterò, come fece Tortora, per dimostrare la mia innocenza». La figura che ne emerge è quella di un uomo caparbio, tenace. Ha combattuto per tutta vita per farsi strada. Da ragazzo contro la povertà più nera. La sua famiglia, padre, madre e 7 fratelli, è vissuta fino agli anni ’40 in una baracca costruita dopo il terremoto del 1915. Da adulto, accanto a Luciano Lama e altri dirigenti sindacali, per l’affermazione dei diritti dei più deboli. Da dirigente socialista, contro avversari agguerriti, sottolineando che «è stato, è e sarà sempre socialista». Da goverantore dell’Abruzzo, «per rimettere a posto i conti della Regione». Ora intende impegnare le forze che gli rimangano per dimostrare che è stato condannato «ingiustamente», che è una persona onesta, e che suoi concittadini possano continuare a essere fieri di lui. La cosa che, in questo calvario, che dura da 5 anni, lo amareggia di più, confida, è stata la «scomparsa di amici, anche del mio partito, che vedevo e sentivo tutti i giorni. Persone semplici, incontrate per strada, invece, mi abbracciavano. La persona, comunque, che in tutto questo tempo ho sentito più vicina è stato Franco Marini, che, telefonandomi, mi ha detto: “Sono 5 anni di castelli in aria”». Collelongo, dove Del Turco risiede, non riesce a darsi pace. «Dove sono andati a finire i soldi che Ottaviano, secondo l’accusa, si sarebbe messi in tasca?», si chiede Gilberto Carusi, mentre, insieme ad altri amici che annuiscono, davanti al bar Franceschini, in piazza Municipio, commenta la sentenza, «per mandare in galera una persona, ci vogliono i riscontri. È stata una sentenza ingiusta. Ne siamo tutti sconvolti». Giuseppe Sansone, 66 anni, se ne sta seduto sulla soglia della porta di casa. Ha gli occhi arrossati di pianto: «Sono sinceramente dispiaciuto. In Italia la giustizia non funziona. Per condannare una persona ci vogliono prove e non basarsi su testimonianze che non hanno riscontro. È difficile poter concepire che una persona di colpo diventi un ladro». «Se avesse preso tutti quei milioni», gli fa eco Giuseppe Ranalli, 74 anni, «le condizioni economiche di Del Turco sarebbero cambiate dalla notte al giorno. Invece, conduce, come sempre, una vita semplice. E per spostarsi usa una Panda». Non ha dubbi sull’innocenza di Del Turco, Angelo Salucci, sindaco di Collelongo per la quarta volta e amico dell’ex governatore: «Spero», dice Salucci, «che in appello la sentenza venga ribaltata e che a Ottaviano venga resa finalmente giustizia».
E la politica si divide sul lavoro dei magistrati
Bondi e Capezzone: nessun elemento a carico della tesi accusatoria Storace: evitiamo schiamazzi. I Radicali: Del Turco firmi i nostri referendum
L’amico cazzola Sono allibito Le istituzioni del mio paese massacrano uno dei migliori di noi. Costantini preoccupato Fino a quando il futuro del centrosinistra sarà legato ai processi penali?
Il segretario Pd Paolucci Vicino umanamente alle persone coinvolte. Non ci saranno esiti politici
PESCARA Il primo commento è dell’amico di sempre, Giuliano Cazzola, ex sindacalista, ex deputato del Pdl passato con Scelta civica dopo la sfiducia del suo partito al governo Monti. «Non riesco a farmi una ragione della sentenza di condanna di Ottaviano Del Turco. Prima ancora che di sconforto e amarezza provo un sentimento di assoluta incredulità». Cazzola si descrive «più che addolorato, allibito». «Da cinque anni le istituzioni del mio Paese massacrano uno dei suoi migliori cittadini. Ma come ho fatto a partire dal 14 luglio del 2008, continuerò ad essergli solidale e vicino fino al momento della verità». Non è sulla stessa lunghezza d’onda il presidente della Destra Francesco Storace: «È evidente che una condanna a quasi dieci anni di galera fa impressione. Per la magistratura Del Turco è un ladro, prendeva mazzette per la sanità, si è beccato in primo grado nove anni e sei mesi». Storace però invita a evitare «schiamazzi» o tentativi di far passare per «santi» i condannati. «Colpisce» afferma «la reazione di un altro suo coimputato, l'onorevole Sabatino Aracu, del Pdl, che pure doveva essere avversario di un governatore di centrosinistra. Dopo aver appreso di essere stato condannato anche lui a quattro anni, Aracu ha sentenziato a modo suo con un “viva Berlusconi” di pessimo gusto. Colpisce perché si vuol far credere che tutti siano perseguitati. Ora, se su Berlusconi non c'è dubbio che pare evidente una forma di accanimento, è più difficile sostenere la tesi di un complotto anche nella sanità abruzzese». Di tutt’altro avviso è Sandro Bondi, coordinatore del Pdl «Non conosco le carte del processo, ma per quello che conosco della storia di Del Turco, segretario generale della Cgil prima ancora che governatore dell'Abruzzo, temo fortemente che siamo di fronte ad un altro clamoroso caso di errore giudiziario. Del Turco» aggiunge Bondi «è una figura importante del sindacalismo italiano e non posso credere, anche per quello che di lui mi raccontava un altro leggendario esponente della Cgil come Fernando Montagnani, alle accuse che gli sono state rivolte». Il capogruppo del Psi a Montecitorio Marco Di Lello trova «davvero difficile» comprendere la condanna. «Come cittadino, come socialista e come parlamentare», dice Di Lello, «sono stato educato ad avere fiducia e ad aspettare con fiducia un appello che sicuramente cancellerà il macigno di questa sentenza imposta ad un uomo di cui ho sempre apprezzato, tra le sue molte qualità, l'onestà e la dirittura morale». Daniele Capezzone, portavoce Pdl e presidente della commissione Finanze della Camera, resta convinto dell'innocenza di Del Turco, al quale esprime «vicinanza e amicizia». Poi aggiunge: «A me pare che proprio dallo svolgimento di questo primo grado di giudizio, siano emersi ulteriori elementi a supporto di Del Turco, e nessun concreto elemento a carico della tesi accusatoria». Sulla stessa linea è il senatore Pdl Luigi Compagna: «La sentenza Del Turco suscita tra le persone perbene orrore e disgusto. Entrambi vanno riferiti a chi la ha emessa, non certo a chi l’ha subita. La sensazione è che certa magistratura si sia degradata a casta impazzita che randella alla cieca». Per Paolo Ferrero, leader Rifondazione: «La sentenza è l'ennesima riprova che l'intreccio affaristico tra politica e privati è la principale causa dei mali della sanità italiana. Viene confermata la battaglia condotta da Rifondazione comunista in Abruzzo che, come ricordato dai pm anche durante la requisitoria, per anni con interrogazioni, esposti alle Procure e una continua attività di analisi e informazione ha denunciato il perverso rapporto tra Angelini e la politica». Commenta il segretario regionale del Pd Silvio Paolucci: «Prendiamo atto di questo primo grado di giudizio e restiamo in attesa della verifica definitiva, convinti che ciascuna delle figure in campo farà valere le proprie ragioni in attesa della verità giudiziaria.Umanamente» sottolinea Paolucci «sono vicino alle persone che ho conosciuto in questi anni e che hanno conosciuto il peso di un processo e oggi la gravità della pena comminata, ferma restando l’innocenza fino all’eventuale e definitivo grado di giudizio. La politica, invece, si deve occupare delle regole, per rendere sollecito l'accertamento della verità e bilanciati gli strumenti delle parti in campo, più di quanto lo sia attualmente. Quanto alle conseguenze politiche non ne rilevo. Gli effetti, anche elettorali, si dispiegarono con tutta evidenza con i provvedimenti cautelari di 5 anni fa e lo stesso lavoro della segreteria regionale in questi anni è stata diretta conseguenza di quei provvedimenti. Resto invece dell’idea che al di la delle verità processuali, le azioni di risanamento dei conti della sanità furono avviate in quella legislatura». Per il consigliere regionale Carlo Costantini (Movimento 139) «le sentenze si rispettano, sia quando assolvono, che quando condannano». «Sul piano politico però mi fa tremendamente soffrire l'idea che il futuro del centrosinistra in Abruzzo debba continuare ad essere legato chissà per quanti anni ancora agli esiti di processi penali». Una parola di amicizia e di vicinanza a Del Turco arriva dai Radicali. «Ora più che mai esprimo - a titolo personale - piena solidarietà politica e vicinanza umana ad Ottaviano Del Turco per l'incredibile epilogo del processo sulla Sanitopoli abruzzese», dice Alessio Di Carlo, della segreteria di Radicali Abruzzo. «Nonostante dal processo non sia emersa alcuna risultanza a sostegno delle tesi degli inquirenti, evidentemente il Tribunale pescarese non se l'è sentita di certificare la bancarotta della Procura del capoluogo adriatico che sarebbe stata inevitabile qualora, alla assoluzione dell'ex sindaco di Pescara di pochi mesi fa (si parla di Luciano D’Alfonso, ndr.), si fosse aggiunta anche quella di Ottaviano Del Turco». L'esponente radicale conclude invitando Del Turco a «firmare i referendum per la Giustizia Giusta presso i tavoli che allestiremo nei prossimi giorni, proprio all'interno del Tribunale di Pescara». Nelle scorse settimane in una lunga intervista a Del Turco anche il leader dei radicali Marco Pannella aveva espresso sostegno nei confronti dell’ex governatore. Per il coordinatore abruzzese dell’italia dei Valori Alfonso Mascitelli, «le sentenze si rispettano e non hanno bisogno di essere commentate, ma se dobbiamo guardare al futuro, purtroppo, la colpa politica di chi ha responsabilità decisionali è che a distanza di 5 anni è cambiato poco o nulla nella sostanza delle condizioni in cui si opera». Per Mascitelli «l’ambiente amicale, clientelare, omissivo e a volte collusivo nella gestione della sanità, che si dimostra un terreno fertile per le derive penali, non solo non è stato smantellato ma tutto quanto è successo in Abruzzo, per mancanza di controlli veri e di trasparenza effettiva, potrebbe di nuovo verificarsi». Ricorda la sua posizione di “accusatore” Enrico Paolini (Pd), che divenne governatore ad interim della regione dopo l’arresto di Del Turco e condusse la Regione al voto anticipato del dicembre 2008. «Ho sempre detto che avevo fiducia nell’azione della Procura pescarese guidata da Trifuoggi. Pur rispettando le situazioni personali, avevo capito che c'erano cose che non andavano. Ho rilevato una certa spregiudicatezza in certi comportamenti e poi da buon garantista ho lasciato alla magistratura di dimostrare certi fatti». Duro il commento di Daniele Toto, ex deputato Pdl e oggi coordinatore regionale Fli: «La presunzione di innocenza fino al passaggio in giudicato di una sentenza di condanna è un valore fondamentale di civiltà giuridica. Ciò nondimeno, la condanna inflitta a Del Turco, se non ne fanno ancora un colpevole, è pur vero che pone fine, in qualche modo, a fideistiche, pregiudiziali e partigiane assoluzioni che in questi ultimi anni hanno accompagnato inchiesta e processo con I'intervento di qualificati personaggi di caratura nazionale a sostegno di Del Turco e contro la magistratura pescarese».