ROMA La Corte Costituzionale mette nero su bianco le motivazioni della decisione grazie alla quale la Fiom rientrerà in fabbrica, e dalla Fiat si leva un immediato ”warning”: valuteremo gli effetti della sentenza, ci riserviamo di modificare le strategie industriali in Italia e - fanno sapere dal Lingotto. E non escludiamo, dice Sergio Marchionne, l’ipotesi di trasferire la sede legale del gruppo in Olanda, dopo la fusione con Chrysler. Pesano, e non poco, le 21 pagine della sentenza della Consulta il cui dispositivo era stato già anticipato nei giorni scorsi. Per i giudici dell’Alta Corte è da ritenersi un «vulnus» ai «valori del pluralismo e libertà di azione della organizzazione sindacale» l’esclusione dalla rappresentanza in fabbrica delle sigle sindacali che, pur avendo partecipato alla negoziazione, non hanno firmato il contratto applicato in azienda.
REAZIONI
Dalle motivazioni scritte dal giudice Mario Rosario Morelli si comprende il perchè la Corte, nel bocciare l’art. 19 comma 1 dello Statuto dei lavoratori, abbia accolto le ragioni della Fiom. «Ora l’azienda ci convochi e il governo sia garante della piena applicazione della sentenza», è stata l’immediata richiesta del sindacato di Landini. Ma la casa automobilistica di Marchionne ha subito messo in chiaro che «si riserva di valutare se e in che misura il nuovo criterio di rappresentatività, nell'interpretazione che ne daranno i giudici di merito, potrà modificare l'attuale assetto delle proprie relazioni sindacali e, in prospettiva, le sue strategie industriali in Italia». Non solo: per la Fiat è «necessario che, come anche la Corte suggerisce, il legislatore affronti rapidamente il generale problema della rappresentanza sindacale garantendo la certezza del diritto».
MOTIVAZIONI
La Corte ha preso le mosse dall’«attuale mutato scenario delle relazioni sindacali e delle strategie impenditoriali» per arrivare a bocciare quella parte dell’art. 19 dello Statuto che limita la Rappresentanze sindacali aziendali (Rsa), consentendone la formazione solo alle sigle firmatarie dei contratti collettivi applicati in azienda. Un limite, questo, in contrasto con i tre articoli della Carta che tutelano i diritti inviolabili dell'uomo come singolo e nelle formazioni sociali (art.2), l'uguaglianza dei cittadini (art. 3), la libertà di organizzazione sindacale (art.39). Quando il criterio della sottoscrizione dell'accordo applicato in azienda - spiegano i giudici costituzionale - «viene meno alla sua funzione di selezione dei soggetti in ragione della loro rappresentatività» e «si trasforma invece in meccanismo di esclusione di un soggetto maggiormente rappresentativo o comunque significativamente rappresentativo», allora quel criterio entra «inevitabilmente in collisione con i precetti della Costituzione».
LA PRESSIONE
Adesso il rischio concreto è che la Fiat acceleri il disimpegno. Del resto l'amministratore delegato del Lingotto lo aveva già detto in altre occasioni. Senza un quadro certo, è difficile continuare ad investire in Italia. Da qui l’ipotesi di un trasferimento della sede legale in Olanda. Una possibilità più che concreta che potrebbe essere seguita anche per il gruppo dopo la fusione con Chrysler.
Per Cesare Damiano del Pd dopo il deposito della sentenza della Consulta sull'articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori nasce l’esigenza di risolvere definitivamente la situazione della rappresentanza e della rappresentatività sindacale negli stabilimenti Fiat attraverso una modifica legislativa allo stesso articolo che riconsegni alle organizzazioni sindacali nazionalmente rappresentative la possibilità di nominare o eleggere propri delegati nei luoghi di lavoro. In sostanza, si tratta di ripristinare l'articolo 19 come era nella sua formula originale, prima del referendum del 1995.