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Data: 25/07/2013
Testata giornalistica: Il Tempo
L’Atac non è ancora fallita. Ma servono subito 300 milioni Marino punta alla holding. Ok agli indirizzi per i Cda di enti e società

Servono fra i 200 e i 300 milioni di euro «sull’unghia», in poche settimane. E dovranno arrivare tutti dal governo Letta, perché il bilancio appena approvato dal governatore Nicola Zingaretti stanzia zero euro per il trasporto pubblico locale della città di Roma. È iniziata la corsa contro il tempo da parte dell’amministrazione capitolina per salvare Atac, società «ancora non tecnicamente fallita», come ha spiegato ieri l’assessore alla Mobilità, Guido Improta, ma per la quale «i dati contabili danno ancora qualche mese per intervenire».

Una situazione talmente grave che nessuna riorganizzazione o dimagrimento, comunque necessari, riuscirà ad evitare il ricorso ai fondi nazionali. È per questo che Improta, con pieno mandato del sindaco Ignazio Marino, ha già avviato una serie di incontro con il ministro ai Trasporti, Maurizio Lupi, per capire come recuperare le cifre necessarie alla sopravvivenza dell’azienda. Dall’assessorato fanno sapere che nelle prossime settimane ci dovrebbero essere delle novità «positive» in questione, tenendo conto che il ministero ha problemi simili anche con altre città e Regioni: l’esempio più recente è lo stanziamento in giugno in favore del comparto del trasporto pubblico in Campania di circa 700 milioni di euro.

Recuperati i fondi, Improta dovrà però preoccuparsi di ricucire il buco nero che porta Atac a bruciare circa 200 milioni di euro l’anno, senza che il servizio ne giovi. Anzi. «Ci troviamo – afferma Improta - davanti ad un’azienda che non è più in grado di sviluppare quella produzione necessaria a rendere un servizio efficace ed efficiente». La soluzione è far rientrare il servizio nell’Agenzia unica regionale dei trasporti: «La Regione – spiega - deve assumere una responsabilità di pianificazione a livello di area vasta».

Assegnati i «compiti» per Atac, ora Marino e i suoi si stanno occupando dei Cda delle altre municipalizzate. Ieri in giunta sono stati approvati i nuovi indirizzi per le nomine in società, enti e istituzioni. I criteri parlano di incompatibilità per chi ha ricoperto la carica di sindaco, assessore o parlamentare; divieto di cumulo di incarichi in più enti comunalei; obbligo di pubblicazione online dei curricula e degli stipendi dei vari manager e la possibilità di revocare gli amministratori che non raggiungono gli obiettivi fissati. «Si tratta di 15 articoli – ha spiegato il sindaco Marino - che faranno uscire Roma da un’epoca grigia e dalla discrezionalità per nomine di cariche cosi importanti. Gli obiettivi dell’azienda saranno stabiliti da giunta e Assemblea».

Tutto ciò, tenendo conto che l’obiettivo a medio termine del sindaco è quello di arrivare alla holding comunale unica, processo che prevede anche la liberalizzazione dei mercati oggi soggetti a monopolio. Un progetto che ha fatto storcere il naso ai partiti di maggioranza e, soprattutto, ha fatto infuriare i sindacati. Ieri il segretario regionale della Cgil, Claudio Di Berardino, ha attaccato duramente il primo cittadino: «Non vogliamo passaporti che facilitino la privatizzazione e la liberalizzazione delle società municipalizzate - ha commentato - Ci saremmo aspettati una discontinuità rispetto alla precedente amministrazione comunale. holding e privatizzazioni, anche parziali, delle società municipalizzate non sono temi di cui abbiamo sentito parlare in campagna elettorale».

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