ROMA Davanti a una platea di rappresentanti delle associazioni territoriali e delle federazioni di Confcommercio Stefano Fassina, viceministro dell’Economia, ala sinistra della politica economica piddina, ieri ha sorpreso tutti con una dichiarazione: «Esiste un’evasione fiscale di sopravvivenza». E poi ha spiegato: «Senza voler strizzare l’occhio a nessuno, senza ambiguità nel contrastare l’evasione ci sono ragioni profonde e strutturali che spingono molti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno». Parole che puntavano – anche per fatto di ospitalità ricevuta – a rinsaldare il dialogo con un mondo, quello del commercio, molto colpito dalla crisi e ipersensibile alla questione fiscale, ma che hanno aperto immediatamente il confronto nel Partito democratico. E hanno anche suscitato reazioni negli altri partiti della maggioranza.
DEMOCRAT DIVISI
Dal Pd, Matteo Colaninno, ha attaccato Fassina, ricordando che le troppe tasse sono il risultato dell’evasione e ha parlato di «lealtà fiscale». Lo stesso presidente del Consiglio Enrico Letta ha corretto implicitamente la linea Fassina, sostenendo che l’obiettivo è combattere il nero con politiche di contrasto sanzionatorio e di contrasto d’interessi. Da sinistra la reazione più dura è arrivata dal capo della Cgil, Susanna Camusso: «Questa non si può definire solo una battuta infelice, ma è un drammatico errore politico». In serata Epifani ha cercato di spegnere l’incendio, spiegando che l’evasione va combattuta e che Fassino è stato equivocato. Da Scelta Civica, Linda Lanzillotta dice: «Se Fassina la pensa come Berlusconi sull’evasione siamo all’allarme rosso. Intanto potrebbe concentrarsi su come semplificare la vita ai contribuenti e opporsi all’ultimo strumento di oppressione burocratica, il Durt», il documento unico di regolarità tributaria che sarà un adempimento gravoso soprattutto per le piccole imprese.
LA SFIDA DI BRUNETTA
Ovviamente, le frasi del viceministro sono state accolte con una certa allegria dal centrodestra. L’assonanza berlusconiana troppo ghiotta. Renato Brunetta gli ha dato il benvenuto nel Popolo delle Libertà, mentre il capogruppo leghista al senato Massimo Bitonci si è detto pronto a spedirgli una tessera onoraria della Lega. Più tardi Fassina – intervistato al telefono – ha spiegato che non c’è nessun berlusconismo occulto, nessuna strizzatina d’occhio agli evasori, ma che gli evasori non sono tutti vip, o ideologi antistatalisti. Ha aggiunto che non bisogna essere ipocriti sul tema del rapporto tra pressione ed evasione fiscale e che queste tesi le ha espresse in passato in un libro e in due articoli pubblicati da L’Unità. Ma non c’è dubbio che il tema delle tasse, della “lealtà fiscale”, è una questione apertissima a sinistra e difficilmente ricomponibile, sin dalle tasse bellissime di Tommaso Padoa-Schioppa. Ieri mentre c’era chi si affacendava sul caso Fassina a caccia di precedenti, è rispuntato il ricordo di una dichiarazione di Vincenzo Visco – considerato il più efficiente capo delle finanze degli ultimi anni, Dracula – quasi anticipatrice di quella del suo successore Stefano. Visco aveva riconosciuto che può capitare che ci siano alcuni poveri Cristi in difficoltà a pagare le tasse. Al telefono spiega: «Dissi quanto segue: che certe volte le imprese ritardano le scadenze con il fisco e non versano quello che dovrebbero, perché si trovano in difficoltà. Ma l’evasione è un’altra cosa. È evasione». Però la pressione fiscale è alta anche con gli elettori di centrosinistra. Non è questa l’origine del costante imbarazzo del Pd sul tema fiscale? «Non credo che il fisco sia un tema divisivo, il popolo del Pd è sempre stato dalla mia parte. Anche i renziani, cioè la destra del partito, sono anti-evasione. E l’episodio di ieri è stato un semplice infortunio».