ROMA Tutto finito. La carriera politica di Silvio Berlusconi potrebbe essere definitivamente compromessa dalla legge elaborata dall'ex ministro della Giustizia, Paola Severino sull'anticorruzione datata dicembre 2012 con le norme che regolano l'incandidabilità dei condannati. Le chiamarono regole per le «liste pulite», all'indomani degli scandali della Regione Lazio, un provvedimento che, ironia della sorte, portava la firma del precedente Guardasigilli, Angelino Alfano. Oggi il seggio al Senato è già a rischio. Senza attendere il nuovo calcolo dell'interdizione dai pubblici uffici, con la comunicazione della condanna esecutiva, già recapitata ieri alla Presidenza del Senato dagli uffici giudiziari di Milano, quelle norme parlano chiaro. Secondo l'articolo 3 «non possono ricoprire la carica di deputato o senatore coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione». Dopo le prime incertezze sembrano diradati anche i dubbi sull'interpretazione: in questo caso si considera la condanna a 4 anni e non la pena ridotta dall'indulto a un anno e dunque è subito applicabile. Per la stessa legge, nel caso in cui la condanna definitiva arrivi durante il mandato elettivo, la camera di appartenenza dovrà «decidere immediatamente» sulla mancata convalida di elezione. E' proprio questo il caso in questione, con la Giunta per le immunità e le elezioni di palazzo Madama, già convocata per mercoledì prossimo e che sta esaminando le controversie sulle elezioni politiche del 25 febbraio scorso. La procedura che stabilisce la decadenza potrebbe però essere più lunga del previsto perché, come spiega il presidente della giunta Dario Stefano, di Sinistra e Libertà, dopo l'istruttoria, la Giunta dovrebbe convocare una seduta pubblica per dare la possibilità alla difesa di dire la sua. Possibile presentare anche memorie e controdeduzioni entro 5 giorni. Poi i commissari si riuniscono in una vera e propria camera di consiglio per decidere entro 48 ore sulla decadenza del parlamentare. Il verdetto finale però dovrà passare per l'esame dell'aula alla quale sarà sottoposta la decisione. Se l'organismo ristretto è a maggioranza schiacciante Pd, SeL e 5 Stelle, a favore della decadenza, non altrettanto è l'aula plenaria che potrebbe votare anche col voto segreto su richiesta di 20 senatori. E tutto ciò potrebbe avvenire nel giro di qualche mese. Insomma se qualcuno considera il passaggio parlamentare un automatismo o una formalità, sbaglia perché comunque se il Cavaliere dovesse resistere nella difesa dello scranno del Senato, i tempi potrebbero allungarsi, sfociando anche in un conflitto di attribuzione con il coinvolgimento della Corte Costituzionale. Ma la legge Severino riserva a Silvio Berlusconi colpito da una sentenza definitiva, effetti ancora più duri. Secondo l'articolo 13 è incandidabile per una durata doppia della pena accessoria e nel caso in cui questa non sia stata disposta, comunque non inferiore ai 6 anni. Non candidabile e neppure idoneo a ricoprire alcun incarico di governo. Norme molto rigorose alle quali tuttavia non era stata dedicata alcuna rilevanza al momento della loro approvazione. In tanti, proprio sugli aspetti cruciali dell'incandidabilità e ineleggibilità, le avevano giudicate blande e inefficaci per impedire l'ingresso in Parlamento dei condannati. A ricordare quei giorni e le polemiche da parte degli scontenti, ieri è stato l'ex premier Mario Monti che ha rammentato quello che accadde proprio il giorno dopo l'approvazione del decreto legislativo da parte del Governo che recepiva la delega del Parlamento, il 7 dicembre del 2012: in quell'occasione «il segretario del Pdl Angelino Alfano comunicò nell'aula di Montecitorio il ritiro della fiducia al governo». E in quei giorni il Popolo della libertà e il suo leader Silvio Berlusconi non si aspettavano certo che otto mesi dopo quella legge fosse destinata a decapitare il centrodestra e condizionare così tanto il suo futuro politico.