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Data: 03/08/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Ultimatum del Pdl «Grazia o sarà crisi»

ROMA Se il presidente della Repubblica non concederà la grazia a Silvio Berlusconi, il governo delle larghe intese cadrà perché i deputati e i senatori del Pdl si dimetteranno in massa. Il doppio aut aut per Enrico Letta e Giorgio Napolitano parte da Montecitorio, dove il Cavaliere ha riunito deputati e senatori per decidere cosa fare dopo il verdetto della Cassazione che ha reso definitiva la condanna a 4 anni di reclusione. Berlusconi, che viene accolto da una standing ovation, fa capire subito che su palazzo Chigi si stanno addensando nuvoloni minacciosi. «Non possiamo sottrarci al dovere di una vera riforma della giustizia per questo siamo pronti alle elezioni...». Parole che non promettono nulla di buono e che fanno capire chiaramente che il governo ormai si trova su un piano inclinato se non addirittura su una strada senza ritorno. «Dovremmo chiedere al più presto le elezioni per vincerle» affonda il Cavaliere, che si dichiara innocente, sfoga la sua rabbia contro una sentenza «basata sul nulla», frutto di un «teorema messo ad arte» solo per «eliminarlo dalla scena politica» e poi fa capire che Letta potrebbe avere i giorni o i mesi contati. «Non credo che dovremmo andare verso soluzioni immediate, ma dobbiamo riflettere. Dobbiamo trovare la migliore soluzione per arrivare alle elezioni. Lascio ai ministri e a voi, deputati e senatori, la decisione». Qualcuno in sala grida «No Silvio, tocca a te», poi tanti applausi e la parola passa ad Angelino Alfano, che si dice pronto a rispettare fino in fondo il volere del capòo. «Se c’è da difendere i nostri ideali e la storia di tutti noi, e la storia del presidente coincide con la nostra, siamo pronti alle dimissioni a partire dai ministri del governo». Dimissioni di massa? «Sì, siamo tutti pronti a dimetterci» risponde la pattuglia del Pdl al governo. Ma all’stremo sacrificio sono pronti anche tutti i deputati e tutti i senatori che hanno consegnato a Renato Brunetta e Renato Schifani le loro dimissioni da consegnare al più presto (forse già domani) al presidente della Repubblica. «Ci muoveremo perché ti possa essere restituita nel rispetto della Costituzione quella libertà che ti spetta per la tua storia così da ottenere da Napolitano il ripristino dello stato di democrazia che questa sentenza ha alterato» annuncia con tono solenne il capogruppo dei senatori Pdl, Schifani. Poi, la parola passa al capogruppo dei deputati e “falco” della prima ora, Renato Brunetta. E i toni si fanno minacciosi: «Se alla nostra richiesta di grazia non ci fosse una risposta positiva, tutti sappiamo quello che occorre fare: difenderemo la democrazia nel nostro Paese...». Silvio Berlusconi, insomma, non si dà per vinto e getta sul piatto più di una carta. La controffensiva parte dalla richiesta di mettere mano una volta per tutte alla riforma della giustizia, sapendo che gli obiettivi del Cavaliere non sono quelli del Pd. Ma il Pdl coglie al volo l’assist offerto due giorni fa dal Colle, che ha definito «maturi» i tempi per la riforma, e adesso vuole vedere come risponderà Epifani e, soprattutto Letta. Quel che è certo è che il percorso ideato da Berlusconi per provare a tornare in gioco passa ancora una volta per il Quirinale. Brunetta e Schifani chiederanno a Napolitano un atto di clemenza. Ma lo faranno con in tasca le dimissioni di tutti parlamentari del Pdl. Un fatto è certo: il Pdl non assisterà senza combattere alla condanna del suo leader. Anche perché non ce n’è un altro a portata di mano e la candidatura di Marina Berlusconi non convincerebbe fino in fondo neppure papà Silvio. Il Quirinale accoglierà la richiesta di grazia? Al Colle si limitano a rispondere che «è la legge a stabilire quali sono i soggetti titolati a presentare domanda di grazia». Il governo resisterà alla forza d’urto di un Pdl che non può più avere il suo leader in Parlamento, invoca la grazia e fa capire che se non arriverà, farà di tutto per andare al voto? Difficile prevederlo ma è certo che da oggi per Enrico Letta sarà tutto più difficile.

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