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Data: 03/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Stipendi, torna il tetto per i manager pubblici. Verso l’addio al Durt

ROMA Sommerso da quasi mille emendamenti, al Senato il decreto del Fare lotta contro il tempo per arrivare alla definitiva approvazione. Dovrà comunque tornare alla Camera: il governo ha presentato ieri una modifica che ripristina il tetto di 300.000 euro per gli stipendi dei manager di società pubbliche non quotate, correggendo il testo approvato a Montecitorio. Nella montagna di correzioni presentate dai partiti e che si sono ridotte a circa 200 ammissibili, tutto il lavoro di governo e relatori di ieri è stato rivolto a scremare ulteriormente il numero per arrivare a non più di 20-25 modifiche, soglia già non facile da conciliare con la necessità di stringere i tempi per rispettare l’appuntamento di lunedì con l’aula e chiudere definitivamente la partita entro il 9 agosto, ultimo giorno prima la chiusura estiva del Parlamento.
SEDUTA FIUME

Tra gli emendamenti destinati a sopravvivere c’è anche quello sul Durt (Documento unico di regolarità tributaria), introdotto dal M5S a Montecitorio e poi sconfessato dagli stessi proponenti dopo la levata di scudi che ha suscitato. «Riteniamo che vada soppresso», ha annunciato il relatore Pd Paolo Guerrieri Paleotti «e il governo dovrà prendere atto che c’è una convergenza pressoché unanime su questo punto». Tuttavia, l’intero pacchetto di emendamenti è in corso di definizione e la discussione ieri nel tardo pomeriggio non era certo chiusa. I senatori hanno sospeso i lavori in commissione per la riunione dei gruppi Pdl con Silvio Berlusconi e si è poi ripreso in notturna, con la prospettiva di una seduta-fiume.
POSSIBILE MODIFICA

Il Durt, il documento rilasciato dall’Agenzia delle Entrate al subappaltatore senza il quale non può pretendere di essere pagato dall’appaltatore (analogamente a quanto succede con il Durc per la regolarità contributiva) potrebbe così sopravvivere ma con significative revisioni. La partita non era chiusa ieri a tarda sera.
LE SPA PUBBLICHE

Accordo ancora da raggiungere anche sugli stipendi per i manager delle società controllate dallo Stato. L’emendamento depositato dal governo ha proposto di eliminare quel «non» inserito a Montecitorio che di fatto evitava ai manager di Fs, Poste e Anas di rientrare nel tetto massimo stabilito per le retribuzioni dei manager pubblici e cioè quello del primo presidente della Corte di cassazione, fissato in 300.000 euro. E Mauro Moretti (Fs),
Massimo Sarmi (Poste) o Luigi Gubitosi (Rai) sono ben al di sopra questo livello. Tuttavia, l’emendamento introduce delle differenziazioni per cui il tetto non si applicherebbe alle controllate di Fs o Poste, come anche di Eni o Finmeccanica,secondo un meccanismo che distingue tra società che emettono azioni o altri strumenti finanziari. Previsto anche un taglio del 25% sulle retribuzioni di tutti i manager, incluse le quotate, come Eni o Enel, ma controllate dal Tesoro. Rientreranno anche Paolo Scaroni e Fulvio Conti nella riduzione proposta dall’Economia? Il cantiere è aperto: il nuovo sistema potrebbe infatti entrare in vigore con il prossimo rinnovo del Cda.

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