ROMA Nessun segnale di distensione tra la Fiat di Sergio Marchionne e la Fiom di Maurizio Landini. L’incontro che si è tenuto ieri tra l’azienda e il sindacato dei metalmeccanici della Cgil (al quale peraltro l’ad del Lingotto non ha partecipato), si è concluso con dichiarazioni di fuoco e accuse reciproche. «La Fiat non vuole rispettare la sentenza della Consulta che riconosce alla Fiom il diritto alla rappresentanza sindacale» ha dichiarato Landini appena messo il piede fuori dalla stanza della riunione, chiedendo l’intervento del governo e minacciando ulteriori ricorsi alle vie legali. «Landini, come spesso gli succede, strumentalizza a suo piacimento. La Fiat ha chiaramente detto che rispetterà la sentenza della Corte Costituzionale la cui applicazione non può che essere di competenza dei giudici di merito, non certamente di Landini» ha replicato, con una nota, la casa automobilistica.
BRACCIO DI FERRO
Insomma, come prevedibile, la lunga battaglia Fiat-Fiom è destinata ad andare avanti. E la recente sentenza della Consulta, che riapre le porte della Fiat alle rappresentanze sindacali Fiom, anziché mettere un punto fermo, è occasione di ulteriori scontri, come d’altronde era stato subito chiaro dalle parole di Marchionne sull’impossibilità di fare azienda in Italia. Dichiarazioni interpretate come l’annuncio di un disimpegno della Fiat dall’Italia e che avevano provocato il disappunto del ministro Giovannini. Ieri invece, il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, ha ridimensionato: «Marchionne ha detto che vuole avere condizioni tranquille e sicure per poter investire in Italia. Bisogna lavorare insieme perché si parlino sindacato ed azienda e alla fine si costruisca, anche con la collaborazione del governo, un tavolo per valorizzare Fiat e contemporaneamente valorizzare i lavoratori e loro diritti». Nel frattempo l’unica cosa certa per ora è il clima infuocato. Per il rientro Fiom ai tavoli di trattativa, il Lingotto - secondo le accuse di Landini - «ha posto come condizione che la Fiom riconosca un accordo che non ha mai firmato. Una richiesta paradossale». Falso, dicono al Lingotto. E concludono: le parole di Landini «sono la testimonianza che è impossibile tenere rapporti normali con la Fiom, che peraltro non tiene alcun conto della posizione degli altri sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori della Fiat».
In effetti Fim-Cisl, Uilm, Fismic e Uglm - ovvero le sigle che appoggiarono il referendum nelle varie fabbriche, a partire da Pomigliano d’Arco, dando il via libera al nuovo contrastato contratto - non hanno mai accettato l’idea di una Fiom (non firmataria) seduta al tavolo delle trattative. Una posizione ribadita anche ieri durante la riunione che le stesse sigle hanno avuto con l’azienda (prima dell’incontro Fiat-Fiom). «Se Fiom vuole partecipare ed entrare nel sistema delle relazioni sindacali Fiat deve riconoscere la validità dei contratti siglati dagli altri sindacati con Fiat e con Federmeccanica» ha spiegato Giuseppe Farina, leader Fim-Cisl. «Non ci sono scorciatoie» gli ha fatto eco Rocco Palombella, Uilm. A settembre ci sarà un nuovo incontro per parlare di investimenti e di rinnovo del contratto. Stavolta ci sarà anche Marchione. La Fiom per ora non è stata invitata.