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Pescara, 16/05/2025
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Data: 05/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Berlusconi piange «Il governo durerà sono innocente e non mollo». Duri attacchi ai «pm politicizzati». Biancofiore critica i ministri assenti. Oggi Brunetta e Schifani ricevuti al Colle

ROMA «Io sono qui, io resto qui, io non mollo!»: così, accompagnato dall’inno di Mameli, Silvio Berlusconi ieri pomeriggio ha consegnato al suo popolo una promessa che suona anche come una garanzia di sopravvivenza per il governo. Almeno per ora. «Continueremo tutti insieme a combattere questa battaglia di democrazia e libertà», perché «i cittadini non abbiano paura di trovarsi senza alcun motivo in carcere», ha arringato dal palco allestito in tutta fretta sotto le sue finestre, in via del Plebiscito. Poi, gli affondi diretti a Pd e Quirinale: «Non credo che nessuno possa venirci a dire che questa è una manifestazione eversiva come in molti e troppi hanno detto. E nessuno può venirci a dire che siamo, come hanno detto, degli irresponsabili».
GAROFANI ROSSI

Attacchi subito stemperati dalle rassicurazioni sul futuro: «Mi sento il dovere di impegnarmi ancora con ancora più entusiasmo e passione. Quello che ci spinge è prima di tutto l'interesse della nostra Italia», perché «la presenza di Berlusconi e Forza Italia è l'unico baluardo che abbiamo contro un regime illiberale e giustizialista». Infine, la riaffermazione della propria innocenza e del complotto di cui è vittima da oltre un ventennio, cominciato prima di lui: «Hanno eliminato dalla vita politica nel '92 e nel '93 i cinque partiti democratici che ci avevano governato per 50 anni, facendo crescere il benessere nella libertà e nella democrazia», ha detto mentre sotto il palco l’ex socialista Lucio Barani distribuiva garofani rossi a due passi dal governatore campano Stefano Caldoro. E ancora: «Quando è nata Forza Italia ci hanno lanciato subito contro una accusa di corruzione e hanno fatto cadere il governo eletto dagli italiani, e poi, via via, un calvario di accuse: ho 41 processi alle spalle».
I REFERENDUM RADICALI

Prima di andare via, gli abbracci, le strette di mano, un attimo di commozione già visto subito dopo la lettura della sentenza della Cassazione, e il rientro a palazzo Grazioli, dove l’attendeva la folla di parlamentari che hanno risposto in massa alla mozione del cuore. E del futuro. La fedelissima Micaela Biancofiore lamentava l’assenza dei ministri «soprattutto in un momento in cui sono in bilico le sorti del governo», subito corretta da Mariastella Gelmini: «E' stata una scelta condivisa con Berlusconi come segno di responsabilità perché noi abbiamo voluto questo governo di pacificazione e responsabilità». Che ha pure premiato il Pdl nei sondaggi. Pochi di loro hanno avuto forza e coraggio per tuffarsi nella calca, giusto Gianni Alemanno, un veterano come Gianfranco Rotondi e Annamaria Bernini, a un passo dai banchetti dove si raccoglievano le firme per il referendum radicale sulla riforma della giustizia. I più, da Annagrazia Calabria, a Laura Ravetto, a Daniele Capezzone, passando per Gianfranco Micciché (ma le amazzoni lo chiamano “micci”) e Jole Santelli, erano in attesa davanti al cancello interno dell’ingresso di piazza Grazioli. A fare da filtro, Maurizio Gasparri e Renato Brunetta (che da capogruppo alla Camera oggi assieme a al copogruppo al Senato Renato Schifani sarà ricevuto al Quirinale). Ma solamente Daniela Santanchè, Luca D'Alessandro e Fabrizio Cicchitto erano riusciti ad affacciarsi dal balcone principale della residenza del Cavaliere, gratificati da urla e applausi. Quanto bastava per tener calda la folla che aspettava il suo leader. Il quale, a tutto pensa, tranne che a dimettersi.

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