ROMA Si fa presto a dire ”salvacondotto”. All'indomani della sentenza della Cassazione che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi a 4 anni (di cui tre coperti da indulto) per frode fiscale e che ha rinviato alla Corte di Appello di Milano la rideterminazione, da 5 a 3 anni, della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, tra le fila del Pdl è un susseguirsi di speranze e richieste di un atto di clemenza per il Cavaliere. Ma la strada è tutta in salita. Sia che si tratti di una grazia concessa dal Capo dello Stato, sia nei casi di amnistia o di indulto votati da Parlamento. Due delle tre soluzioni necessitano di presupposti che, in base alla prassi e al diritto, potrebbero mancare nel caso di Berlusconi. Non solo: su ciascuna di esse pesa la legge Anticorruzione del governo Monti sull'incandidabilità e sull'ineleggibilità parlamentare. Con la conseguenza che, seppure ottenesse un ”salvacondotto”, il Cavaliere perderebbe comunque lo scranno da senatore (sempre che non si dimetta spontaneamente) o non sarebbe più candidabile alle prossime elezioni. Vediamo il perché, caso per caso.
LA GRAZIA
In base all’art.174 del codice penale la grazia condona la pena (non il reato) inflitta in via principale, ma non estingue quella accessoria, a meno che il decreto firmato dal Capo dello Stato non disponga diversamente. Risultato: se anche in ipotesi Berlusconi venisse graziato da Napolitano, ciò non gli eviterebbe l'espulsione dal Parlamento e non gli garantirebbe una nuova candidatura alle prossime elezioni, tenuto conto che l'art.13 del decreto Monti-Severino prevede che l’incandidabilità «ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione ai pubblici uffici» e che, sempre per condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, «l’incandidabilità, anche in assenza della pena accessoria, non è inferiore a sei anni». Non mancano poi gli ostacoli alla concessione della grazia al Cavaliere. Per prassi, la pendenza di altri procedimenti giudiziari è ritenuta ostativa. E di pendenze il Cavaliere ne ha diverse: il processo Ruby, la vicenda della compravendita dei senatori aperta a Napoli e il caso escort a Bari. Costituzionalisti come Giovanni Guzzetta indicano nella grazia a Joseph Romano, il militare Nato condannato per la vicenda Abu Omar, un precedente che Napolitano potrebbe seguire per concedere anche al Cavaliere un atto di clemenza svincolato dai motivi umanitari indicati dalla Consulta nel 2006. Romano, però, non aveva altre pendenze giudiziarie.
AMNISTIA
Meglio allora puntare sull’amnistia, che estingue reato e pena? Strada ardua, anch’essa. Dal 1992 il beneficio è rimesso al Parlamento, che lo deve votare con una maggioranza qualificata dei due terzi. Difficili da trovare in tempi normali - non per niente l’ultima amnistia risale al 1990 -. Difficilissimi per la tipologia di reato di Berlusconi (la frode fiscale), oggi punita più duramente (fino a sei anni) e generalmente esclusa dall’amnistia.
INDULTO
Grazie all’indulto del 2006 a Berlusconi sono ”cancellati” tre anni di pena. Ma se dovesse essere condannato nuovamente in via definitiva, decadrebbe anche questo beneficio che, è bene ricordare, non riguarda le misure accessorie e dunque non lo renderebbe immune dal rischio di incandidabilità e di ineleggibilità.