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Data: 05/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
La prudenza del Cavaliere e la carta dell’amnistia

ROMA Nonostante i toni roboanti, nonostante gli attacchi alla magistratura, nonostante i reiterati «non mollo, dopo decine di riunioni, Silvio Berlusconi ha scelto di continuare a sostenere il governo. Per molti motivi. Innanzitutto, come ha spiegato Vittorio Feltri, per un repentino cambio di strategia giudiziaria. Gli avvocati e i giuristi del Pdl hanno infatti spiegato al Cavaliere che la strada della grazia che dovrebbe concedere il Capo dello Stato è assolutamente «impraticabile». Ma se si resta nella maggioranza e nel governo, si può lavorare a un provvedimento di amnistia che possa prevedere anche il reato per cui è stato condannato il leader del Pdl. «Se ci si mette a lavorare davvero si può varare il provvedimento a tempo di record», assicurano i legali pidiellini. Difficile che il Pd accetti l’iter di urgenza. Ma l’idea non dispiace affatto al Cavaliere.
L’altro argomento che lo ha convinto a non arrivare alle estreme conseguenze è stato il ferreo asse tra Napolitano e il premier Enrico Letta, che lo ha spiazzato con il suo aut aut: «Se si tira troppo la corda sarò io a dimettermi», ha avvertito. L’effetto è stato quello di una bomba e ha fatto prevalere la linea delle colombe, come sottolinea il presidente dei senatori del Pdl, Renato Schifani, che, non a caso, sottolinea come «la sinistra sia rimasta delusa dal senso di responsabilità del nostro leader».
GARANZIE IN AULA

Vero è che altri, Santanchè in testa, fanno la voce grossa e invitano il premier Letta «a non cantare vittoria». La speranza sarebbe che, alzando i toni contro la magistratura, alla fine, si riesca a far saltare i nervi al Pd che potrebbe staccare al governo quella spina che Berlusconi invece oggi ha reinserito. E, in serata, l’avviso lanciato dall’ex segretario democratico, Pier Lugi Bersani, secondo il quale «non si può governare a tutti i costi», sembra avvalorare questa tesi. Certo, la tenuta del Pdl va verificata sul campo. Ossia alla Camera, dove è in votazione la conversione in legge del decreto svuota carceri, e al Senato dove si vota il cosiddetto decreto del fare. Ma Berlusconi, tra anatemi ai giudici e commozione, dal palco di via del Plebiscito ha detto chiaro e tondo che intende continuare a sostenere il governo «per portare avanti i provvedimenti economici». Affermazione che deve essere frutto dei ripetuti contatti tra il Colle e Gianni Letta, che continua a suggerire al Cavaliere di non abbandonare il governo. Le larghe intese sono la vera assicurazione sulla vita politica di Berlusconi, ragionano le colombe. Quindi, dovrebbero essere escluse sorprese nelle votazioni in aula. Ma certamente i pidiellini lavoreranno anche per dilazionare al massimo i tempi per votare la decadenza di Berlusconi dal Senato, in base alla legge Severino. Secondo una tesi, sostenuta dal costituzionalista Guzzetta, i tempi potrebbero allungarsi fino a dicembre, anche se grillini, Sel e parte del Pd già pretendono di votare prima della pausa estiva. Il che permetterebbe al Cavaliere di varare il progetto di Forza Italia e forse di premere l’acceleratore per votare ad ottobre. Progetti che, comunque, si scontrano con la determinazione del presidente Napolitano di far proseguire l’esperienza del governo Letta e di arrivare al semestre europeo a guida italiana.

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