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Pescara, 16/05/2025
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Data: 06/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Manager pubblici, approvato il taglio del 25% sugli stipendi

ROMA Cancellato il Durt, ripristinato il tetto di 300.000 euro per gli stipendi dei manager pubblici di società non quotate, come Fs, Poste e Rai. E dopo vari colpi di scena è stato approvato in nottata anche il taglio del 25% al compenso complessivo «a qualsiasi titolo determinato» dei top manager di Spa controllate dallo Stato, anche quotate come Eni, Enel e Finmeccanica. Nella corsa contro il tempo per convertire il decreto del Fare che dopo una giornata di stallo è passato in commissione e arriva stamattina in aula al Senato, si è consumato un duro braccio di ferro sul nodo dei supermanager.
A grande maggioranza è stata invece cancellata la norma sul documento unico di regolarità tributaria (Durt) introdotto alla Camera. Avrebbe reso particolarmente complesso, soprattutto per le imprese edili, garantirsi i contratti di subappalto nelle costruzioni. E praticamente tutti i gruppi ne hanno chiesto la soppressione. Soddisfatta l’Ance.
A tenere banco tutta la giornata, però, è stata la controversa questione del tetto agli stipendi dei manager pubblici. La proposta del governo, che prevedeva un meccanismo differenziato e la possibilità di un taglio del 25% sulle retribuzioni dei top manager per le Spa pubbliche quotate e non, è stata fermata in commissione Bilancio e Affari costituzionali. Si tornava, dunque al Salva Italia che stabilisce un tetto a 300.000 euro l’anno in linea con la retribuzione del primo presidente di Cassazione e solo per le non quotate. «Forte irritazione» del governo. Dario Franceschini, ministro per i rapporti con il Parlamento, ha subito chiarito: «Il governo non può rinunciare», lasciando intendere che non finiva lì. Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia, ha poi spiegato che la norma recuperata prevede che «l’azionista si faccia garante delle norme».
Fatto sta che il primo banco di prova per il governo dopo l’impatto della sentenza Mediaset è il decreto del Fare, nel mirino dell’ostruzionismo targato Cinque Stelle. Oggi affronta l’assemblea.

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