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Data: 06/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Colle esclude salvacondotti Berlusconi: pronto al carcere

ROMA L’idea che si fa largo nella testa dell’ex premier è quella del «predellino dal carcere». «Mi serve un anno di tempo, non di più. Voglio combattere l’ultima battaglia e guidare io le truppe della nuova Forza Italia, in prima persona - senza esporre Marina, che va preservata e preparata a battaglie future - a elezioni che prima o poi ci saranno. Sono disposto anche ad andare in carcere, anzi: voglio andare in carcere. Sono pronto a condurre anche da dietro le sbarre la mia lotta per la libertà. Chiedo solo di avere un minimo di agibilità politica per condurre la battaglia per la riforma della giustizia. Scelga Napolitano come, non m’interessa. E sia chiaro che per me non è certo lui il traditore, semmai quello che è stato tradito». Silvio Berlusconi parla ai suoi, riuniti senza soluzione di continuità a palazzo Grazioli in una war room che sta per trasformarsi, entro un paio di mesi, in luogo di detenzione (il Cav ha eletto a suo domicilio Roma). Proprio quel Palazzo Grazioli dove ieri si era diffusa la voce – poi smentita – che addirittura lo zar di tutte le Russie, Vladimir Putin, sarebbe venuto a consolarlo.
NESSUNO SPIRAGLIO

L’umore di Berlusconi, dopo giorni altalenanti e fasi a dir poco ciclotimiche, è però tornato a essere quello di un leone in gabbia che, tuttavia, vuole ancora combattere. Come, ecco il problema. L’incontro dei capigruppo Schifani e Brunetta con Napolitano è andato male, per il Cav: il Capo dello Stato non avrebbe offerto loro alcun spiraglio (grazia, commutazione della pena dai domiciliari a pecuniaria come per Sallusti, ripristino dell’immunità parlamentare pre-Tangentopoli, amnistia, lavoro dei saggi...) e, anzi, avrebbe solo chiesto garanzie sulla lealtà e la futura tenuta del governo. Le colombe (Alfano, Lupi, Quagliariello) insistono: «Senza Letta e, forse, senza Napolitano se si dimettesse perché provochiamo la crisi di governo ci aspettano solo scenari da incubo e una legge elettorale fatta sulle nostre spalle». Intanto, i senatori del Pdl esperti di diritto penale e costituzionale, Nitto Palma in testa come i deputati di rango (Francesco Paolo Sisto) sono già stati tutti allertati: l’ordine di scuderia è tirare per le lunghe la discussione che la Giunta elezioni e immunità prima e l’aula del Senato dopo dovranno fare sulla decadenza del seggio da senatore: difficilmente, tra audizioni, pareri, discussione e voto grillini e democrat riusciranno a costringere il Pdl a un voto in cui dovrebbe, almeno sulla carta, soccombere ma che comunque non arriverebbe prima di fine settembre-ottobre.
GHEDINI E COPPI

Tattiche dilatorie utili, certo, che però non bastano: la privazione di libertà personale (domiciliari o servizi sociali) quella sì, scatterà inesorabile a partire dal 15 ottobre. Ecco anche perché ieri Berlusconi ha visto anche i suoi avvocati, Ghedini e Coppi. Il Cavaliere, però, è tornato «il leone indomito di sempre», raccontano in estasi i suoi, «quello del Predellino, quello che volle lanciare i Circoli della Libertà della Brambilla, quello che ieri come oggi ci ha chiesto di rifare, e subito, Forza Italia». Nell’animo dell’ex premier si agita anche un altro sentimento, quello del perseguitato politico, del Nelson Mandela italico, che guida il suo esercito da dietro le sbarre. Non sono state lanciate a caso, infatti, ieri pomeriggio - una volta capito che da Schifani e Brunetta, presto mandati via da palazzo Grazioli («tanto, loro sono inutili», sibilano i falchi, «proprio come i ministri traditori», epiteto che ritorna), non c’erano speranze di ottenere il tanto atteso salvacondotto politico dal Quirinale - le parole pronunciate da Daniela Santanché in diretta tv. «Berlusconi non chiederà né gli arresti domiciliari né la messa in prova né l’affidamento ai servizi sociali – ha scandito la Pitonessa – Berlusconi va in carcere e tutti gli italiani lo devono sapere». Propaganda, certo, ma la propaganda conta, se vuoi andare al voto. E serve, all’uopo, quell’effetto-martire che la fidata sondaggista Alessandra Ghisleri testa ogni giorno.
Berlusconi, dunque, si prepara ad andarci davvero, in carcere. Però non vuole finire, anche solo per pochi giorni, a San Vittore, che nella sua testa di milanese doc gli ricorda solo la malavita, ma a Regina Coeli (in realtà si tratterebbe di Rebibbia) che gli ricorda, invece, i «combattenti per la libertà». A partire da quel Sandro Pertini, socialista tutto d’un pezzo, che anche lì, tra le altre galere, fu incarcerato dal fascismo e Berlusconi quello si sente, «un socialista che combatte per la libertà e la giustizia». «Io non mollo – ripete il Cav – e per i giorni che mi restano da vivere continuerò a combattere la mia battaglia per un Paese libero e una giustizia giusta».

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