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Data: 07/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Cavaliere pronto a cambiare legge elettorale per votare subito

ROMA «A Napolitano e al governo Letta do ancora quindici giorni. Fino a Ferragosto. Non vogliono o non possono trovare una soluzione al mio caso, che è una condanna già scritta, come dimostra l’intervista di questo Esposito? Bene. Pensano di fermarmi dicendo che bisogna cambiare la legge elettorale, altrimenti Napolitano non scioglierà mai le Camere? Benissimo, non c’è problema. Cambieremo il Porcellum, a costo di accettare il Mattarellum, poi però si vota. E io mi ricandido, anche dal carcere, chiaro? Voglio proprio vedere chi me lo impedisce!». E’ un fiume in piena, Silvio Berlusconi, mentre ragiona con i suoi in quella war room permanente che è diventata palazzo Grazioli ma che da ieri sera è stata, almeno temporaneamente, smobilitata.
VIA DA ROMA

Il Cav, infatti, è ripartito per villa San Martino, ad Arcore, in compagnia della sola fidanzata Francesca Pascale, da dove oggi volerà destinazione Sardegna in modo da godersi le sue ultime ferie da uomo libero nel suo storico buen retiro, quello di villa Certosa. Prima di partire, però, oltre alla solita processione dei legali, Coppi e Ghedini, con cui ha valutato tutta la dirompente potenzialità dell’intervista a Esposito, il Cav l’incontro più lungo lo ha avuto con il coordinatore Denis Verdini. Certo, c’erano anche da discutere nuove mobilitazioni e manifestazioni agostane del Pdl-Forza Italia 2.0 per «tenere alta la tensione e l’attenzione», anche se non con la sua diretta presenza. Ma c’era da parlare soprattutto di scenari futuri.
OCCHI AL COLLE

Il Cavaliere spera, ancora, anche se in parte, in un intervento di Napolitano che gli consenta e garantisca la sua «agibilità politica», ma inizia a crederci sempre meno e tutti quelli intorno a lui ci credono ancor meno di lui. Poi, ieri Berlusconi ha sentito, anche, i suoi figli, soprattutto Marina e Piersilvio. Anche loro sono per la linea dura. «Papà, qui è in gioco la tua pelle, il tuo futuro, non Mediaset – lo avrebbe incoraggiato la figlia prediletta che Berlusconi vorrebbe, nonostante tutto, ancora preservare e non far scendere in campo in prima persona – ora basta. Fai quello che ritieni giusto, non preoccuparti delle aziende. Siamo con te». Dunque, ancora una volta, «spaccare tutto» torna a essere l’unica via di fuga possibile.
URNE A NOVEMBRE

Ignazio Abrignani, responsabile elettorale del Pdl, uomo di fiducia di Scajola prima e di Verdini oggi, la spiega così, la tempistica elettorale del Cav: «La riforma della legge elettorale ha già una corsia preferenziale, alla Camera. Andrebbe discussa a settembre per vararla a ottobre (la sentenza della Consulta che quasi sicuramente boccerà il Porcellum, del resto, è già fissata per il 3 dicembre) ma se, mettiamo, si sciolgono le Camere il 15 ottobre, si voterebbe l’8 dicembre (servono 55 giorni per i comizi elettorali), troppo tardi. Si può anticipare la discussione e chiudere la riforma entro il 30 settembre per votare il 24 novembre, quando voterà anche la Basilicata e turno cui si potrebbe abbinare pure il Trentino». Anche facendo un accordo con il Pd per tornare al Mattarellum? «Sì, così si fa prima» è la secca risposta di Abrignani. Votare col Mattarellum bipolarizza la competizione, costringendo di nuovo l’Italia a spaccarsi tra anti e pro-Berlusconi e tagliando fuori Grillo. E il candidato premier? Facile, Berlusconi. Qui, infatti, scatta l’altra diavoleria partorita dalla mente dei falchi berlusconiani.
IN PIAZZA AD AGOSTO

Da un lato, infatti, la strategia è, rispetto alla discussione che inizierà oggi presso la Giunta Immunità del Senato, quella di prendere tempo il più possibile per arrivare a fine settembre-inizi di ottobre per votare la decadenza del seggio per ineleggibilità sopravvenuta del Cav. Dall’altro lato c’è la strategia ”coperta”. La decisione tra domiciliari e servizi sociali, infatti, può essere procrastinata fino al 15 ottobre, come hanno detto gli stessi giudici. «Vogliamo vedere, a quel punto, chi e su che basi un giudice o un aula parlamentare vorrà impedire a Berlusconi, se non di candidarsi, di fare campagna elettorale...», sibilano le vestali del berlusconismo. Le colombe, in verità, han provato ad avvertire il Colle e Letta come ha fatto Quagliariello, il quale in pratica ha detto: «C’è un piano preciso per far saltare il governo». E ieri, nel Transatlantico di Montecitorio, alcune onorevoli pidelline già si aggiravano sconsolate chiedendosi: «Ma se si vota chi mi ricandida? Se decide Alfano è un conto, se la Santanché sono fritta...».

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