Iscriviti OnLine
 

Pescara, 15/12/2025
Visitatore n. 750.220



Data: 09/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Saccomanni: iniquo abolire l’Imu sulla prima casa. Esplode l’ira del Pdl

Il ministro presenta 9 proposte e chiede alla maggioranza di scegliere. Brunetta: così cade il governo. È scontro col Pd

ROMA Con una mossa a sorpresa il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha presentato uno studio di 105 pagine, elencando nove soluzioni possibili per decidere (finalmente) il dafarsi sulla prima rata dell’Imu sulla prima casa il cui pagamento è sospeso da giugno.
BUFERA

Il senso politico dell’operazione è quello di tentare di far uscire i partiti dalla rissa pseudo-elettorale che finora ha accompagnato il dibattito sull’Imu. Obiettivo difficilissimo perché ieri il Pdl ha immediatamente rialzato i toni della polemica tornando a chiedere senza mezzi termini, con i capigruppo Brunetta e Schifani e un’altra decina di esponenti del partito, l’eliminazione della tassa sulla prima casa. Saccomanni comunque non nasconde le proprie opinioni su pregi e difetti della varie soluzioni. Dunque sull’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa (4 miliardi in meno per le casse pubbliche) la posizione di via XX settembre è cristallina: avrebbe un effetto «fortemente regressivo», cioè ne beneficerebbero soprattutto i più ricchi. Se invece non venissero toccati gli attuali meccanismi di calcolo e venisse cancellata solo la prima rata di giugno (ma non la seconda di dicembre) lo Stato ci rimetterebbe 2,4 miliardi circa. La soluzione più efficace, Saccomanni la definisce «ad alta efficienza», potrebbe essere l'introduzione di una «service tax» che unificherebbe in una sola tassa tutte quelle comunali, raccolta rifiuti compresa e che derubricherebbe la riforma dell’Imu ad un problema di finanza locale, con l'attribuzione di pieni poteri ad ogni singolo Comune.
Oltre a strattonare i partiti, la sortita di Saccomanni ha anche altri effetti. Toglie di mezzo l’ipotesi di una «cabina di regia» che coinvolgerebbe i partiti e che il ministro dell’Economia ha sempre visto come uno strumento che avrebbe reso più violenta la rissa politica intorno all’Imu. Poi, presenta una serie di «termini oggettivi», cioè di cifre e di effetti sociali, sugli effetti delle varie ipotesi di soluzione. Il che dovrebbe istradare le scelte politiche che, come il premier Enrico Letta ha dichiarato più volte, saranno definite entro la fine del mese di agosto.
INFLESSIBILI

Tutto bene, dunque? Macché. Il Pdl ieri ha eretto un muro d’acciaio contro il documento di Saccomanni. Zero flessibilità. La parola d’ordine resta semplice: abolizione per tutti dell’Imu sulla prima casa. Fine. Renato Brunetta capogruppo alla Camera, che nelle scorse settimane aveva polemizzato con Saccomanni, è stato cortese nella forma ma puntuto nella sostanza. «Apprezzo le 105 pagine del ministero dell’Economia, si tratta di un egregio lavoro da ufficio studi - ha detto Brunetta - Ora urgono le decisioni politiche che ci auguriamo arrivino in virtù degli impegni presi non solo a livello di maggioranza, ma soprattutto, nei confronti del Paese. Gli impegni del governo su una riforma della tassazione degli immobili, che contempli l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa, sono stati chiari fin da subito, indipendentemente dai ”punti di forza e di criticità” dei diversi interventi ipotizzati dal ministero dell’Economia. Sicuramente - ha concluso Brunetta - esso aumenta la consapevolezza delle scelte, ma il risultato finale deve essere univoco e riflettere le aspettative degli italiani».
GIOCO DELLE PARTI

Analoga la presa di posizione di Renato Schifani, capogruppo al Senato («Letta mantenga gli impegni») mentre l’ex ministro Altero Matteoli sceglie di picchiare duro: «Il combinato disposto delle parole di Epifani sulla condanna di Berlusconi e della sortita sull’Imu vuol dire una cosa sola: il Pd vuol far cadere il governo». Dal fronte democrat si replica colpo su colpo. Il viceministro all’Economia Stefano Fassina già prima della diffusione del documento Saccomanni aveva stoppato ogni ipotesi di ridurre l’Imu «a tutti, ricchi compresi». Per Fassina: «Letta quando si insediò promise una riforma dell’Imu per aiutare chi ha di meno». E mentre il segretario del Pd, Guglielmo Epifani parla di «soluzioni logiche e compatibili», Matteo Colaninno fa da sponda a Saccomanni ma contro il Pdl. «Va trovare una soluzione di mediazione - dice - perché le risorse sono poche e non vanno sprecate». Insomma, muro contro muro. Come prima.

Riforma. Dalla rata dimezzata alla nuova imposta comunale

ROMA Delle 9 «ipotesi di intervento» dell’Imu sulla prima casa, una sola interessa il 2013 ed è proprio l’ultima. Riguarda l’abolizione del pagamento della prima rata Imu con un costo di poco superiore a 2,4 miliardi tra abitazioni principali (2,1 miliardi) e terreni e fabbricati rurali (300 milioni). Il ministro dell’Economia lascia dunque in piedi il pagamento della seconda rata Imu a fine anno per non avere buchi di gettito e mantenere il vincolo del pareggio di bilancio. L’abolizione totale dell’Imu, che costerebbe 4 miliardi solo per la prima casa, è ipotizzata unicamente per il 2014 ma «non sembra pienamente giustificabile - annota il ministero dell’Economia - sul piano dell’equità e dell’efficienza del tributo».
SPINTA FEDERALE

Guardando dunque alla riforma complessiva del prelievo sugli immobili per il prossimo anno, il Tesoro mette in campo otto interventi ma fa capire di preferirne uno, il numero 8. È quello della «derubricazione della revisione dell’Imu a un problema di finanza locale». In pratica, si tratta dell’imposta unica locale. Come realizzarla? Attribuendo ai Comuni un allentamento al patto di stabilità interno (in ipotesi: 2 miliardi) e lasciando a loro la decisione su quale aliquota Imu applicare sulla prima casa e come farlo. La proposta numero 8 include infatti anche la Tares: viene potenziata la discrezionalità dei Comuni e prevista la possibilità di introdurre una service tax per la copertura dei servizi indivisibili (illuminazione, asfalto stradale, etc) fino ad un potenziale gettito di 2 miliardi, per restare nell’esempio. In pratica, sarebbero i Comuni a stabilire se ridurre le aliquote fino ad azzerare l’imposta sulla prima casa o ancora a decidere quanta parte di Imu e di Tares conservare per i servizi offerti ai cittadini. Lo scenario numero 8 è il solo, fa rilevare il Mef, in cui «la prospettiva della totale esenzione dell’abitazione principale resta in piedi».
Infine, le imprese. La proposta, in linea con il risultato dell’indagine conoscitiva da poco conclusa dal Senato, prevede la deducibilità dall’Ires e Irpef (ma con l’eventuale estensione anche all’Irap) dell’Imu pagata su capannoni e beni strumentali. Il costo (una deducibilità del 50% avrebbe un onere di 850 milioni a regime) sarebbe coperto con la reintroduzione dell’Irpef figurativa sulle case sfitte: oggi a pagarla sono solo i proprietari che danno in locazione i propri immobili; per gli altri è stata cancellata proprio con l’introduzione dell’Imu. Ma questa «asimmetria», ha già fatto rilevare Saccomanni in Parlamento, non trova giustificazione «né sul piano equitativo né sul piano economico».
REDDITO E DETRAZIONI

Rispetto al Rapporto sulla revisione della tassazione immobiliare che il Messaggero ha già anticipato il 30 luglio e che è stato consegnato ai partiti della maggioranza il 23 luglio scorso, questi sono gli aggiustamenti più significativi. Per il resto, le sette proposte che i tecnici del Mef hanno puntualmente esaminato nelle 105 pagine di cui è composto il documento, sono rimaste sostanzialmente invariate.
Si va dall’abolizione totale dell’Imu per la prima casa chiesta dal Pdl che costerebbe 4 miliardi ad un incremento secco delle detrazioni fino a 500 euro che costerebbe da 1,31 a 2,72 miliardi ma finirebbe per agevolare i proprietari con rendite catastali più elevate.
Ci sono poi le ipotesi di «rimodulazione selettiva» chieste dal Pd che articolano l’aumento delle detrazioni in base al reddito dichiarato (rischiando di favorire chi evade); oppure in base al livello della rendita catastale (lontana dai valori di mercato); oppure attraverso l’Isee (che però già include una valutazione patrimoniale) oppure ancora con l’applicazione dei valori dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia delle Entrate (che però sono stime). Costo in termini di mancato gettito: si va da 560 milioni a 2,3 miliardi.
La copertura del costo dell’esenzione dall’Imu con altre tasse (Irpef e altri tributi) va da un’invarianza di gettito ad un aumento del prelievo che può arrivare fino a 4,3 miliardi a carico dell’Ires. Infine, la deducibilità dell’Imu per le imprese costerebbe 1,25 miliardi mentre la restituzione ai Comuni del gettito, oggi percepito dallo Stato, sugli immobili ad uso produttivo (gruppo catastale D) costa 4,6 miliardi.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it