ROMA Le primarie per la scelta del segretario del partito democratico si terranno il prossimo 24 novembre. Poterebbe essere l’unica certezza di quella che sta diventando una caccia al tesoro: ogni tappa rimanda ad un’altra. Perché appena indicata la data tanto attesa delle primarie si viene a sapere che manca ancora il timbro dell’assemblea fissata per il 20 e il 21 settembre prossimi. Solo allora sarà certificata. Lo ha stabilito la direzione dei democrat che si è tenuta ieri pomeriggio nell’aula dei gruppi parlamentari di Montecitorio, anziché al Nazareno. In sintonia con le difficoltà del momento, la direzione non è riuscita insomma a dare molte certezze. A parte una: si andrà avanti con questo governo finché si potrà governare e finché le larghe intese terranno.
Tutto il resto è rimandato a settembre. Ed è scattata la protesta di quanti si aspettavano invece l’indicazione di una data certa. «Siamo venuti qui per non saperne niente - è uscito deluso Pippo Civati - non abbiamo scritto una data, non abbiamo preso un impegno. C’è stata una domanda a un certo punto: “allora il congresso è il 24 novembre? la risposta è stata sì forse». Più sintetico, ma stessi toni su Twitter, il renziano Andrea Marcucci: «Grande è confusione soto il cielo, se Mao aveva ragione anche la situazione del Pd è eccellente».
A SETTEMBRE LE REGOLE
Data la contingenza qualcuno avrebbe voluto la diretta streaming («noi lo abbiamo chiesto», rivela il renziano Michele Anzaldi). La risposta è stata nisba. Non si cambia il copione. «Capisco l’agitazione - ha introdotto la Sereni - ha ragione Guglielmo (Epifani) ci sentiamo un po’ tutti come all’ultimo giorno di scuola». In realtà i nervi erano tesi ma per altre ragioni. E alla fine anche più tesi.
Epifani ha annunciato che il 20 e il 21 settembre si stabiliranno le regole dei congressi locali, regionali e nazionale. «L’indicazione è fare il tutto, compatibilmente con le modifiche statuarie che si decideranno di adottare entro novembre. Epifani ha confermato quanto già aveva detto nelle ultime ore. E cioè che il Pd andrà avanti per la sua strada, «che le difficoltà del centrodestra non possono essere le nostre». Che la riforma elettorale è «un elemento irrinuciabile» e il «governo deve procedere senza logoramenti, fibrillazioni e compiere scelte difficili. Per noi quelle da affrontare in autunno sono sfide su temi precisi: scuola, investimenti produttivi, ammortizzatori sociali, esodati, riforma del patto di stabilità dei comuni». E avanti anche con la legge sul conflitto di interessi.
STABILITA A TUTTI I COSTI
Renzi, seduto tra Roberto Giachetti e Paolo Gentiloni ha seguito passo passo tutti gli interventi senza chiedere di intervenire. E’ apparso sorridente e sicuro di sé mentre i fedelissimi gli passavano fogli in cui erano disegnate parabole, curve, numeri (sondaggi). Ha distolto l’attenzione dai fogli solo quando a prendere la parola è stato Enrico Letta: «Serve stabilità, sono criticato per questo ma lo ribadisco, la stabilità è valore. La retorica dei mercati è rischiosa ma va spiegata. Per vendere il nostro debito dobbiamo essere credibili». Gli altri pilastri sono il richiamo all’unità del partito, «se viene meno in questo momento di sfilacciamento il sistema rischia di venire giù». E la certezza che se si andasse a votare in questo momento lo si farebbe con il Porcellum: «E allora sì - ha scandito - le larghe intese sdarebbero di nuovo inevitabili».