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Data: 09/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Pensioni d’oro di nuovo nel mirino E il governo studia come tagliarle

ROMA Era prevedibile che una somma così vistosamente elevata, sebbene non nuova, scatenasse un putiferio. E puntualmente ieri per tutta la giornata è stato un susseguirsi di dichiarazioni di guerra contro le «pensioni d’oro» e di annunci di disegni di legge per mettere un tetto ai trattamenti pensionistici più generosi. D’altronde riscoprire che ogni mese in Italia c’è un ex manager che incassa come pensione oltre 91 mila euro lordi, quindi 190 volte il trattamento minimo, è davvero una notizia che lascia a bocca aperta e quantomeno apre la strada a «riflessioni». Lo ammette il sottosegretario al Welfare, Carlo Dell’Aringa, ovvero colui che rispondendo a un’interrogazione della parlamentare azzurra Bergamini, ha reso note le cifre relative alle dieci pensioni più generose erogate dal nostro sistema. «Sono riflessioni che stiamo facendo, perché non c’è dubbio che prima o poi saremo costretti a dare una risposta» a chi chiede al governo un intervento, dice il sottosegretario.
Una posizione, in verità, espressa dallo stesso ministro del Welfare, Enrico Giovannini, ancor prima che tornassero a circolare le entità di quelle pensioni stratosferiche. Era l’8 maggio, durante un question time alla Camera, quando Giovannini parlò esplicitamente di pensioni d’oro e del progetto di «attenuare il divario» tra le cifre. Intenzione «confermata» a metà giugno, una settimana dopo la sentenza della Consulta che ha bocciato il contributo introdotto nel 2011 sulle pensioni superiori ai 90.000 euro annui.
LE IPOTESI

Proprio alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, però, bisogna evitare nuovi passi falsi. «Non si deve fare lo stesso errore», spiega Dell’Aringa. Niente contributo di solidarietà, quindi. Sul tavolo ci sono altre ipotesi. Il sottosegretario parla di «una perequazione all’interno del sistema pensionistico» e una correzione del rendimento legandolo, anche per gli assegni già in erogazione, ai contributi versati. Il ministro Giovannini a fine giugno si era detto «favorevole» al blocco dell’indicizzazione.
FRONTE BIPARTISAN

Da sinistra a destra fioccano proposte per limitare i maxi assegni. La parola d’ordine è: contributivo per tutti. Lo propone Giuliano Cazzola di Scelta Civica che suggerisce anche «una ritenuta congrua, per un arco temporale limitato sullo scostamento tra i due differenti importi (retributivo e contributivo)», oltre all’applicazione di un’aliquota più bassa (30%) per la rivalutazione. Anche la ricetta della leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni (che incassa l’adesione di esponenti Pdl e Sel), fissa «un tetto oltre il quale è necessario ricalcolare le pensioni in essere con il sistema contributivo».

Ma quando una pensione si può definire d’oro? In molti fissano la soglia sopra i 5.000 euro al mese. Su 16 milioni e mezzo di pensionati in Italia, a ricevere importi superiori a questa cifra sono 187.400 persone, ovvero l’1%. Complessivamente si dividono pensioni pari a 16 miliardi l’anno, il 5% dei 270 erogati dall’Inps annualmente per il totale delle pensioni. È chiaro, quindi, che qualunque intervento sulle pensioni d’oro avrebbe un impatto limitato sui conti del sistema. Ma, come sottolinea Dell’Aringa, «in un momento di sacrifici per tutti, anche se da questa manovra non uscisse una somma enorme sarebbe segnale importante».

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