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Data: 10/08/2013
Testata giornalistica: Corriere della Sera
La certezza di Marina Berlusconi: il mio posto è nelle aziende

L'importanza della leadership politica e la convinzione che non si erediti: serve la gavetta, come nelle imprese

Copertine di settimanali. Interviste, retroscena. Fiumi di inchiostro per raccontare quello che al momento pare essere nei desiderata di molti nel centrodestra ma altrettanto poco probabile: l'ingresso in politica della primogenita di Silvio Berlusconi. Ai manager del gruppo Fininvest e ai suoi più stretti collaboratori che, preoccupati per i rumor sempre più insistenti, l'hanno chiamata in questi giorni, una Marina Berlusconi particolarmente provata ha confermato di non aver cambiato idea: non è nelle sue intenzioni impegnarsi in politica.

Del resto lo aveva già spiegato con una nota scritta attraverso le parole del suo portavoce qualche settimana fa, ma evidentemente a molti nel Pdl, e non solo, non sono bastate quelle frasi. Nell'estate dominata dalla sentenza di condanna della Cassazione per frode fiscale del Cavaliere che può significare la fine di un ciclo politico per via giudiziaria, la più volte ventilata discesa in campo della determinata primogenita è diventata per molti un'opzione (o una speranza?) concreta.

È vero, questo Paese, questa democrazia ferita hanno disperato bisogno di un Berlusconi, che c'è, si chiama Silvio, e non molla - ha però ripetuto in varie telefonate Marina Berlusconi -. Il mio posto è qui, nelle aziende, a maggior ragione in una situazione complessiva così delicata. Le ipotesi circolate in questi giorni sul suo conto sono sicuramente suggestive, ma non percorribili, non si è stancata di sottolineare con i suoi collaboratori.

Certo, in momenti di così grande confusione le certezze non possono che essere relative. Troppe le variabili. Troppe le incognite che gravano su un'Italia che fa fatica a uscire da una situazione che appare di perenne instabilità. Ma la presidente di Fininvest e di Mondadori ha voluto insistere con i suoi manager ancora una volta sul perché della sua posizione. Ha sottolineato che non sente come propri ruoli attivi di impegno politico. Per la politica ha ribadito di nutrire il massimo rispetto, ma di ritenere proprio per questo difficile che le leadership politiche si possano improvvisare o trasmettere per via ereditaria. Come qualunque tipo di leadership. Come nelle aziende: occorrono anni di dura gavetta e di apprendistato prima di poter essere in grado di aspirare a posizioni di vertice.

All'interno del Pdl però non sono pochi che ricordano come, quando scese in campo nel '94, anche suo padre in fondo era un neofita della politica. Ma a chi glielo ha fatto notare Marina Berlusconi ha detto di ritenere assolutamente improponibile ogni tipo di paragone: di Silvio Berlusconi ce n'è uno, uno soltanto, unico e di sicuro inimitabile.

Già altre volte la primogenita del Cavaliere aveva espresso concetti simili. E lo ha fatto ogni qualvolta l'ipotesi di un suo ruolo in politica è tornata a riaffacciarsi. Come è stato lo scorso giugno. Ma nonostante quella smentita, è chiaro che farebbe molto comodo a un Pdl disorientato poter contare su quella che viene considerata nelle classifiche di Forbes tra le donne più potenti al mondo oltre che mai esitante nell'esprimere i propri convincimenti. Cosa che ha spinto sempre lo scorso giugno persino Walter Veltroni a parlare dell'ipotesi Marina Berlusconi come «non inventata: nasce dall'idea di presentare un volto nuovo che al tempo stesso richiami le radici di Forza Italia».

Ma così non è. Come non lo era stato quando nel novembre del 2012 si era fatto il suo nome per le primarie del Pdl e lei aveva smentito. O ancora un anno prima.

Tutto questo, naturalmente, non vuol certo dire che la figlia dell'ex premier, lo ha chiarito lei stessa nelle conversazioni degli ultimi giorni, intenda fare un passo indietro rispetto alla strenua difesa del padre e dei suoi valori che ha condotto in questi anni. Anzi, continuerà con forza ancora maggiore, di fronte ad una sentenza che, ha detto Marina ai suoi interlocutori usando espressioni molto pesanti, calpesta in modo inaccettabile non solo i diritti di suo padre e dei milioni di italiani che l'hanno votato, ma, quel che è perfino più grave, e nessuno può far finta di nasconderselo, calpesta il diritto dei nostri figli di crescere e vivere in un Paese civile e democratico. Una cosa deve essere ben chiara, è stato uno dei leit motiv delle conversazioni di questi giorni: secondo Marina il condannato non è suo padre, la condanna vera riguarda tutte le persone oneste di questo Paese.
Una determinazione e una chiarezza che però non si traducono in «discesa in campo».

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