Vent’anni fa quando fui eletto sindaco Pescara vecchia era un ricovero per prostitute e drogati l'unico museo cittadino era il Cascella
Pescara non deve perdere il suo appeal turistico e l'ex Cofa è un'area strategica che va riconsegnata al Comune
Mascia, Pagano e Masci? Li reputo come figli e parlare male dei figli non va bene Non vorrei che si fossero lasciati inebriare dalla carriera politica
PESCARA Arrivò alla politica attiva quasi dal nulla, poi per nove anni e mezzo stette al comando della città avendo ricoperto il ruolo di sindaco di Pescara e terminata l'esperienza amministrativa è tornato a fare quello che sempre aveva fatto, l'ingegnere e il docente universitario. Parliamo di Carlo Pace, primo cittadino di Pescara dal 1994 al 2003, il primo sindaco eletto dopo l'inchiesta Tangentopoli (dopo la breve parentesi di Mario Collevecchio durata poco più di un anno fra il 1993 e il 1994). Carlo Pace oggi ha 77 anni, vive ancora nella sua città, non ha più ricoperto incarichi politici e amministrativi e segue con distacco ma non con disinteresse le vicende di quella che è stata la “sua” città per quasi due lustri. Come quando era primo cittadino, ancora oggi a contraddistinguerlo sono i modi garbati, la schiettezza, la discrezione e l'essere sempre molto alla mano. Sindaco, ma lei come arrivò alla politica e a vincere le elezioni? «Sono stato il primo sindaco dell'ex Forza Italia, ma in quel periodo con un gruppo di amici creammo un circolo di cittadini per discutere dei problemi della città e capitammo proprio negli anni dell'inchiesta Tangentopoli. Visto che la politica non riusciva più a dare risposte concrete, pensammo di passare dai dibattiti ai fatti e organizzammo una lista civica “Pescara e Oltre”. Poi stranamente venne fuori il mio nome per fare il candidato sindaco. Fu una sorpresa per me ed ero molto perplesso. Poi vinsi quella competizione elettorale, ma non mi aspettavo assolutamente di diventare sindaco». Come fu il primo impatto con il nuovo incarico? «Il Comune era commissariato perché era decaduto Collevecchio. Si dovette ricostruire un po' tutto, ma per fortuna trovai tanta gente preparata tra i dipendenti. Mettemmo in piedi un programma degli interventi necessari i cui frutti ci sono ancora oggi». Quale fu il rapporto con quella improvvisa notorietà? «Ho vissuto la notorietà inconsciamente, nel senso che essendo molto pragmatico ho badato al sodo. Ricordo che molti politici più scafati di me si meravigliarono del modo in cui entrai e parlai al mio primo consiglio comunale». Dell'essere primo cittadino, qual è la cosa che maggiormente l'ha soddisfatta? «La possibilità di fare qualcosa per la mia città. Questa è stata la massima soddisfazione per me che sono pescarese di terza generazione. Ho fatto il sindaco con un impegno totale, chiesi anche l'aspettativa all'università». In quegli anni quali furono i problemi principali che dovette affrontare? «Mancava completamente una programmazione a medio e lungo termine della città e poi c'erano tante questione irrisolte: l'area di risulta ancora di proprietà della Metropolis, l'Aurum che non si sapeva che fine dovesse fare, come utilizzare il vecchio tracciato ferroviario, il tribunale nuovo che non veniva ancora realizzato e l'università che aveva bisogno di nuovi spazi. E poi uno dei problemi era la vivibilità della città d'estate e con essa la vocazione turistica. Alle cinque del pomeriggio gli stabilimenti chiudevano e il lungomare moriva. Ancora: Pescara vecchia era un ricovero per prostitute e drogati, l'unico museo cittadino era il Cascella, poi vennero il Paparella, il Colonna, il museo marino e il centro di astrofisica che rappresenta un'eccellenza. Tutto questo ha richiesto un impegno forte che ha portato a grandi risultati». Se tornasse indietro rifarebbe il sindaco? «Lo rifarei volentieri, ma sono per i giovani, bisogna dargli spazio e allo stesso tempo non buttare chi ha avuto esperienza perché una pianta senza radici non regge». E cosa non rifarebbe di quello che ha fatto come sindaco? «Ho commesso errori, d'altra parte nessuno è perfetto. Sono amareggiato perché non sono riuscito a portare a termine il progetto del teatro nell'area di risulta e poi mi lamentavo spesso per la manutenzione del verde cittadino, si poteva fare meglio da questo punto di vista». Dopo quasi dieci anni vissuti da protagonista della scena politica locale come ha vissuto il ritorno alla vita normale? «Senza alcun tipo di problema. Non avevo ambizioni politiche, ho vissuto gli anni da sindaco con pieno spirito di servizio e credo che tutti dovrebbero vivere così gli incarichi amministrativi. Ho sempre pensato il ruolo che ricoprivo con la convinzione di dedicare un periodo della mia vita a Pescara e all'Abruzzo». Le hanno mai chiesto di tornare? Lei ci ha mai pensato? Che rapporto ha oggi con la politica? «Da Pescara e dall'Abruzzo nessuno mi ha chiesto niente. Ho ricevuto inviti a tornare come consulente esterno da lontano, da fuori regione. Se qualcuno chiede un contributo da parte mia io sono sempre disponibile, ma non credo abbiano bisogno di balie. Faccio politica da libero cittadino». Da dieci anni non è più sindaco, come vede la sua città? «Vedo luci e ombre. Di positivo quello che si sta facendo per le due riviere, la pedonalizzazione del centro allargata che è stata una mia idea, il nuovo ponte, la gestione della nettezza urbana. Di negativo noto l'abbandono dei musei e spero che il teatro diventi realtà visto che sono già diverse amministrazioni che non ci riescono. Poi vedo ritardi sulla strada parco per la filovia. Sono critico con i politici e nazionali che hanno completamente abbandonato Pescara che è la città pulsante dell'Abruzzo, il principale centro». A cosa si riferisce nello specifico? «Le infrastrutture ferroviarie, la stazione è abbandonata pur non avendo nulla da invidiare a quella di Ancona, anzi, però il treno veloce si ferma lì e non qui. I trasporti sull'acqua sono finiti con il dragaggio che è ormai una farsa, l'unica soluzione è rimettere una draga fissa come era in passato. Se la Ryanair ci abbandonasse l'aeroporto sarebbe finito e la Regione che fa, dà un milione di euro di contributo per lo scalo di Preturo. L'interporto di Manoppello è ancora incompiuto e poi come è possibile che per andare a Roma con l'Arpa si spenda il 30- 35 per cento in più rispetto alle linee private che non hanno finanziamenti pubblici? Perché abbiamo ancora tre società di trasporto pubblico con altrettanti cda?». E dell'ex Cofa che cosa pensa? «Quell'area è della Regione, ma perché non viene riconsegnata al Comune in modo che ne possa disporre in prima persona? Pescara non deve perdere il suo appeal turistico e l'ex Cofa è un'area strategica». Molti protagonisti della politica attuale hanno iniziato con lei, penso al sindaco Luigi Albore Mascia, all'assessore regionale Carlo Masci e al presidente del consiglio regionale Nazario Pagano. Come giudica il loro operato? «Dimentica gli assessori comunali Marcello Antonelli e Isabella Del Trecco. Non vorrei che si fossero lasciati inebriare dalla carriera politica. È un mestiere che dà molte soddisfazioni ma che va svolto solo con spirito di servizio. Anche per loro vedo luci e ombre, li reputo come figli e parlare male dei figli non va bene».