ROMA Nuovo giro di vite alla dieta cui anche Palazzo Chigi è sottoposto da 18 mesi a questa parte. Ieri il premier Enrico Letta ha annunciato la vendita di tre dei 10 aerei della flotta che assicura i voli delle massime autorità dello Stato; la riduzione del 25% delle auto blu che passeranno della Presidenze del Consiglio che passeranno da 60 a 44; l’approvazione di un nuovo regolamento per l’esercito dei 4.500 dipendenti (compresi quelli della Protezione Civile): dovranno chiedere l’autorizzazione per prenotare voli di classe superiore a quella economica e dovranno anche centellinare i taxi.
Letta ha anche annunciato che i 50 milioni che presumibilmente saranno ricavati dalla vendita dei tre jet (un Airbus e due piccoli Falcon) saranno destinati all’acquisto di aerei antiincendio. «Un settore - ha sottolineato il premier - che ha molto sofferto per i tagli alla spesa pubblica avviati negli ultimi anni».
FINE DELLA FESTA
La presidenza del Consiglio ha infine diffuso alcuni dati sull’uso della flotta aerea pubblica le cui ore di volo erano esplose dopo il ritorno a palazzo Chigi di Silvio Berlusconi che aveva abolito il regolamento molto restrittivo varato dal precedente governo Prodi. Con il cavaliere alla presidenza i voli blu raggiunsero le 14 mila ore e la spesa annua una cifra valutabile fra i 70 e gli 80 milioni di euro. Inevitabili gli strascichi con la Corte dei Conti che nello scorso giugno ha indagato l’ex ministro Michela Brambilla per alcuni voli in elicottero secondo l’accusa non legati ad attività istituzionale.
Con l’arrivo di Monti e poi di Letta la musica sui voli blu è cambiata. Con le ultime norme varate nello scorso maggio i voli di Stato sono stati riservati alle prime cinque autorità dello Stato e solo in casi eccezionali ai ministri. I giornalisti, poi, pagano quando sono ospiti dei voli del premier tanto che, per esempio, per quello che l’altro ieri ha portato Letta a Baku, in Azerbaijan, Palazzo Chigi ha incassato circa 10 mila euro.
Fatto sta che dalle 14 mila ore di volo annue dei fasti berlusconiani, l’anno scorso la flotta aerea di palazzo Chigi è passata a sole 5.952 ore. Meno della metà. E nei primi 6 mesi di quest’anno i piloti sono stati operativi solo per 2.464 ore. Risultato? «Pensiamo che le ore di volo si stabilizzeranno su questo livello - dicono a Palazzo Chigi - pertanto è possibile ridurre la flotta senza scompensi istituzionali».
Di qui la decisione di Letta. Utile non solo per lanciare un nuovo segnale sul fronte dei costi della politica ma anche per lucidare un po’ l’immagine dell’esecutivo su questo fronte. Immagine un po’ ammaccata dopo il rinvio a settembre dell’esame del disegno di legge destinato a tagliare il finanziamento pubblico dei partiti.
Tutto bene, dunque? In realtà, gli annunci di ieri riaccendono i riflettori sulla discussa gestione di Palazzo Chigi che da molti viene considerato tutt’ora, con i suoi 726 milioni assorbiti per il 2013, un centro di spesa da riportare sotto controllo.
I NODI DA SCIOGLIERE
A differenza di altri ”uffici” dei primi ministri, infatti, Palazzo Chigi accentra una serie di attività collaterali - come ad esempio la Protezione Civile - che ne gonfiano il bilancio e i dipendenti, ormai stabilmente intorno a quota 4.500. Dipendenti che, se comandati, ovvero se chiamati a Palazzo Chigi da altre amministrazioni, finiscono per incamerare una invidiata indennità che nella maggioranza dei casi è di circa 500 euro netti al mese.
Quest’anno però la spesa per il personale (senza Protezione civile) scenderà a 224 milioni contro i 257 del 2011. E gli acquisti caleranno a 45 milioni contro i 72 di due anni fa.
C’è poi l’annosa questione del folto esercito dei dirigenti. Al momento, i capidipartimento sono ben 23. Poi ci sono 90 dirigenti di prima fascia e 140 di seconda fascia. Troppi. All’evidenza. Monti ha provato a scremare qualcosa ma i tagli si contano sulla punta delle dita.
Però il clima che si respira negli uffici e nei corridoi di palazzo Chigi è obiettivamente molto diverso da quello del recente passato. Lo dimostra un piccolo episodio: quest’anno più di qualche dirigente ha chiesto lo smartphone invece del cellulare di servizio ma le domande sono state regolarmente respinte dalla segreteria generale.