Iscriviti OnLine
 

Pescara, 16/05/2025
Visitatore n. 743.963



Data: 14/08/2013
Testata giornalistica: La Repubblica
Napolitano: "Governo prosegua" A Berlusconi: "Sentenze si applicano"

Il capo dello Stato interviene dopo giorni di polemiche e dice "Di qualsiasi sentenza definitiva e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto". Ma "arbitrario e impraticabile lo scioglimento delle Camere". E sulla grazia precisa. "Non ho ricevuto alcuna richiesta". Poi sulla riforma della giustizia: "Da tempo all'ordine del giorno"

ROMA - "Il governo prosegua, una crisi sarebbe fatale, riporterebbe il Paese nell'instabilità, serve un'azione per il rilancio dell'economia". Queste le prime categoriche parole del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che in una lunga nota è intervenuto dopo giorni di polemiche, relative alla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset. Parole che non lasciano spazio a interpretazioni parziali, né nelle intenzioni, né nel merito della questione più spinosa, ovvero l' "agibilità politica" di Silvio Berlusconi. Il capo dello Stato, infatti, nell'escludere la possibilità di una crisi e nel contestare "la tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere", manda un messaggio chiaro alle forze politiche e in particolare al Pdl, affinché si assumano la responsabilità di decidere cosa fare davanti al Paese, con la consapevolezza, in caso di crisi, di far " ricadere il Paese nell'instabilità e nell'incertezza" impedendo di "cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica".

FOCUS IL PROCESSO MEDIASET

Napolitano si dice consapevole, "naturalmente, dei rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata nei confronti di Berlusconi". Ma queste tensioni vanno governate e gestite nell'interesse del Paese, fa intendere. Il capo dello Stato chiarisce subito: "Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto. Ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell'attenzione pubblica come in ogni altro". In altre parole, la legge è uguale per tutti. Poi motiva il suo intervento "Intervengo oggi - spiega - in quanto sono stato, da parecchi giorni, chiamato in causa, come presidente della Repubblica, e in modo spesso pressante e animoso, per risposte o "soluzioni" che dovrei e potrei dare a garanzia di un normale svolgimento, nel prossimo futuro, della dialettica democratica e della competizione politica. A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzi tutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto. In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta".

Parole che lasciano intendere che non sia arrivata alcuna richiesta ufficiale di grazia, per il momento. Napolitano ha specificato inoltre, cosa prevede l'articolo 681 del Codice di Procedura Penale, che regola i provvedimenti di clemenza che ai sensi della Costituzione il presidente della Repubblica può concedere. "La grazia o la commutazione della pena può essere concessa dal presidente della Repubblica anche in assenza di domanda. Ma nell'esercizio di quel potere, il Capo dello Stato non può prescindere da specifiche norme di legge, né dalla giurisprudenza e dalle consuetudini costituzionali nonché dalla prassi seguita in precedenza. E negli ultimi anni, nel considerare, accogliere o lasciar cadere sollecitazioni per provvedimenti di grazia, si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda. Tocca al Presidente della Repubblica far corrispondere un esame obbiettivo e rigoroso - sulla base dell'istruttoria condotta dal ministro della Giustizia - per verificare se emergano valutazioni e sussistano condizioni che senza toccare la sostanza e la legittimità della sentenza passata in giudicato, possono motivare un eventuale atto di clemenza individuale che incida sull'esecuzione della pena principale". Un'ipotesi questa che, se così fosse, come già evidenziato allo stesso Berlusconi dai suoi legali, non escluderebbe la possibilità dell'interdizione dai pubblici uffici, ne l'incandidabilità prevista dalla legge Severino.

Sulle ricadute politiche della sentenza, poi, Napolitano non esita a rispedire al mittente molte delle sollecitazioni e delle pressioni che gli sono arrivate in questi giorni: "Toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l'ulteriore svolgimento - ì nei modi che risulteranno legittimamente possibili - della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l'Italia ha bisogno. Una prospettiva di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno". Una riforma a cui il Capo dello Stato aveva già fatto riferimento e sulla quale, pare, si può tentare di trovare un accordo mediando tra le diverse proposte dei partiti.

Dunque l'auspicio: "Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l'alternanza nella guida del Paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell'ascolto reciproco e quelle possibilità di convergenza che l'interesse generale del Paese richiede".

Proprio oggi, poco prima delle dichirazioni del capo dello Stato, Marina Berlusconi ha ribadito il suo "no" alla politica, e ulteriormente smentito le ipotesi della sua discesa in campo, "mi auguro - ha detto - ne prendano atto anche quanti continuano ad attribuirmi un'intenzione che non ho mai avuto e che non ho", ha detto il presidente della Mondadori.

Una dichiarazione che arriva in un momento cruciale per il Pdl e sgombera la strada dalle tante ipotesi circolate nelle ultime settimane circa la successione dinastica a Berlusconi. E che apre, probabilmente, a un nuovo scenario tutto da costruire nel centrodestra. Il problema della leadership è, infatti, un problema aperto. E se le parole di Napolitano, in qualche modo, cercano di garantire un futuro al governo Letta, la questione del dopo Berlusconi a questo punto non può non essere affrontata dal Pdl, o dal partito che sarà.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it