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Data: 14/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tagli agli statali il no dei sindacati frena il governo. D’Alia: gli esuberi sono 108 mila, ma nessun licenziamento

ROMA Gianpiero D’Alia smentisce. Anzi no. «Non ci saranno licenziamenti nel pubblico impiego», puntualizza il ministro della Funzione Pubblica. Nessuno, infatti, ha mai parlato di licenziamenti, ma solo di esodi volontari, mobilità e prepensionamenti. Precisa D’Alia: «I numeri non li abbiamo, però la spending review comporterà eccedenze di personale di circa 108.000 unità». Cioè poco più della metà di quelle immaginate in base ad un primo, discreto monitoraggio, sull’apparato statale. Alla fine, evidentemente, i numeri potranno scendere, ma anche salire. Niente tagli traumatici, ma esuberi confermati. Nella sostanza, se non nelle cifre. Lo staff del dicastero della Funzione Pubblica dovrà procedere ad una dettagliata revisione delle piante organiche prima di dare gambe ad un possibile piano per la riduzione del personale. Ma il percorso del governo si prospetta in salita ed irto di difficoltà perché le organizzazioni dei lavoratori hanno già provveduto a scatenare il classico fuoco di sbarramento: i dipendenti da sette anni non vedono un euro in più nelle buste paga; sono costretti ad accettare il blocco degli stipendi per tutto il 2014; dovranno attendere almeno 24 mesi (media temporale certificata dall’Istat) per ottenere i rinnovi.
BLOCCO TOTALE

Risultato finale, quasi un decennio di attesa per avere qualche decina di euro di aumento. Salvo possibili accordi di secondo livello che potrebbero produrre incrementi pagati con la maggiore produttività. In questo scenario, intercettare una via che conduca al traguardo di una intesa generale è assai difficile. Cisl, Cgil e Ugl diffidano l’esecutivo a non commettere passi falsi con iniziative unilaterali. Una riduzione di 200.000 dipendenti sarebbe «insopportabile» sia a livello sociale che di funzionamento della macchina statale. Da qui la prudenza del governo che sta pensando di rinviare a tempi migliori eventuali sforbiciate sugli organici. «Penso che non sarà un autunno caldo e che il confronto con il sindacato sia necessario - spiega D’Alia - e scatterà in autunno. I duecentomila prepensionamenti? Questi numeri non li abbiamo. Ci sono varie ipotesi allo studio che potremo confermare solo dopo una verifica condivisa in Consiglio dei ministri. Ciò che possiamo dire con certezza è che stiamo lavorando ad un piano di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni che prevede l’abbattimento di una serie di spese. E che stiamo cercando di individuare risorse per finanziare la contrattazione di secondo livello». Il ministro spiega che intanto si stanno applicando le norme sulla spending review: «Comporteranno eccedenze di personale per circa 108.000 unità, per il 50% saranno riassorbite con procedure di mobilità, per l’altro 50% attraverso l’esodo volontario per quella parte di personale che è in possesso dei requisiti per andare in pensione secondo le norme precedenti alla riforma Fornero».

Dipendenti pubblici sempre più vecchi
con buste paga ferme da cinque anni

ROMA Sempre più anziani. E con le buste paga alleggerite. La fotografia della popolazione dei pubblici dipendenti, scattata dall’Aran a giugno, descrive bene l’effetto del blocco degli stipendi combinato all’impatto del blocco delle assunzioni e del turnover. Il «contributo del pubblico impiego alla stabilizzazione dei conti pubblici», dopo i provvedimenti varati dal 2010 in poi, si misura in miliardi: quasi 6 miliardi nominali risparmiati dallo Stato tra il 2010 e il 2012, con una riduzione del 5% della massa retributiva. Siccome nel frattempo l’inflazione è aumentata dell’8%, lo scostamento in termini reali cioè in potere d’acquisto effettivo, è superiore al 10%. Inoltre, i dipendenti pubblici sono scesi da 3,65 milioni nel 2006 a 3,35 milioni nel 2012 e stanno planando verso i 3,23 milioni nel 2013.
IL GAP CON L’EUROPA

Tutto ciò è positivo per i conti dissestati dello Stato che è dovuto intervenire con tagli dolorosi. Ed è anche, in parte giusto, considerato che la dinamica dei salari nel settore pubblico era cresciuta, negli anni fino al 2010, ben più che nel settore privato. Se però si vanno a fare i conti complessivi, e l’Aran lo ha fatto sulla base delle statistiche Istat, si vede che ora la forbice delle retribuzioni di fatto non solo si è ricongiunta ma si è anche invertita: negli ultimi due anni i privati hanno avuto rinnovi contrattuali con miglioramenti del 3,7% medio, il pubblico impiego è rimasto fermo e ha perso l’1,3 per cento. Se si guarda al saldo finale del periodo 2000-2012, il bilancio risulta ancora a favore del dipendente pubblico che ha visto in media migliorare la sua retribuzione del 39,2 per cento contro il 36,7% del dipendente privato. Ma qui è stato il settore dei servizi a svolgere una funzione calmierante con un incremento del 30,9% mentre nel manifatturiero i salari sono cresciuti del 45,8%. La proroga del blocco delle retribuzioni al 2014 porta un altro anno di sacrifici ma è chiaro che la corda non potrà essere tirata ulteriormente.
Anche perché, nel frattempo, il popolo dei dipendenti pubblici sta diventando un popolo di anziani: poco meno della metà dei travet ha un’età pari o superiore ai 50 anni contro il 30% di Francia e Gran Bretagna. Solo il 10,3% ha meno di 35 anni; il maggior numero di anziani è nei ministeri, presidenza del Consiglio e carriera prefettizia che salgono abbondantemente sopra l’età media di 47,3 anni.
Comprensibile quindi che il governo si stia muovendo nella direzione di un esodo volontario per le fasce di età più vicine ai requisiti di prepensionamento ante legge Fornero.

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