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Pescara, 16/12/2025
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Data: 18/08/2013
Testata giornalistica: Il Centro
Politici inadatti. Potrei anche tornare in pista. Raffaele Delfino: Deputato per cinque legislature non ha mai smesso di occuparsi di politica e dell’Abruzzo

Dopo Natali e Gaspari la nostra regione non ha più avuto rappresentanti di alto livello. Solo Quagliariello sta assumendo questa dimensione
La cosa più importante che ho fatto per Pescara è stata la creazione dell’area di risulta con l’arretramento della ferrovia
L’invasione quotidiana di mercati e bancarelle non mi sembra il modo migliore per rilanciare le attività commerciali in questa città

PESCARA È stato deputato in Parlamento ininterrottamente per cinque legislature, dal 1958 (all’epoca fu eletto nelle liste del Movimento sociale italiano) al 1979 e consigliere comunale per ben sei volte, l'ultima risale al 2003. Oggi a ottantadue anni e mezzo, Raffaele Delfino vive nella sua casa di Francavilla al Mare, a due passi dalla sua Pescara, immerso nel verde dei suoi pini e circondato dall'affetto della moglie e dei due figli e dei quattro nipoti che come possono vengono a trovarlo. Gestisce con la consorte una parafarmacia in centro città e segue ancora la politica con lo stesso entusiasmo di quando cominciò ad occuparsene nel 1948 . Adesso ha in tasca la tessera del Pdl e non esclude di impegnarsi nuovamente in prima persona alle prossime elezioni, «perché», dice, «sono seriamente preoccupato della situazione che vedo in giro». L'abbiamo incontrato per farci raccontare come valuta l'attualità politica e non solo e i suoi ricordi di quando era parlamentare. Cosa fa oggi Raffaele Delfino? «Mi interesso molto di politica, nel senso che seguo intensamente quello che accade a livello nazionale e poi a livello locale. Dico a livello nazionale perché ho l'impressione che all'attuale ceto politico abruzzese sfugga il dato politico di oggi che è la nostra regione, non la nazione. C'è una forma di distacco da parte mia, perché reputo questo ceto politico non all'altezza. Non si rende conto delle cose fondamentali, prima c'era un livello superiore, ora si fanno le guerre personali senza ragionare». Lei che ha vissuto la politica fatta nelle sezioni di partito come valuta il fenomeno del Movimento 5 Stelle? «È un fenomeno web. La possibilità del contatto diretto, personalizzato fa credere che possa eliminarsi l'intermediazione delle organizzazioni di partito, ma questo è un errore perché la crisi delle ideologie non può rappresentare anche la crisi delle idee, del pensiero. Quindi i partiti, anche se modificati in senso di alleggerimento organizzativo non possono essere cancellati altrimenti si assisterebbe solo alla moltiplicazione dei fenomeni Grillo, che praticamente comanda come un dittatore. Lui è contro la Costituzione che dice che il parlamentare rappresenta la nazione senza vincolo di mandato. Lui invece nemmeno li fa parlare i parlamentari». Cosa pensa degli attuali esponenti nazionali eletti in Abruzzo? «L'Abruzzo, dopo la scomparsa di Natali e Gaspari, non ha politici di livello nazionale. Solo il senatore Quagliariello sta assumendo questa dimensione: conseguentemente il peso della rappresentanza dell'Abruzzo in sede governativa è estremamente ridimensionata. Tutta l'attenzione della classe politica regionale è rivolta alle elezioni regionali e comunali della prossima primavera, senza rendersi conto che quasi certamente ci saranno prima quelle politiche e la situazione di ineleggibilità di Berlusconi porrà il problema di un nuovo centrodestra, che secondo me deve guardare a un allargamento verso il centro e non a un arroccamento». Come arrivò alla politica? «Cominciai a Sulmona, quando andavo al liceo, ho avuto fin da ragazzo la passione per la politica. Nel 1948 stavo nella Gioventù Studentesca e poi nei circoli di don Giussani. La prima campagna elettorale fu quella del '48, affiggevo i manifesti per le strade. Poi partecipai al primo congresso del Movimento Sociale e nel 1956 entrai in consiglio comunale, due anni più tardi in Parlamento». Come fu il primo impatto con la politica romana? «Mi sono trovato a mio agio perché già all'università La Sapienza era uno scontro continuo sia ideologico che fisico. Dall'altra parte c'erano personaggi di spessore come Marco Pannella e la Castellina». Quali furono le sue principali battaglie per risolvere i problemi di Pescara e dell'Abruzzo? «Il riconoscimento dell'università D'Annunzio che era nata come libera università e con Mancini facemmo l'accordo con Chieti per fare un unico ateneo. Poi l'autostrada, che nel primo progetto “aquilano” doveva essere Roma-L'Aquila-Porto d'Ascoli. L'Abruzzo era completamente tagliato fuori. Poi ricordo le lotte per l'industrializzazione della regione e quelle affinché i proventi del petrolio di Alanno e del metano di Cupello restassero in Abruzzo». Se tornasse indietro rifarebbe politica? «Credo di sì. La politica è come una droga, significa occuparsi della società, della gente e del suo avvenire. Significa affrontare i loro problemi e risolverli. Alle imminenti elezioni regionali sarò presente più di prima». Per la sua città quale crede sia la cosa più importante che ha fatto? «La cosa maggiore che ho fatto per Pescara è stata l'area di risulta. La città era circondata dalla cintura di ferro dei binari con una serie di passaggi a livello che strozzavano l'area urbana. Il ministero dei Trasporti voleva risolvere il problema con dei cavalcavia, il consiglio comunale su mio input rifiutò l'offerta e in Parlamento, insieme a Gaspari e a Spallone, ottenemmo il primo finanziamento per il nuovo tracciato ferroviario sopraelevato che portò anche alla liberazione dell'area di risulta. Successivamente l'amministrazione di centrodestra guidata da Carlo Pace, sempre su mio input e di Nino Sospiri, acquistò l'area destinandola al servizio del centro commerciale naturale. Ancora oggi il problema è quello di creare migliaia di posti auto mentre in questi quattro anni l'amministrazione comunale ha perso tempo. E oggi il centro commerciale è in crisi profonda». Come valuta il progetto di riqualificazione di corso Vittorio? «Il passaggio del mastodontico filobus aggraverà ulteriormente la crisi del commercio. Dovrebbe passare nell'area di risulta. Questa improvvisa decisione dell'amministrazione Albore Mascia non trae origine da nessun programma elettorale di nessun partito di tutti i tempi. La verità è che la Gtm vuole prendere i fondi Fas per completare il percorso e i fondi vengono concessi solo per opere cantierabili. Ma è giusto sconvolgere ulteriormente il commercio invece di trovare una soluzione alternativa con ministero e Regione?». Come vede Pescara e i suoi amministratori? Cosa non le piace? «L'invasione quasi quotidiana di tutti i mercati e le bancarelle non mi sembra la soluzione migliore per la presentazione di una città metropolitana. Pescara vive di commercio, ma oggi è messa in crisi da più fattori e nessuno si occupa di questo. È giusto e bello cercare di migliorare esteticamente la città ma non a rischio che questo mascheri una città morta. Occorre un risveglio e un rinnovamento di uomini e di idee. Vedo molti politici improvvisati e impreparati, mentre Chiodi e Testa operando e studiando hanno fatto qualcosa e sono maturati». Le hanno mai chiesto negli ultimi anni di tornare alla politica attiva? «Nel 2009 avevo un accordo con Roberto Petri e Lorenzo Sospiri per fare, gratis, l'assessore alle aree di risulta con l'obiettivo di risolvere il problema. Da quel momento sono stato fatto fuori, ma ora ho diversi progetti in cantiere e sono pronto a tornare perché troppe cose non vanno e sono preoccupato».

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