ROMA Berlusconi è pronto a ritirare dal governo i cinque ministri del Pdl. Una mossa che porterebbe alla crisi di governo. Secondo indiscrezioni emerse dopo un vertice ad Arcore con Alfano, Verdini e Santanché, la rottura dell’alleanza con il Pd scatterebbe a settembre anche se la data non è stata ancora fissata. Oggi forse Alfano vedrà Letta. Il premier ieri ha detto: «Il Pd farà la scelta giusta per il voto sulla decadenza di Berlusconi. La crisi? Il Pdl se ne assumerebbe la responsabilità».
All’altro capo del filo c’è il Cavaliere. Silvio Berlusconi ieri ha tenuto ad Arcore un vero ”gabinetto di guerra” con tutti i suoi fedelissimi (Santanché, Verdini, Alfano e altri). Sul tavolo, però, stavolta c’era una sola opzione: far cadere il governo, ritirare l’intera delegazione ministeriale («Se io dico basta, non devono restare lì un minuto di più!») e chiedere «subito» nuove elezioni. A novembre, ove fosse tecnicamente possibile, cambiando l’attuale legge elettorale, oppure nei primi mesi del 2014, ma in ogni caso ancora con Berlusconi – dagli arresti domiciliari, dai servizi sociali o, forse, ancora da uomo libero, questo si vedrà – a guidare il centrodestra. Con il suo nome e cognome nel simbolo, magari candidando “tecnicamente” un altro (Marina Berlusconi resta la prima scelta), ma sempre con lui, Silvio, come leader. Altro che primarie, successioni, diatribe. Chiacchiere. “Io non mollo”, appunto.
LO SHOW-DOWN
E quando sarebbe lo show-down con il Pd, ma anche e soprattutto con Napolitano? Presto, molto presto. «Alla ripresa autunnale» dicono i suoi. Ottobre? No, settembre. Senza neppure aspettare il voto della Giunta del Senato sulla sua decadenza, il cui inizio di discussione è previsto per il 9 settembre. Data che potrebbe tornare fatidica. «Abbiamo lanciato gli aerei ad agosto, a settembre partiranno i carri armati», promette un battagliero organizzatore di truppe pidelline. Tutte convinte e compatte, altro che defezioni in vista «come scrivono i giornali che ci vogliono vedere morti, ma che non hanno capito che tranne qualche ciellino nessuno tradirà Silvio», urlano.
C’erano, al vertice, i “falchi” sempre più amati dal Cav (Daniela Santanchè e il coordinatore del Pdl Denis Verdini, Renato Brunetta e Daniele Capezzone), ma anche – e questa è una notizia – l’attuale segretario del Pdl, Angelino Alfano. In teoria, una colomba, che non ha contraddetto la linea del leader. E però, riferiscono fonti Pdl, avrebbe sostenuto che un minimo spazio per riallacciare i fili della trattativa con il Colle, con Letta e con il Pd potrebbe ancora esserci. Tanto che oggi lo stesso Alfano potrebbe andare a palazzo Chigi (accompagnato da Brunetta) per chiedere un intervento dello stesso premier su Napolitano affinché acceleri l’iter della grazia: e ancor meglio sarebbe se Napolitano optasse per la commutazione della pena. In ogni caso Alfano crede anche che sia possibile verificare la strada di un ricorso alla Consulta sull’inapplicabilità della legge Severino.
Tra i duri si iscrive invece la ex ministra e fedelissima Stefania Prestigiacomo che ieri, a scanso di equivoci, ha fatto mettere nero su bianco in una nota: «Sono sicura che non vi sarebbe nemmeno un ministro che avrebbe l’ardire di mollare Berlusconi e scegliere di sostenere un governo contro il volere del partito».
I GOVERNISTI
Ma neppure i sospettati principali, quei ministri del Pdl (i Lupi, i Quagliariello, mentre le due ministre, Lorenzin e Di Girolamo, sono da settimane in rigido silenzio) che sono accusati di «prendere ordini da Napolitano», come li scudiscia Santanché, difficilmente potranno tradire. Anche perché, spiegano altri falchi: «Ma dove vanno? Tranne Lupi, e solo grazie ai ciellini, nessuno di loro ha un voto». Il Cav, dunque, non è più né triste né depresso. Lo è stato, a lungo, fino a Ferragosto. Poi, dopo aver letto e riletto la ‘nota’ di Napolitano e capito che l’agibilità politica che chiedeva non sarebbe arrivata né oggi né domani, ha detto «basta, è tutto inutile, è ora di rovesciare il tavolo. Mi vogliono morto? – si sarebbe sfogato al telefono - Vogliono vedere i miei figli vergognarsi di uscire perché il padre è finito in galera?». No, la risposta. Ergo, il Cavaliere e il suo partito preparano compatti la guerra finale. L’obiettivo è il governo e Letta. «Non lo stimo più, mi ha profondamente deluso – avrebbe detto del premier il Cav – lui e Napolitano mi hanno fatto solo perdere tempo e ancora chiedono di aspettare. Basta, mi sono stufato. Parole. Senza dire che tra i giudici della Consulta cui dovrei far ricorso sulla legge Severino ben undici su quindici ce li ho contro e lo perderei».