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Pescara, 16/12/2025
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21/08/2013
Il Messaggero
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Imu, acconto cancellato con 2,4 miliardi |
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ROMA Lo stato dell’arte in materia di Imu lo ha riassunto ieri il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta. Per prima cosa vanno trovati 2,4 miliardi necessari a cancellare definitivamente l’acconto che i proprietari di abitazione principale (e quelli di fabbricati o terreni rurali) non hanno versato a giugno. Poi bisognerà lavorare all’assetto definitivo del tributo, che potrebbe trasformarsi in una tassa sui servizi sulla cui effettiva incidenza i Comuni avrebbero ampia autonomia. In pratica l’ipotesi al momento prevalente per la riforma è la numero 8 del dossier elaborato dal ministero dell’Economia, che in sostanza lascia ai Comuni - a carico del loro bilancio - la scelta sull’esenzione totale per l’abitazione principale. Le due operazioni potrebbero essere portate a termine separatamente, oppure insieme: proprio questo è uno dei nodi ancora da sciogliere. È chiaro che se non si interverrà entro il mese di agosto, la clausola di salvaguardia a suo tempo prevista dal governo Letta richiederà agli italiani di passare alla cassa entro il 16 settembre, ipotesi che nessuno vuole prendere in considerazione. Proprio il premier ha spiegato ieri che si terrà mercoledì 28 un importante Consiglio dei ministri sul fisco (ma la data potrebbe slittare di uno-due giorni). Difficile che con lo stesso provvedimento possa essere definito l’ulteriore rinvio dell’aumento Iva, anche se i due temi sono ovviamente collegati. Dunque da subito il pagamento di settembre va bloccato e per farlo servono 2,4 miliardi, la metà del teorico gettito di prime case e immobili agricoli: soldi che come ha sottolineato Baretta potrebbero anche essere reperiti in forma una tantum, ad esempio tagliando spese rinviabili. I BILANCI DEI COMUNI Resterebbe però il saldo di dicembre, che gli italiani dovrebbero pagare a meno che non si riesca nel frattempo ad avviare anche il ridisegno complessivo dell’imposizione immobiliare. In caso contrario il nuovo assetto partirebbe nel 2014. Lo schema è abbastanza definito a livello tecnico, anche se resta da acquisire il consenso politico. In sostanza ai Comuni verrebbero destinati circa 2 miliardi ed allo stesso tempo verrebbero dati loro maggiori poteri di azzerare il prelievo sull’abitazione principale (oggi si può fare agendo sulla detrazione, domani potrebbe diventare completamente manovrabile anche l’aliquota). Ma il tributo prenderebbe la forma di una tassa sui servizi tale da assorbire l’attuale maggiorazione Tares di 30 centesimi a metro quadrato. Il gettito complessivo previsto sarebbe di 4,3 miliardi: i sindaci ne avrebbero a disposizione 2 per ridurre l’imposta, per andare oltre dovrebbero però attingere ai propri bilanci. La riforma verrebbe poi completata con il ripristino dell’Irpef sulle seconde case, che finanzierebbe la parziale deducibilità Imu degli immobili d’impresa. Questo assetto, a cui ha fatto riferimento Baretta, ha ricevuto ieri un parziale apprezzamento dal capogruppo Pdl alla Camera, che però sottolinea l’esigenza di rendee totale e strutturale la cancellazione del prelievo per l’abitazione principale. L’ipotesi di service tax di stampo federalista piace anche a Confedilizia, a condizione che i Comuni si muovano verso un federalismo competitivo, che riduca cioè l’imposizione.
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