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Data: 23/08/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Dalle tasse al lavoro: le 14 riforme in bilico. Tutti i provvedimenti che potrebbero finire nel cestino se il governo delle larghe intese arrivasse a fine corsa

ROMA Ci ha messo un po’ a carburare, il governo Letta. Complice la lunga impasse post elettorale sulla definizione degli equilibri di governo e su quelli istituzionali, l’esecutivo si è messo in moto al ritmo del passo lungo degli appassionati di montagna (tradotto in pratica in più di un rinvio) piuttosto che di quello di uno scattista. Con il risultato che le Camere per alcune settimane hanno girato a vuoto e i provvedimenti approvati si contavano sulle dita di una mano. Lo scenario si è capovolto da luglio in poi quando il Parlamento è stato letteralmente inondato da decreti e testi di legge a go-go e il tutto - complice l’ostruzionismo dei grillini - è finito nel collo di bottiglia di Ferragosto.
L’effetto finale? I venti di crisi che stanno scuotendo l’esecutivo si scontrano con un’agenda settembrina di lavori parlamentari e di progetti in cantiere corposa come non si vedeva da anni. Accade così che la polemica politica, accanto alla quotidiana telenovela sul destino di Silvio Berlusconi, finisca per fare leva su argomenti assai popolari.
Primo fra tutti l’Imu sulla prima casa. Entro la fine di agosto il governo dirà cosa vuole fare della tassa sulla casa. E se da una parte il Pdl continua a far pressione per chiederne l’abolizione per tutti, dall’altra il premier Enrico Letta ha buon gioco nel replicare che in assenza di un accordo o, peggio, in caso di crisi paradossalmente gli italiani sarebbero costretti a pagare l’Imu per intero.
Ma quella dell’Imposta sulla casa è solo la punta dell’iceberg di riforme e provvedimenti di carattere politico ed economico (ma anche “culturale” com’è il caso delle nuove norme anti-omofobia) che è stato messo in movimento. Infatti dall’alt all’aumento dell’Iva (per ora fissato al primo ottobre) ai tagli alle pensioni d’oro; dal taglio delle bollette elettriche all’eliminazione del finanziamento pubblico dei partiti, sono almeno 14 le riforme o le norme di peso in attesa del varo definitivo.
Nel pentolone della vita politica italiana, poi, bollono anche provvedimenti strategici. Un’eventuale crisi di governo, ad esempio, metterebbe a rischio per l’ennesima volta (se ne parla dal 1985) il castello delle riforme istituzionali. Vale la pena ricordare che, in strettissima intesa con il Colle, il governo Letta è nato anche per rispettare l’orizzonte dei 18 mesi entro i quali - secondo uno scadenziario per la verità giudicato troppo «garibaldino» dagli osservatori - si dovrebbero varare le riforme costituzionali a partire dall’eliminazione del Senato-fotocopia della Camera e dalla riduzione dell’attuale pletorico numero di parlamentari. C’è un ultimo ma importantissimo capitolo che, per essere scritto a regola d’arte, attende che la pallina berlusconiana decida di (ri)posizionarsi nel flipper della politica italiana: la legge di stabilità, ovvero la finanziaria per il 2014.
Il fatto è che, dopo due anni di vacche magrissime, per l’anno prossimo Palazzo Chigi ha qualche margine - una cifra non lontana da 10 miliardi - per allargare i cordoni della Borsa e, forse, per alleggerire un po’ il fardello del fisco. Margini sorvegliatissimi dall’Unione Europea che ha già fissato paletti rigidi: niente aumento della spesa corrente (leggi pensioni o stipendi degli statali), sì a investimenti o a progetti che assicurino maggiore crescita. Il testo della legge di stabilità andrebbe presentato entro il 15 ottobre.
In questo contesto, infine, è lecito chiedersi quanto influirà l’incertezza politica di queste ore sulla ripresina economica che si annuncia all’orizzonte. La risposta è rinviata solo di pochi giorni.

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