Alfano dà la linea dopo un vertice di 5 ore con ministri e big ad Arcore Il Cavaliere ha scoltato tutti: ora sarà lui a decidere se “staccare la spina”
ROMA Il Pdl va alla guerra schierandosi in difesa del proprio leader Berlusconi appellandosi ancora alle massime istituzioni della Repubblica e, di fatto, rimandando la palla nella metà campo del Pd. In palio c’è la sopravvivenza del governo ma il tono del Pdl sembra ancora quello di un nuovo “penultimatum” anche se appar più netto dei precedenti. Il segretario del partito Angelino Alfano, al termine del vertice politico-familiare riunito per cinque ore nella villa di Arcore - dove erano presenti anche i figli del leader - ha sintetizzato la posizione del partito leggendo un breve comunicato. Dove si dice anzitutto che la «decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore è impensabile e costituzionalmente inaccettabile». Ma sarà il Cavaliere a fare sintesi e a decidere la strada da intraprendere. Il Pdl sceglie dunque lo scontro frontale, ritenendo inaccettabile che il Pd - partito alleato nel governo - possa votare a favore della decadenza il 9 settembre nella riunione della Giunta del Senato. In cinque ore di riunione i falchi sono rimasti tali, sovrastando le colombe che hanno smesso di volare. Ma la linea è comunque un compromesso, un rimanere in attesa. Da una parte punta un faro sulla cosiddetta agibilità politica del proprio leader - condannato in via definitiva per frode fiscale e arrivato in prossimità della decadenza da senatore - e dall’altra richiama il governo a «rispettare gli impegni programmatici assunti a partire dall’abolizione dell’Imu su prima casa e agricoltura». Su questo secondo punto, il tono del documento letto dal vice premier Alfano sembra perentorio. «Non c’è più tempo per rinvii e dilazioni». Tutti falchi, dunque? Il governo è davvero appeso a un filo? La nota del Pdl spinge per una nuova richiesta di dilazione dei tempi: «Tutti insieme rivolgeremo alle massime istituzioni della Repubblica, al primo ministro Letta e ai partiti che compongono la maggioranza, parole chiare sia sulla questione democratica che deve essere affrontata per garantire il diritto della piena rappresentanza politica e istituzionale dei milioni di elettori che hanno scelto Silvio Berlusconi (la cui decadenza dalla carica di senatore è impensabile e costituzionalmente inaccettabile)) sia sul necessario rispetto degli impegni programmatici assunti dal governo a partire dall’abolizione dell’Imu». Le risposte dalle parti del Pd e anche di Scelta civica sono arrivate subito e vanno in direzione opposta a quella sperata da Berlusconi e Alfano. Molti dirigenti del Pd, come Cuperlo, non lasciano spazi quando annunciano che il partito «non arretrerà di un millimetro». Aspettandosi questo, il Cavaliere ha chiesto ai suoi di avere le mani libere, di limitarsi con Alfano a leggere una breve nota dai toni guerreschi e a ordinare meno esternazioni che dimostrano la spaccatura in falchi e colombe. Un risultato Berlusconi l’ha comunque ottenuto. Di ricompattare tutto il vertice attorno alla sua figura, alla quale Alfano ha ricordato di essere «molto legato da indissolubili vincoli di affetto e di condivisione politica». Il vertice di Arcore è cominciato alle 13,30 con il pranzo al quale hanno partecipato tutti i big del Pdl (da Bondi a Cicchitto, da Verdini a Santanché), tutti i ministri, i figli Pier Silvio e Marina, Gianni Letta e Fedele Confalonieri. All’ordine del giorno la strategia da seguire per riuscire a salvare Berlusconi e decidere se vale la pena garantire la sopravvivenza del governo. Sono state cinque ore di dibattito intenso, dove si sono scontrate le varie anime con momenti, secondo alcune indiscrezioni, di forte tensione. La parte ministeriale - Alfano, Lupi e Quagliariello - e quella degli irriducibili di Verdini e Santanché si sono scontrate. Sono state analizzate le varie vie d’uscita, dall’amnistia alla possibilità di franchi tiratori nelle file di Pd e Scelta civica. Si è deciso di rivolgere un nuovo appello alle istituzioni perché facciano di nuovo sentire la propria voce. Ma Berlusconi non ha molta fiducia in questo tentativo in quanto sia Napolitano che Letta hanno già espresso i propri convincimenti. Si è scelto invece di enfatizzare la richiesta al governo di attuare il programma. Insistendo sui due punti, Imu e Iva, considerati “identitari”. Il Pdl è su questo che pensa di mettere sulla graticola l’esecutivo per, eventualmente, mandarlo in crisi. In pratica, un pretesto. La carta dell’Imu resta quella più importante e foriera di contrasti, se è vero che la proposta che sarà discussa nel Consiglio dei ministri del 28 agosto sarà quella indicata nei giorni scorsi dal ministro Delrio: service tax che assorbirà l’Imu e che riguarderà solo il 30% dei possessori di prima casa. Su questo aspetto, in particolare, il presidente dei deputati Pdl Brunetta ha particolarmente insistito, ritenendo che il Pdl debba portare sino in fondo la sua richiesta di abolizione totale.