Il Cavaliere: patto saltato, non governiamo con questa gente. E io presto tornerò in tv. Fallisce la mediazione delle colombe scontro al vetriolo tra Verdini e Cicchitto
«Io vorrei solo andare a votare e al più presto, con Forza Italia e un rinnovato centrodestra. Voglio proprio vedere come faranno ad impedircelo, visto che anche Grillo e Renzi vogliono il voto. I governi Monti e Letta li ho voluti io, ma se oggi Napolitano, Letta e il Pd non prendono atto che le toghe rosse stanno per condannare un innocente e che io combatterò con tutte le mie forze contro questa sentenza ingiusta la colpa è loro. E comunque io non mi umilierò mai a chiedere la grazia, voglio combattere la mia battaglia fino in fondo. Presto tornerò in tv a spiegare e continuare la mia battaglia di libertà e democrazia». Determinato e combattivo, Silvio Berlusconi ha quasi deciso, anche se vuole lasciare ancora qualche spiraglio aperto, che «se non si trova una soluzione alla mia decadenza da senatore il 9 settembre, sarà crisi, rompiamo il patto».
LE POSIZIONI
Il Cavaliere, in realtà, ha parlato pochissimo, ieri, al super-vertice dell’intero (o quasi) stato maggiore del Pdl durato oltre cinque ore a villa San Martino. Il Cav, infatti, prima di riservarsi «qualche ora di tempo per riflettere e decidere» come ha detto con un sorriso tirato ai suoi ospiti nel congedarli e accingersi a soffrire per il suo Milan, che poi ha perso, ha voluto ascoltare tutti, ma proprio tutti, i suoi dirigenti. Erano in diciotto a tavola, ieri ad Arcore. A capotavola sedeva lui, Silvio, intorno c’erano, variamente assortiti, quattro ministri su cinque (Alfano, Lupi, Quagliariello, Lorenzin, mentre mancava la Di Girolamo, esponenti per definizione del partito delle colombe), i capigruppo di Camera e Senato, Brunetta e Schifani, l'ex capogruppo alla Camera Cicchitto, i capofila ex-An Matteoli e Gasparri, l’onorevole Barbara Saltamartini, due colombe temperate per stile come le parlamentari Maria Stella Gelmini e Anna Maria Bernini. A rappresentare il partito dei falchi - uscito decisamente vittorioso dalla riunione - c’erano, invece, solo Denis Verdini e Daniela Santanché, la Pitonessa, più pochi altri: Daniele Capezzone, Bondi e signora, la senatrice Manuela Repetti, l’onorevole Luca D'Alessandro. Mancavano, invece, diversi falchi che non ce l'hanno fatta a venire (tutto il Sud, per dire: gli ex ministri Fitto e Carfagna, l’ex governatrice del Lazio Polverini, Ignazio Abrignani, ma anche Laura Ravetto, che ieri lanciava un chiaro «meglio andare a votare in autunno»). Tra le new entry, a un vertice di big del Pdl, c’era, oltre alla Saltamartini, l’eurodeputata Laura Comi, mentre un gradito (per alcuni) ritorno è stato quello del portavoce Paolo Bonaiuti. Non c’erano, invece, né Gianni Letta né Fedele Confalonieri, ormai in prudenziale ritirata («Ormai, prima ci sei tu, Silvio, poi le aziende» gli avrebbe detto uno sconsolato Confalonieri) e nessuno dei cinque figli.
LA TENSIONE
Insomma, colombe preponderanti nel numero, ma sconfitte. Del resto, le poche parole che il Cav ha pronunciato lungo le cinque ore, mentre ascoltava e prendeva appunti, restano inequivocabili. A far fede, del resto, è il comunicato ufficiale stilato ed emesso, a uso di taccuini e telecamere, direttamente dal segretario del Pdl, Angelino Alfano, comunicato che, per chi avesse ancora orecchie dure a voler intendere, recita così: «La decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore è impensabile e costituzionalmente inaccettabile». Punto. Poche righe, condite da una finta apertura, quella sui provvedimenti del governo che vanno portati a termine «tutti e subito», a partire dall’abolizione totale dell’Imu e dal non aumento dell'Iva. E se nel vertice non sono mancati i momenti di tensione, come uno scontro al vetriolo Verdini-Cicchitto, è stato lo stesso Berlusconi a voler affidare ad Alfano, di cui ha apprezzato i toni, la sintesi finale.
Eppure, la sconfitta delle colombe è segnata proprio dalle facce e dai commenti che il Cav faceva davanti alle argomentazioni, pure solide, di Schifani, Quagliariello e Cicchitto («Il Colle non ci darà mai le urne, piuttosto faranno una nuova maggioranza peggiore di questa per te e per tutti noi») e dal suo forte gradimento degli interventi di Verdini e Santanché («Non possiamo più governare con questa gente», intendendo il Pd), frasi sottolineate dal Cav con un «vi condivido parola per parola». A tal punto che il prossimo Consiglio dei ministri - ha minacciato Berlusconi - potrebbe essere l’ultimo.
Ultimatum del Pdl al Colle e a Letta: è impensabile
far decadere Silvio. Al vertice passa la linea dura con la minaccia di crisi di governo. Il Pd: è improponibile eludere le leggi e non rispettare le sentenze
ARCORE Alla fine, dopo cinque ore di vertice, nel fortino di Arcore prevale la linea dura. Silvio Berlusconi è asserragliato a villa San Martino da fine luglio, con la condanna della Cassazione il suo umore oscilla tra la rabbia e il desiderio di rivincita, le strategie sul suo futuro politico e sul ruolo del Pdl nel governo sono in balia delle correnti. Almeno fino a ieri, quando il Cavaliere ha deciso che era giunto il momento di passare all’azione e tirare le fila in un mega vertice. Tra chi, come Daniela Santanché, vuole far saltare il banco e chi consiglia prudenza. La decadenza per Berlusconi «dalla carica di senatore è impensabile e costituzionalmente inaccettabile», sono le conclusioni dei maggiorenti del Pdl affidate a un comunicato del segretario Angelino Alfano.
Alla chiamata del premier hanno risposto tutti, dai ministri Maurizio Lupi e Gaetano Quagliariello alla portavoce vicaria Anna Maria Bernini, dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta a Maria Stella Gelmini. Obiettivo dell’incontro: mettere a punto la linea del centrodestra sulla permanenza nell’esecutivo Letta, compromessa dal rischio di decadenza di Berlusconi dal seggio al Senato per effetto della sentenza sui diritti televisivi.
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Seduti attorno a un tavolo, Berlusconi e i suoi fedelissimi decidono quale sarà la strada da imboccare: mettere il governo e il presidente della Repubblica alle strette sulla questione dell’agibilità politica dell’ex premier. «Tutti insieme rivolgeremo alle massime istituzioni della Repubblica, al primo ministro Letta e ai partiti che compongono la maggioranza, parole chiare sia sulla questione democratica che - afferma Alfano - deve essere affrontata per garantire il diritto alla piena rappresentanza politica e istituzionale dei milioni di elettori che hanno scelto Silvio Berlusconi». Sia in merito «al necessario rispetto degli impegni programmatici assunti dal governo a partire dall’abolizione dell’Imu su prima casa e agricoltura». Il Pdl, insomma, avverte il governo Letta e dà l’ultimatum: «Non c’è più tempo per rinvii e dilazioni». I pidiellini intendono mettere l’esecutivo all’angolo su questi provvedimenti e sono decisi ad andare fino in fondo. Senza dissidi né spaccature, avverte Alfano: «Il Pdl come sempre è unito, compatto e deciso a fianco del suo presidente Silvio Berlusconi, a cui è molto legato da indissolubili vincoli di affetto e di condivisione politica». Letta è avvisato.
IL PD NON CI STA
No ai ricatti, è la replica del Pd. Mentre gli avversari cercano una via d’uscita, la sinistra assicura di non temere i bluff dei falchi del centrodestra. «Possiamo comprendere il travaglio che sta affrontando il Pdl, ma non è pensabile che si possano eludere le leggi e non rispettare le sentenze. Ci auguriamo che trovi la forza di scindere le questioni giudiziarie dall’azione che il governo sta portando avanti per il bene del Paese e degli italiani», rileva il responsabile Organizzazione Davide Zoggia. «Vogliono un salvacondotto per Berlusconi, minacciano in caso contrario di far cadere il governo, sono indifferenti ai problemi reali del paese e hanno fatto dell’Imu una bandiera elettorale. Nessuno di questi obiettivi verrà raggiunto nonostante gli strepiti di alcuni pasdaran», dice il deputato Cesare Damiano.