Dipendenti della Difesa trasferiti nei ministeri e negli enti
E per 10 mila civili cinque anni di “messa in disponibilità”
ROMA Un’operazione di tagli al personale come questa non ha precedenti nella pubblica amministrazione italiana. Non tanto per le dimensioni, che pure sono notevoli (quasi 30 mila posti di lavoro in meno, come se la Fiat smantellasse tutti gli stabilimenti automobilistici in Italia) quanto per le modalità. Per gli esuberi del ministero della Difesa si prevede la mobilità forzata: i prescelti dovranno accettare il trasferimento in un ministero o in un ente pubblico. L’unica alternativa possibile per chi rifiuta lo spostamento è il pensionamento anticipato obbligatorio, con lo stipendio all’85%.
Così vuole il decreto legislativo che il Consiglio dei ministri ha già esaminato in prima lettura e che si pensa di trasmettere alle commissioni parlamentari in settembre. È la riforma iniziata dal governo Monti per costruire, nell’arco di dieci anni, il cosiddetto “nuovo modello di Difesa”. L’obiettivo è quello di rendere le nostre forze armate più moderne, e per arrivarci bisogna riequilibrare la distribuzione delle risorse tra spese per il personale e spese per investimenti. Oggi gli stipendi rappresentano il 70% dei costi, mentre per il resto (leggi: per gli acquisti di armamenti) non resta che il 30%. Entro il 2024 si deve arrivare a un rapporto del 50% a 50%. Solo così l’Italia potrà permettersi forze armate bene attrezzate e tecnologicamente aggiornate, perché la situazione della finanza pubblica è quella che è e la spesa militare complessiva non può essere incrementata, dunque la Difesa deve trovare le risorse all’interno del suo bilancio, risparmiando dove si può. Cioè sul personale. Così richiede la “Riforma dello strumento militare” proposta dall’ammiraglio Di Paola quando era a capo del ministero e confermata poi dal suo successore Mario Mauro nel decreto legislativo in via di emanazione.
LA MOBILITÀ
Il piano indica 18 mila esuberi tra i militari e 10 mila tra i civili, 28 mila in tutto. Per individuare chi deve andare via saranno elaborate delle graduatorie. Si attingerà prevalentemente dalla fascia dei sottufficiali di età compresa tra i 45 e i 55 anni, che ormai non sono più utilizzabili per missioni operative mentre potrebbero essere più produttivi negli uffici di altre amministrazioni. Per esempio al ministero della Giustizia, come ha suggerito in passato il ministro Mauro. Per fare spazio agli esuberi della Difesa si impone alle altre amministrazioni di riservare loro una parte dei loro posti: nei ministeri, negli enti del parastato, negli enti locali dovrà essere lasciata a disposizione dei fuoriusciti una quota pari al 20% delle assunzioni annuali.
L’ESODO INCENTIVATO
Chi non è disposto ad accettare il nuovo incarico può contare sull’opzione alternativa del pensionamento. L’offerta è abbastanza vantaggiosa: si va a riposo con un assegno che, sommando tutte le voci, vale circa l’85% dello stipendio attuale, oltretutto con la possibilità di integrare le entrate con i guadagni di eventuali lavori extra (cosa non consentita invece ai militari che oggi scelgono volontariamente l’istituto dell’ausiliaria). La cosa riguarda però soltanto i militari. Per i civili la scelta di andare in pensione anticipata non c’è e se ci si rifiuta scatta l’istituto della “messa in disponibilità”, praticamente la cassa integrazione dei dipendenti pubblici. Non è la prima volta che una legge prescrive una procedura del genere, già quindici anni fa le riforme Bassanini prevedevano lo stesso meccanismo. La differenza è che finora non si è mai passati dalla teoria alla pratica, cioè non c’è mai stato bisogno di mettere davvero uno statale in disponibilità. Questa volta invece si fa sul serio. Per agevolare i futuri esuberi civili si è comunque allungata di molto la durata di questa cassa integrazione ministeriale: 60 mesi anziché 24. Cinque anni in cui il dipendente continuerà a prendere uno stipendio, sia pure decurtato (l’80% del trattamento fondamentale).
L’uscita dei militari e dei civili in soprannumero avverrà in modo abbastanza graduale, mediamente 2-3 mila persone all’anno a partire dal prossimo anno. Al termine di questo processo, nel 2024, il costo del personale della Difesa si sarà ridotto del 20%.