ROMA Ormai per Berlusconi il dado è tratto: «E’ inutile cercare pretesti sull’Imu o sull’Iva. La gente, gli italiani, hanno capito benissimo che la mia battaglia sulla giustizia è una battaglia giusta. Dobbiamo rompere, mettere in crisi il governo, e farlo il prima possibile». La crisi di governo, insomma, potrebbe materializzarsi nel giro di pochi giorni. Tra lunedì prossimo, quando il Pdl riunirà un ufficio di presidenza, inizialmente previsto per domani e spostato all’ultimo momento, che già si annuncia di rottura, e la Giunta delle Immunità del Senato terrà, quasi in drammatica simultanea, la sua prima riunione. O con il primo voto utile con cui il Pd concretizzerà, sempre in seno alla Giunta, il veto a ogni soluzione per disinnescare la legge Severino sancendo così la decadenza di Berlusconi. Insomma, resta da stabilire solo una cosa, la data. Per il resto, il Cavaliere ha già deciso tutto.
Già pronto anche un videomessaggio agli italiani targato Forza Italia che, entro pochi giorni (forse già domenica prossima, vigilia appunto della giunta) verrà diffuso a tv, siti, agenzie e conterrà, assieme alla lieta novella della rinascita dello «spirito del ’94», un netto attacco alle «toghe politicizzate», alla «persecuzione giudiziaria», alla battaglia «per una giustizia giusta».
ROTTURA DI FATTO
Morale. Il Cav ha deciso il cosa, la rottura con il Pd di Epifani e Letta, ma soprattutto con quello che continua a ritenere un Pd eterediretto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Berlusconi ha deciso pure il come. Un come che passa attraverso una crisi di governo che parta dal ritiro della delegazione dei cinque ministri, vicepremier Alfano in testa, dall’esecutivo guidato da Enrico Letta, «un democristiano di cui non mi fido proprio più e di cui ho fatto male a fidarmi, così come ho sbagliato ha fidarmi di un ex comunista come Napolitano», avrebbe sussurrato, ieri sera, seppure a denti stretti, ai suoi fedelissimi. Resta il quando, appunto.
LA FINESTRA ELETTORALE
Quando aprire la crisi di governo e provare l’ultima fiche da gettare sul tavolo della roulette russa, quello del tentativo di correre a elezioni politiche anticipate, sfruttando l’ultima finestra elettorale, quella del 24 novembre prossimo, finestra che, però, si chiuderà, e irrevocabilmente, dal 10 ottobre in poi. Senza esito è stata infatti anche l’estrema mediazione tentata nelle utliem ore da Gianni Letta e Fedele Confalonieri, in costante e pressante contatto telefonico con il Quirinale, tanto che ieri era circolata anche la voce di un incontro dell’ex sottosegretario alla Presidenza con il capo dello Stato. La trattativa consisteva, si dice, in uno scambio: Berlusconi si dimette da senatore subito, con un discorso alto, Napolitano concede la grazia altrettanto subito. Niente da fare, però.
GLI ATTACCHI DI STAMPA
E rapporti Colle-Arcore vicini, ormai, allo zero assoluto, specie da quando Napolitano giudica provenire da lì gli attacchi che, quotidianamente, il Giornale o esponenti Pdl gli rivolgono. Men che meno hanno voce in capitolo le cosiddette colombe, quelle che, a partire dalla compagine ministeriale con l’eccezione del solo Alfano vengono ritenute, e trattate, alla corte di Arcore, alla ormai sempre più dichiarata stregua di traditori. Tanto per dire del clima che vige nel Pdl, ma anche perché lo stesso Berlusconi e i suoi che vivono in perenne attesa della dichiarazione di guerra che starebbe per partire temono che, se mai Letta e Napolitano volessero dare vita a un Letta bis, non s’accontenterebbero certo di farlo con una manciata di transfughi M5S. «Proverebbero, a fare le cose in grande», si sfogava ieri a sera un falco azzurro, «portandoci via, se gli riesce, almeno metà Pdl come provò a fare Monti quando era in combutta coi nostri traditori di allora, quelli del teatro Olimpico, ma gli andò male».
Il Pd si prepara: se si vota, Renzi in campo. L’eventualità della crisi cambia i giochi precongressuali Veltroni: «Con lui i riformisti vincono». I bersaniani aprono.
LA SINISTRA
ROMA «Qui va a finire che faremo le primarie direttamente per il candidato premier». La previsione è di Davide Zoggia, responsabile organizzativo del Pd, il più bersaniano dei bersaniani, che arriva alla Camera nel tardo pomeriggio e fa capire come stanno le cose in casa democrat. Le minacce di crisi con annesso ritiro dei ministri pdl non sono passate inosservate al Nazareno. La segreta speranza dei bersaniani e della ex maggioranza è che, se tutto precipita, Matteo Renzi si catapulti direttamente su palazzo Chigi lasciando poi ad altri, ai soliti noti magari, la gestione del partito. Una speranza destinata a rimanere tale, visto che il sindaco ha sciolto le riserve e ha capito che se vuole andare a palazzo Chigi e soprattutto se vuole restarci, non può fare a meno di avere dalla sua il Pd, guidarlo e cambiarlo. Prodi docet.
LA ROAD MAP
Né per la ex maggioranza (sempre più ex dopo la scelta di Franceschini di schierarsi con Renzi) è agevole seguire il percorso che si era prefissata: puntare a una conferma di Epifani leader e schierare Letta contro il sindaco. Primo, è stato lo stesso Epifani a far sapere proprio ieri a una festa dell’Unità che lui non è candidato: «No, non lo sono», ha risposto secco a domanda precisa. Cosa che aveva già annunciato prima di andare in ferie, quando ancora i bersaniani battagliavano su regole e procedure per stoppare Renzi, e Epifani a qualche deputato lo aveva confidato, «a questo punto io mi tiro fuori, il mio mandato è esaurito». Quanto a schierare Letta contro l’ex rottamatore, ammesso e non concesso che il premier aspiri a fare l’anti-Renzi, è lo stesso Zoggia a dare la chiave per capire come stanno le cose: «Questo governo ci mette in difficoltà, i nostri non capiscono, o capiscono bene che alcuni provvedimenti tipo l’Imu sono a favore solo dell’elettorato pdl». Ma se c’è la crisi e Napolitano punta a un Letta bis, che fa il Pd? «Per noi sarebbe un bel problema, servirebbe solo a Renzi per aumentare i consensi. Certo, la legge elettorale e quella di stabilità devi cercare di farle, ma poi subito al voto». Gira pure la data, domenica 9 marzo, mèta agognata da Matteo il giovane che se la sogna pure la notte.
LA BATTAGLIA
Nella battaglia pre-congressuale, Walter Veltroni ha confermato il suo sostegno a Renzi, «con Matteo, con Letta e i migliori del centrosinistra faremo una squadra vincente», ha detto inaugurando una sorta di meglio gioventù del riformismo, «l’obiettivo è di conquistare una maggioranza riformista per guidare il Paese». Gli ultimi nodi verranno sciolti all’assemblea del 20 e 21: il primo giorno parlano Epifani e Letta, il secondo si discute e forse si battaglia sulle regole. L’idea di far votare il segretario solo dagli iscritti e il premier da una platea più ampia è talmente impopolare che non si sa neanche se verrà presentata. Le date di primarie e congresso, invece, dovrebbero finalmente essere fissate.