ROMA Lo show down per Silvio Berlusconi è domani, una giornata campale per determinare le sorti dell’ex premier, del premier attuale e del Paese. Domani, infatti, sono in agenda due appuntamenti entrambi cruciali: da un lato, la Giunta per le Immunità del Senato inizierà la discussione sulla decadenza del senatore Berlusconi e si scoprirà – come si ripete in modo ossessivo da parte di tutti gli esponenti del Pdl – «se il Pd vuole ragionare e riflettere, dando tempo alla Giunta per approfondire tutte le questioni che si troverà davanti o vuole accelerare causando subito la crisi di governo». Il secondo, pur non confermato al 100%, almeno fino a ieri sera da Arcore, riguarda proprio lui, Berlusconi: nella sua agenda personale c’è l’invito alla festa del Giornale di Sallusti. Televisioni, agenzie e inviati di tutto il mondo già si stanno mobilitando per convergere su Sanremo per sentire il discorso (invettiva o conciliante?) che vi terrà, se vi andrà, il Cavaliere. Sarà pace o sarà guerra? Non si sa, almeno non ancora, ma la voglia del Cav di rompere tutto resta alta.
«Se la Giunta delle Immunità del Senato non è disposta a prendere in considerazione nemmeno il ricorso che i miei avvocati hanno presentato, stavolta direttamente alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, allora il problema non è l’applicazione delle leggi ma come ho sempre detto e pensato io, tutto e solo politico. Vogliono eliminarmi? Lo dicano. Mi difenderò con ogni mezzo e in ogni luogo, da uomo libero o in galera». Silvio Berlusconi, chiuso nella sua villa di San Martino ad Arcore dove resterà pure oggi, circondato dall’affetto della famiglia, e cioè i cinque figli, la fidanzata Pascale, pochi e scelti amici di una vita, passeggia per i giardini senza riuscire a darsi pace.
IL VIDEO NEL CASSETTO
Sono giorni di attesa e di nervosismo, per lui. Le carte che i suoi avvocati (Coppi, Longo, Ghedini) e uomini di fiducia (Gianni Letta e Fedele Confalonieri su tutti) potevano trovare e produrre sono state trovate e prodotte. In esse, ormai, c’è di tutto, a tal punto che anche i berlusconiani di provata fede fanno fatica a raccapezzarsi tra esse. «Carte buone per il macero, mosse da legulei!», sbotta un falco dalle penne ormai abbassate che morde il freno perché «l’unico risultato tattico che otterranno quei geni che abbiamo al Senato con il loro Vietnam in Giunta sarà di farci chiudere, da soli, l’ultima finestra elettorale utile per votare». Del resto, se persino nel ricorso presentato dagli avvocati a Strasburgo, è scritto, nero su bianco, che «vi sono elementi sufficienti per affermare che nella vicenda gli obiettivi politici hanno prevalso sulle ragioni del diritto», si può immaginare cosa ci sia, tra parole e immagini, nel videomessaggio diretto al nuovo elettorato di Forza Italia e, per ora, rimasto nel cassetto.
LA SFIDA SUI RICORSI
Insomma, l’obiettivo spiega chi è di casa ad Arcore (ieri c’era Verdini) è quello di ripassare ancora una volta il cerino nelle mani dei Democratici: «Se dicono no alla Consulta e alla Corte dei diritti dell’uomo sarà guerra», promettono le colombe, in questi giorni iper-atttive anche in fatto di convegni e summit (ieri si segnalavano Gasparri in Puglia, Quagliariello a Frascati per la sua Summer School, Alfano e Schifani nella loro Sicilia). «Sai che novità», ri-sbuffano i falchi, «il Pd vuole Berlusconi in galera», ma la loro linea, quella della rottura drammatica e della crisi di governo è, per ora, ancora dov’è da giorni, dopo la mediazione Letta-Confalonieri, dentro un freeezer di Arcore. Il Cav ha deciso, ancora una volta, di fidarsi dei consigli delle cosiddette colombe e si trincera dietro silenzio e attesa. A villa San Martino i figli sono tornati sui soliti argomenti: il rischio di ripercussioni pesanti sulle aziende in caso di crisi e la grazia al Colle. Il Cav, però, non ne vuole sentire parlare di chiederla: oscilla tra il solito umor nero e rassegnato e la voglia di rompere e giocarsi il tutto per tutto.