CERNOBBIO L’abbattimento del cuneo fiscale entra di forza tra le priorità dell’agenda di governo. I 12 mila euro di tasse e imposte che gravano sul bilancio di ogni contribuente rendono la questione improrogabile, tanto più che la riduzione della tassazione sul lavoro è stato uno dei temi sui quali l’Italia si è impegnata al tavolo dell’ultimo G20. Tocca al ministro del Lavoro Enrico Giovannini scandire i tempi e fissare la prima data in cui si comincerà concretamente a lavorare: «Stiamo procedendo con delle simulazioni e verificando le varie ipotesi. A metà ottobre faremo la nostra proposta in sede di legge di stabilità», annuncia dal palcoscenico del forum Ambrosetti.
INTERVENTI GRADUALI
Il ministro chiede pazienza e prudenza. Ma il piano di massima, spiega, c’è già e partirà nel 2014, con un progressivo alleggerimento della forbice tra quanto i datori di lavoro pagano e quanto effettivamente finisce nelle buste paga dei dipendenti. Al momento si ragiona attorno all’ipotesi di un primo intervento di un paio di miliardi di euro, con conseguente alleggerimento dei contributi Inail e altri contributi non previdenziali. Il taglio potrebbe riguardare in un primo tempo le aziende che non hanno avuto infortuni sul lavoro, mentre si vagliano i contributi per la cig, per la maternità e si profilano incentivi fiscali al salario di produttività. E per reperire le risorse si studia un possibile scambio tra cuneo e Iva. Dati gli esigui spazi di manovra si va dunque verso un taglio «selettivo, cioè diretto solo a determinate categorie di imprese, ad esempio solo per chi fa investimenti». Ma nel lungo periodo l’obiettivo resterebbe quello dell’alleggerimento della componente del lavoro su base Irap. Questa, dice il ministro, «è una delle possibilità in campo, visto che le risorse sono quelle che sono: ogni volta ci si aspetta un provvedimento risolutivo per tutti i problemi». Secondo punto: l’intervento dovrà essere attuato «anche in un’ottica pluriennale, non possiamo immaginare di fare tutto nel 2014 considerate le nostre disponibilità, ma dobbiamo dare alle imprese la certezza che da qui ai prossimi anni ci sarà un percoso da seguire». Anche perché la crescita, sottolinea Giovannini, «da sola non basterà a riassorbire i tre milioni di disoccupati che abbiamo. C’è però un aspetto positivo: da quattro mesi il tasso di disoccupazione non aumenta più». La riduzione della tassazione sul lavoro, assicura il ministro, è un processo ormai avviato e irreversibile: «Sappiamo che la legge di stabilità è il luogo nel quale si fanno le scelte pluriennali, abbiamo la possibilità di ridurre le spese e di riorientare le entrate. Quello che sappiamo è che in questo momento ciclico, quando si segnalano i primi cambiamenti nell’atteggiamento di consumatori e di imprese, dobbiamo spingere per avere una crescita più forte». Certo il percorso non sarà semplice, soprattutto in una fase politica di marcata incertezza e con i quotidiani rischi di crisi dell’esecutivo. «Sono un ministro tecnico, non politico. Ma se il governo cadesse - mette in guardia Giovannini - salterebbero anche i venti provvedimenti di grande rilievo in discussione in Parlamento».
Non solo. Qualora l’esecutivo di Letta saltasse, «temo un aumento dei tassi e il riacutizzarsi dello spread, che significa maggiori oneri per gli italiani», è la proeccupazione del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. In ogni caso «fiducioso del fatto che la crisi non ci sarà». Anche perché proprio ora il nostro Paese «può uscire da una lunga serie di trimestri negativi, che possono essere cancellati dalla grave incertezza politica sia interna che internazionale». Il vento che spira sull’economia italiana, secondo il ministro, è finalmente cambiato: «Dopo otto trimestri di crescita negativa il quarto trimestre dovrebbe avere prospettive di crescita». Benchè in termini di ripresa «siamo ancora molto lontani dai livelli pre crisi del 2007».«HS0.1»