CERNOBBIO I capi di governo che una volta all’anno si presentano al forum con vista sul lago di Como sanno che qui, più che in altri luoghi, si misura il grado di fiducia riscosso. E se al suo predecessore Monti economisti e imprenditori chiedevano rigore, oggi dal premier Enrico Letta vogliono azione. E il presidente del consiglio risponde a tono: «Sono stradeterminato, non a galleggiare ma a lavorare. Non mi farò bloccare dai veti, dai terremoti politici, dai rumori di fondo. C’è bisogno di una svolta e noi non siamo qui per traccheggiare ma proprio per dare una svolta».
STABILITA’ PAROLA MAGICA
Il compito che attende l’esecutivo, dice Letta, «è difficile». Del resto l’attuale coalizione è il prodotto di un «terremoto» mai accaduto nella politica italiana: «I risultati delle ultime elezioni in cui una forza politica nata dal nulla ha preso il 25 per cento e l’implosione del Parlamento che non è riuscito a eleggere il presidente della Repubblica. Abbiamo capito quello che è successo tra febbraio e aprile o ancora siamo ciechi?». Di fronte a un cataclisma di tale portata, afferma, «le risposte tradizionali non bastano. L’instabilità costa. Ha costi drammatici per tutti come contribuenti e per voi come imprenditori. La stabilità invece paga. Non è un inno astratto, è nell’interesse dei cittadini». E solo questo, ora, è ciò che sta a cuore al premier. Per i giochi politici non c’è tempo, assicura: «Di fronte a un compito così improbo, impervio, mi dedico totalmente a questa missione, che è già un’impresa. Figurarsi se uno si può dedicare al proprio futuro politico o al congresso del partito, cui peraltro sono affezionato». Perciò «trovo insopportabile e respingo il racconto macchiettistico e fazioso che in questi 130 giorni di governo non sia stato fatto nulla». L’elenco di Letta va dalle infrastrutture all’edilizia scolastica, dall’abolizione dell’Imu alla decontribuzione per l’assunzione dei giovani, entro settembre sarà approvato il pacchetto di dismissioni dopo di che il tema centrale sarà la riduzione delle tasse sul lavoro. «Se riusciamo a rompere le catene che bloccano l’Italia», a sconfiggere «il caos politico permanente», a spazzare via «la gerontocrazia che ci portiamo dietro, il nostro Paese farà cose straordinarie».
DISSIDIO CON SACCOMANNI
Tra i primi risultati raggiunti Letta inserisce anche il patto di Genova tra Confindustria e sindacati, oggetto di frizione con il ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni. Se il supervisore dei conti pubblici guarda ai possibili costi degli interventi richiesti, il premier invece sottolinea il valore politico del documento comune. «Se si legge in filigrana - spiega il ministro, annunciando anche una task force per i tagli alla spesa pubblica - mostra un conto della spesa molto elevato e immediatamente posto a carico del bilancio statale con poco realismo». Nel giro di un’ora Letta sale sul medesimo palco e corregge il tiro: «Saluto positivamente l’accordo, è un fatto importante e positivo che le parti sociali si coalizzino contro le tensioni e la per pace sociale. Lavoreremo in quella direzione».