ROMA - La fragile tregua tra Pd e Pdl si incrina sul calendario dei lavori della giunta delle elezioni del Senato. Se l'esito del secondo giorno di lavori aveva soddisfatto un po' tutti, l'ufficio di presidenza odierno registra una rottura tra democratici e berlusconiani. Dovuta al mancato accordo sul calendario dei lavori. Con il Pdl che chiede, per voce del senatore Caliendo, tempi più lunghi: due settimane fino al voto. E Pd e M5S che si oppongono, spingendo per procedere ad oltranza. La decisione è demandata alla plenaria della giunta (che si riunirà domani alle 15), ma l'ipotesi più probabile è di iniziare domani, tenere una seduta venerdì o lunedì e poi votare la relazione di Augello all'inizio della prossima settimana. La sintesi toccherà al presidente della giunta Stefàno. "Proverò domani a convincere i gruppi" - ha detto il senatore di Sel - "Non vedo troppa distanza. Alla fine il capogruppo del Pdl ha proposto giovedì prossimo per il voto". Parole dure arrivano dal socialista Buemi che accusa i democratici: "Ci sono diktat che provengono dall'esterno, e non dal centrodestra, che rischiano di riportarci alla situazione di ieri". Tesi condivisa dal vicepremier Alfano: "Stanno trattando la vicenda della decadenza del leader del centrodestra italiano come fosse la finale della Coppa del Mondo". "Quelli del Pd - avverte poi Alfano - "si tolgano dalla testa transfughi" del Pdl "disponibili a fare gli stupidi sostenitori di un governo di sinistra". E su un eventuale passo indietro di Berlusconi taglia corto: "Non credo si dimetterà prima del voto del Senato sulla decadenza, non ci sono motivi perchè si dimetta prima".
La soddisfazione di Brunetta. Eppure in avvio di giornata la tensione all'interno della maggioranza sembrava essersi raffreddata. "Il Pd si è accorto di aver sbagliato ad accelerare, e ha fatto marcia indietro - scrive Renato Brunetta su Twitter -. Si è diffuso un po' di buonsenso, ma solo un po'". Salvo ribadire la minaccia del Pdl. "Se il Pd voterà in giunta con Sel e Cinquestelle per la decadenza di Berlusconi, allora lo stesso Enrico Letta dovrebbe prendere atto che la maggioranza è cambiata su un voto politico e non giuridico". Il capogruppo pidiellino alla Camera ipotizza un intervento 'dall'alto' dietro lo slittamento dei lavori della giunta: "Evidentemente qualcuno ha frenato il Partito democratico. Penso, molto probabilmente, anche se non lo so con esattezza, il Colle più alto".