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Data: 12/09/2013
Testata giornalistica: Il Messaggero
Squinzi: ripresa lenta 5 miliardi per tagliare il costo del lavoro

ROMA Si scambiano sorrisi e cordialità. A fine convegno si fermano anche a colazione insieme. Sono trascorsi solo pochi giorni da quando a Cernobbio il ministro dell’Economia pronunciò parole di stroncatura del Patto di Genova sottoscritto tra Confindustria e sindacati. Eppure sembra un’altra epoca. Pace fatta tra Fabrizio Saccomanni e Giorgio Squinzi (sempre che di lite si possa parlare, visto che in realtà il numero uno di Confindustria finora aveva evitato di replicare). E d’altronde tra correzioni in diretta da parte del premier, note di smentita e lettere ai quotidiani, il miglioramento del clima era più che preannunciato. «Credo ci sia stato qualche eccesso nelle interpretazioni» minimizza il presidente di Confindustria, prima dell’intervento del ministro al convegno organizzato dal suo centro studi per diffondere le ultime - meno pessimistiche - previsioni sull’andamento dell’economia. E infatti, quando Saccomanni prenderà la parola, sottolineerà il suo apprezzamento per lo sforzo profuso dalle parti sociali nel Patto di Genova «in sintonia con la linea strategica del governo».
Ma se le tensioni tra viale dell’Astronomia e via XX Settembre sono rientrate, ancora non è chiaro però fino a che punto le ricette per agganciare la ripresa coincidano. Soprattutto nel quantum. Squinzi ribadisce: «Serve una scossa potente, un drastico taglio del cuneo fiscale con un intervento di almeno 4-5 miliardi di euro subito».
IL NODO RISORSE

Sul percorso il ministro concorda: ridurre le tasse su lavoro e impresa, è la strada giusta. E tra spending review (a breve verrà creata una struttura permanente al posto del «cavaliere solitario con lo spadone»), riforma fiscale con il riordino delle agevolazioni, utilizzo più efficace di fondi Ue, in effetti un po’ di risorse si possono anche trovare. La legge di stabilità, in arrivo per metà ottobre, «guarderà al futuro» promette Saccomanni.
Ma poi non va oltre: nessun dettaglio sulle misure, niente numeri se non quel 3% nel rapporto deficit/Pil che resta il muro invalicabile dei nostri conti pubblici. Salvo due categoriche precisazioni: il governo non rinegozierà gli impegni con l’Ue («è una strada priva di futuro»), né chiederà aiuti che comportino la cessione delle scelte di politica economica a meno di un apposito «mandato di tutte le parti politiche». Al presidente di Confindustria non resta che abbozzare e lanciare un nuovo amo: «Non crediamo nei miracoli, non vogliamo tutto e subito. Ma è necessario agire con misure urgenti ed efficaci».
STIME AL RIALZO

Il momento è quello giusto. La crescita finalmente - anche se resta «cruciale la stabilità politica» - sta per fare capolino. Per Saccomanni è una conferma: lui lo aveva già detto, tra lo scetticismo anche degli industriali, qualche mese fa. «Mi sono sentito come un gregario che scappa sullo Stelvio e oggi sono contento che il gruppo mi segue» commenta compiaciuto. Ora anche secondo Confindustria il prossimo trimestre sarà quello della svolta: il Pil posizionerà l’asticella sullo zero, per poi iniziare la sua «lenta risalita» e chiudere gli ultimi tre mesi del 2013 con +0,3% congiunturale. Naturalmente, visti i pesanti arretramenti dei periodi precedenti, il bilancio annuo sarà negativo, anche se in misura minore rispetto alle scorse stime: -1,6% contro -1,9%. A bocce ferme il 2014 farà registrare un Pil in aumento dello 0,7% (anziché 0,5%). Meglio di niente, ma comunque troppo poco per recuperare «i solchi profondi» lasciati da sei anni di crisi, a partire dal milione e ottocentomila posti di lavoro persi. Per questo Squinzi insiste: «Non possiamo accontentarci di una crescita con numeri da prefisso telefonico».

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