CHIANCIANO Enrico Letta alla fiera del Levante di Bari, al mattino. Sempre lui, nel pomeriggio, alla festa dell'Udc di Chianciano Terme. Prima dice: «La nostra legge di stabilità non la fa Bruxelles». Poi ripete, con una variante importante: «Se cade il governo la legge di stabilità, quella che un tempo era la Finanziaria, insomma la manovra economica, la scrive Bruxelles. E per un motivo molto semplice. Perchè abbiamo la stessa moneta».
Cioè la legge più importante la scrive l'Europa, commissariando di fatto l'Italia che torna a comportarsi da Italietta, Paese nel quale i governi durano niente e si cambiano sempre e la «serietà» non è di casa così come la «credibilità»: le due parole ieri ribadite in continuazione dal premier e recitate come un mantra. Per fare capire a tutti, al Pdl e al Pd, che nonostante la burrasca legata alla decadenza di Berlusconi da senatore, e a dispetto degli ardori di entrambe le parti politiche che compongono la maggioranza delle larghe intese, all'Italia serve un governo che governi perchè «va fatto un cambiamento radicale».
GLI EFFETTI
Letta guida un governo cosiddetto «di pacificazione» e non è tipo da minacce. Ma vuole parlare chiaro e lo fa, proprio rivolto ai partner di governo ma anche ai cittadini. «Se cade il governo, gli italiani pagheranno l'Imu sulla prima casa. Perchè non si farà in tempo ad approvare i decreti attuativi di questa riforma». Il premier è tutto concentrato sull'economia. Assume il profilo di chi non vuole che la politica, intesa come scontro politico, incida negativamente sul programma di risanamento e di sviluppo che il suo esecutivo sta tentando di attuare. Dice Letta: «I costi dei giochi politici minano la ripresa economica». E ancora: «Se non c'è stabilità, noi non ce la caviamo». Parla di cose, di riforme, di urgenze, di priorità il capo del governo. «Ci sarà un intervento sul cuneo fiscale» nella legge di Stabilità annuncia. Ovvero vuole ridurre le tasse sul lavoro, vecchio pallino di tanti e tra gli altri soprattutto dell’ex premier Romano Prodi.
LO SCENARIO
Ma non solo questo. «C'è la possibilità - incalza parlando alla festa di Chianciano Terme - di far scendere i tassi di interesse al quattro per cento, se c'è la stabilità politica. E questa sarebbe una spinta all'economia, alle imprese, agli investimenti. Se invece finiamo al cinque per cento, perdiamo molti soldi». Di più: «Rispetteremo gli impegni sul deficit». Ma sempre se il quadro politico regge, sempre se il binomio serietà-credibilità diventa un tratto nazionale quasi inedito ma possibile, anzi necessario. E comunque «ce la possiamo fare, oggi più che mai. La ripresa è a portata di mano, basta saperla prendere». Se invece l'Italia fa l'Italietta - anche se il premier non usa questo tipo di semplificazione - oltre a pagare l'Imu i cittadini vedranno vanificate anche le riforme della scuola a cui Letta tiene particolarmente. «Dopo anni di tagli - dice - siamo tornati a investire in questo settore, che è quello su cui si gioca il futuro del nostro Paese». Insieme alla cultura e al turismo. «Il primo divario da colmare tra Nord e Sud - spiega - è proprio sulla scuola».
LE CONDIZIONI
Ma in generale, «per farcela l'Italia deve partire dal Mezzogiorno», così dice Letta da Bari. Un Letta ottimista ma senza esagerare - «I nostri conti pubblici sono sempre sul filo» - il quale rassicura e insieme sprona: «La legge di stabilità la scriviamo noi e non l'Europa perchè siamo usciti dalla procedura di deficit eccessivo». Poi, una questione di metodo: «Io non faccio annunci, cerco di fare i fatti». Ma il mercoledì di paura, con il voto in Giunta al Senato, si avvicina. E se non ci saranno troppi sconquassi la fattività cara a Letta avrà le sue chances.