ROMA La crisi economica che costringe le aziende a chiudere e licenziare, il turn-over dello Stato che non assume più dipendenti pubblici e la riforma Fornero che ha allungato l’età pensionabile. Un mix micidiale per i giovani italiani per i quali le porte dell’accesso al mondo del lavoro sono sempre più sbarrare. Negli ultimi tre anni gli under 35 che hanno il privilegio di una occupazione sono diminuiti di un milione. Un crollo verticale registrato dall’Istat secondo cui, tra il 2010 e il 2013, in quella fascia di età si è passati da 6,3 a 5,3 milioni di posizioni. Un dato dentro il quale emerge in tuta la sua drammaticità la situazione di coloro che hanno tra i 25 e i 34 anni per i quali si è registrato un crollo di ben di 750 mila unità. Nel dettaglio, nel secondo trimestre 2013 in questa fascia di età risultavano impiegate appena 4,3 milioni di persone contro i 5,1 milioni di tre anni prima. Il tasso di occupazione, attesta l’istituto di statistica, ha subito un crollo dal 65,9 al 60,2 (era al 70,1% nella media 2007), con quindi appena sei persone su dieci al lavoro nell'età attiva per eccellenza. E se per i maschi del nord la situazione è ancora accettabile con l'81,4% al lavoro (dall'86,6% del secondo trimestre 2010) al sud la situazione è drammatica con appena il 51% degli uomini della fascia 25-34 anni che lavora (e solo il 33,3% delle donne).
DIFFERENZE TERRITORIALI
I numeri parlano di un disagio che non si è distribuito in maniera uniforme nel Paese. Il tasso di occupazione è diminuito soprattutto tra i giovani uomini del sud (dal 60,5% al 51%) mentre per gli uomini del nord il calo si è limitato a cinque punti (dall'86,6% all'81,4%). Per le giovani donne del sud la flessione percentuale è stata meno consistente partendo da un dato basso (dal 34,2% al 33,3%). Se si guarda al complesso degli under 35 (quindi anche ai giovanissimi) il tasso di occupazione a livello nazionale risulta in calo dal 45,9% del secondo trimestre 2010 al 40,4% dello stesso periodo del 2013.
I dati Istat sono la conferma di quanto affermato anche dall’Ocse nell’ultimo Employment Outlook. Dove tra l’altro si sottolinea che oltre la metà dei lavoratori italiani under 25 ( il 52,9% ) ha un lavoro precario. Una percentuale quasi raddoppiata rispetto al 2000, quando il tasso dei giovani al lavoro con un contratto instabile era al 26,2%. Ecco quindi che questi numeri appaiono coerenti anche con quelli di un’indagine condotta da Swg per conto di Coldiretti secondo la quale il 51 per cento dei giovani sarebbe disposto ad espatriare proprio per motivi di lavoro.